LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 8287-2016 r.g. proposto da:
ARENA NPL, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Verona piazzetta Monte n. 1, e per essa quale mandataria doBANK s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Egidio Iannucci, con cui elettivamente domicilia in Roma, Via Guidobaldo Del Monte n. 61, presso lo studio dell’Avvocato Giuseppe Romano Amato;
– ricorrente –
contro
D.B.A., (cod. fisc. *****) e A.M., (cod.
fisc. *****), rappresentati e difesi, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato Andrea D’Amico, e dall’Avvocato Carmine de Benedittis, elettivamente domiciliati in Roma, a Viale delle Milizie n. 34, presso lo studio dell’Avvocato D’Amico;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte di appello di Campobasso, depositata in data 30.10.2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18.4.2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;
viste le conclusioni motivate, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, formulate dal P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Nardecchia Giovanni Battista, il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
vista la memoria depositata dalla ricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Campobasso ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da UCCMB spa (già Aspra Finance spa) e per essa Unicredit Management Bank s.p.a. (già UGC Banca spa), quale mandataria, nei confronti di D.B.A. e A.M. avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Larino, Sez. distaccata di Termoli, che sulla base dell’opposizione degli ingiunti, D.B. e A., aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso dal medesimo Tribunale su ricorso monitorio della Banca di Roma spa, in relazione alla condanna al pagamento della somma pari ad Euro 169.586,38, oltre interessi e spese.
La corte del merito ha ritenuto, in via preliminare, che la produzione documentale, effettuata dalla società appellante il 14.4.2015, in cancelleria, senza alcuna autorizzazione giudiziale, era inammissibile, atteso che le deduzioni istruttorie (nei ristretti limiti in cui siano consentite alle parti del giudizio di secondo grado, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3), devono essere comunque formulate nell’atto di appello e nella comparsa di costituzione e risposta, dovendo provvedere sulla relativa ammissione il collegio, a norma dell’art. 352, comma 2, nella prima udienza di trattazione;
ha evidenziato che dalla premessa dell’atto di citazione in appello era emersa la circostanza che la società appellante, UCCMB spa (già Aspra Finance spa) e per essa, quale mandataria, Unicredit Credit Management Bank spa, è soggetto diverso dalla Banca di Roma spa, e cioè dalla banca che ebbe a chiedere il decreto ingiuntivo n. 221/2007 e a costituirsi, quale parte opposta, nel relativo giudizio di opposizione in primo grado; ha osservato che era stato dedotto dall’appellante che la ex Banca di Roma spa, in virtù del verbale di deliberazione assembleare del 16 maggio 2002, avrebbe assunto la denominazione sociale di Capitalia spa e che quest’ultima sarebbe stata incorporata per fusione, con atto del 25 settembre 2007, nella Unicredito Italiano spa (in breve “Unicredit spa”), con l’ulteriore precisazione che Unicredit spa avrebbe concluso un’operazione di cessione di crediti in blocco con Aspra Finance spa e che quest’ultima sarebbe stata incorporata per fusione, con effetto dal 1.1.2011, nella Unicredit Credit Management Bank spa (già UGC Banca spa); ha dunque rilevato che, esclusa l’utilizzabilità della documentazione irritualmente e tardivamente prodotta, la società appellante non aveva provato le suddette vicende societarie, relative alle descritte operazioni di incorporazioni e cessione dei crediti, ossia i fatti che l’avrebbero legittimata a impugnare la sentenza di prime cure, posto che in tali casi il soggetto che è succeduto nella posizione processuale della parte in primo grado deve, all’atto della presentazione dell’impugnazione della sentenza di primo grado, non solo allegare la propria legittimatio ad causam, per essere subentrata nella medesima posizione del proprio dante causa, ma deve altresì fornirne la prova la cui mancanza, riguardando la regolare instaurazione del contraddittorio nella fase di impugnazione, è rilevabile d’ufficio; ha evidenziato che nessuna rilevanza assumeva la mancata costituzione della controparte, trattandosi di questione – come detto – rilevabile d’ufficio; ha dunque concluso per la declaratoria di inammissibilità dell’appello alla quale si poteva procedere anche senza sentire preventivamente le parti, essendo applicabile ratione temporis il precedente testo dell’art. 101 c.p.c. prima delle modifiche di cui alla L. n. 69 del 2009.
2. La sentenza, pubblicata il 30.10.2016, è stata impugnata da ARENA NPL con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui D.B.A. e A.M. hanno resistito con controricorso.
La società ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. Si evidenzia che la prova della legittimazione attiva ad agire in giudizio emergeva da una serie di atti pubblici, tutti indicati nell’epigrafe dell’atto e tutti rinvenibili a semplice richiesta della corte che aveva istruito il giudizio e che la dichiarazione di inammissibilità dell’appello era intervenuta senza che la controparte avanzasse censure sul punto e senza fornire la possibilità all’appellante di fornire la prova della legittimazione all’impugnazione, legittimazione che comunque era rilevabile già dagli atti di causa, così determinando, con la decisione in rito, il mancato approfondimento dei motivi di gravame proposti con l’atto di appello.
2. Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 111 e 24 Cost. e dell’art. 345, c.p.c., in relazione alla dichiarata inammissibilità della produzione documentale versata nel fascicolo tramite il deposito in cancelleria intervenuto in data 14.4.2015.
3. Il terzo motivo declina, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., sempre in relazione alla dichiarata mancanza di prova della legittimazione ad impugnare da parte della società appellante e alla violazione del diritto di difesa.
4. Con il quarto motivo 6i denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c.
5. Il ricorso è fondato nei limiti qui di seguito precisati.
5.1 Possono essere esaminati congiuntamente i quattro motivi di censura che meritano accoglimento, come già affermato da questa Corte in altra vicenda analoga (Cass. 19.5.2020, n. 9137).
5.1.1 Occorre subito evidenziare che il provvedimento impugnato, quanto alla dichiarata inammissibilità dell’appello per la mancata dimostrazione del presupposto della legittimatio ad causam, è giuridicamente errato e deve essere pertanto cassato.
5.1.2 Sul punto giova ricordare che la giurisprudenza di legittimità ha precisato, con affermazione condivisa anche da questo Collegio, che è inammissibile il ricorso per cassazione proposto da una società che assuma di averne incorporata un’altra, cessionaria di crediti bancari in blocco, ma non produca, nonostante l’avversa esplicita contestazione alcun documento idoneo a dimostrare l’incorporazione e l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco D.Lgs. n. 385 del 1998, ex art. 58 avendo l’impugnante, che si affermi successore (a titolo universale o particolare) della parte originaria, l’onere di fornire la prova documentale della propria legittimazione, a meno che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta (Sez. 1, Sentenza n. 4116 del 2016), astenendosi dal sollevare qualsiasi eccezione in proposito e difendendosi nel merito dell’impugnazione (v. Sez. Un. 11650-06; v. anche: Sez. 6-1, Ordinanza n. 24798 del 05/11/2020; cfr. Sez. 2, Sentenza n. 1468 del 04/02/2002; Sez. L, Sentenza n. 17681 del 14/08/2007).
Ciò detto, emerge per tabulas dalla stessa lettura della sentenza impugnata che gli appellati si erano astenuti dal sollevare qualsiasi eccezione in proposito al difetto di legittimazione ad causam della società appellante, quale successore nel diritto controverso in causa, difendendosi nel merito dell’impugnazione e così implicitamente riconoscendo la legittimazione ad impugnare da parte della società UCCMB (già Aspra Finance s.p.a.).
5.1.3 Occorre anche precisare che la ricorrente aveva precisamente allegato, già nella proposizione dell’atto di appello, tutti i complessi processi successori nella titolarità del credito realizzati attraverso fusioni societarie e cessioni di crediti in blocco, tutte operazioni peraltro puntualmente riportate dal giudice distrettuale nella sentenza impugnata ed in relazione ai quali gli appellati non avevano sollevato alcuna contestazione ovvero eccezione di inammissibilità dell’appello, così dovendosi ritenere che l’appellante avesse anche assolto l’onere allegatorio sulla stessa incombente per dimostrare la sua legittimazione ad impugnare la sentenza appellata.
Si impone pertanto la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla corte territoriale anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Campobasso, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 8 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2021