Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Sentenza n.252 del 12/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28639/2019 proposto da:

ACEA ATO 2 S.P.A., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA SIRACUSANO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIUSEPPE LO PINTO, e FABIO CINTIOLI;

– ricorrente –

contro

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARCANTONIO COLONNA 27, presso la sede dell’Avvocatura regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati ELISA CAPRIO, e ROSA MARIA PRIVITERA;

PARCO NATURALE REGIONALE DI BRACCIANO – MARTIGNANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 10/b, presso A&A STUDIO LEGALE, rappresentato e difeso dagli avvocati GIORGIO ALBE’, e MARIA ASSUNTA LAVIENSI;

COMUNE DI ANGUILLARA SABAZIA, COMUNE DI BRACCIANO, COMUNE DI TREVIGNANO ROMANO, in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO DEL RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell’avvocato GIANLUIGI PELLEGRINO, che li rappresenta e difende;

ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso gli Uffici dell’Avvocatura capitolina, rappresentata e difesa dall’avvocato ANGELA RAIMONDO;

ENTE D’AMBITO TERRITORIALE OTTIMALE 2 LAZIO CENTRALE ROMA, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore della Città

metropolitana, Ente locale responsabile del coordinamento dell’ATO2 Lazio centrale – Roma e rappresentante dell’Ente d’Ambito Territoriale Ottimale 2 Lazio centrale – Roma, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 119/A, presso l’Avvocatura della Città metropolitana di Roma Capitale, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNA DE MAIO;

– controricorrenti –

e contro

COMITATO PER LA DIFESA DEL BACINO LACUALE DI BRACCIANO E MARTIGNANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 167/2019 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 01/08/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Alessandra Siracusano, Giuseppe Lo Pinto, Giovanna De Maio, Maria Assunta Laviensi, Elisa Caprio e Angela Raimondo.

FATTI DI CAUSA

La società ACEA ATO 2 spa, titolare dei diritti di derivazione dal lago di Bracciano per le esigenze idriche di Roma Capitale, proponeva ricorso dinanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, ai sensi del T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143, chiedendo l’annullamento della Det. prot. 18901 del 29 dicembre 2017, con la quale – a definizione del “Tavolo tecnico” denominato “Crisi idrica lago di Bracciano”, tenutosi presso la Regione Lazio da marzo a dicembre del 2017 e al quale aveva partecipato anche ACEA – il direttore della Direzione risorse idriche della Regione Lazio aveva disposto per quanto interessa:

– di condizionare le captazioni dal lago di Bracciano, nelle situazioni di emergenza idrica, alla preventiva richiesta e alla autorizzazione della Direzione regionale competente;

– di prendere atto della comunicazione del responsabile di struttura di ACEA con la quale si affermava l’impegno della società a non ricorrere a prelievi ovvero a non riattivare la derivazione dal lago di Bracciano nelle situazioni di emergenza idrica;

di rinviare a un incontro del “Tavolo tecnico” presso la Regione il confronto per l’emanazione del successivo provvedimento per l’installazione, da parte di ACEA, di un dispositivo per la regolazione del flusso idrico e la cessazione delle captazioni allorquando il livello dell’acqua fosse sceso sotto la quota minima di m. 161,90 s.l.m.;

– di confermare il ruolo del bacino del lago di Bracciano quale riserva idrica strategica per il territorio di Roma Capitale.

ACEA ATO 2 deduceva che la determinazione impugnata, nel prevedere che l’attivazione delle captazioni fosse subordinata, di volta in volta e in presenza di situazioni emergenziali indefinite, alla preventiva richiesta e alla conseguente autorizzazione esplicita della Direzione regionale competente, producesse l’effetto di annullare i propri diritti derivanti dall’atto di concessione di derivazione, risolvendosi in un divieto di captazione dal lago a tempo indeterminato e in una revoca implicita della concessione assentita nel 1990; contestava che le paventate problematiche ambientali correlate ai prelievi di ACEA fossero realmente esistenti e avessero avuto incidenza causale nell’abbassamento del livello del lago e nella compromissione dell’ecosistema; infine sottolineava la necessità della captazione dal lago per le esigenze idriche e igieniche della città di *****.

Il Tribunale Superiore rigettava il ricorso con sentenza del 1 agosto 2019, avverso la quale ACEA ATO 2 propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, cui aderisce Roma Capitale che chiede di accogliere il ricorso e cassare la sentenza impugnata.

Resistono i Comuni di Anguillara Sabazia, Bracciano e Trevignano Romano, il Parco Naturale Regionale di Bracciano – Martignano e la Regione Lazio. L’Ente d’Ambito Territoriale Ottimale 2 Lazio Centrale – Roma si rimette alle valutazioni delle Sezioni Unite.

Hanno presentato memorie la ricorrente, il Parco Naturale Regionale di Bracciano-Martignano e i Comuni di Anguillara, Bracciano e Trevignano Romano.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo ACEA ATO 2 denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 23,97 e 113 Cost., L.R. 11 dicembre 1998, n. 53, art. 8 (Organizzazione regionale della difesa del suolo), della L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 3,7,11 e 21 quinquies (Norme in materia di procedimento amministrativo), succ. mod., e del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 164 (Norme in materia ambientale), per avere ritenuto che il provvedimento regionale impugnato si configuri come revoca implicita o modifica dei termini della concessione idrica, subordinando di fatto la captazione delle acque, di volta in volta, all’assenso preventivo dell’Amministrazione regionale nelle situazioni emergenziali, pur avendo contraddittoriamente confermato la strategicità della riserva in questione per le esigenze idriche e sanitarie della città di Roma, con l’effetto di incidere sostanzialmente sulle prerogative del concessionario; nonchè per avere travisato la disponibilità espressa da ACEA ad una preventiva autorizzazione alle captazioni dal lago nelle situazioni emergenziali, ma pur sempre per brevi periodi temporali e non in modo permanente, senza possibilità di intravedervi una accondiscendenza al provvedimento impugnato.

Il motivo è infondato, non riuscendo a scalfire le argomentate valutazioni svolte dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, il quale ha puntualmente osservato che:

– la concessione d’acqua pubblica postula, per tutta la sua durata, il mantenimento di un tendenziale equilibrio tra la integrità qualitativa e quantitativa della risorsa idrica e i diritti dei concessionari di utilizzarla;

– l’autorità concedente può attivare interventi in grado di comprimere posizioni anche consolidate in capo al concessionario purchè, come nel caso di specie, l’incidenza peggiorativa non sia sproporzionata rispetto agli obiettivi perseguiti nell’interesse della collettività;

– il principio del legittimo affidamento non osta a una disciplina sopravvenuta in termini parzialmente modificativi delle modalità di captazione delle acque da parte del concessionario, ove giustificata da motivi imperativi di interesse generale, nella specie connessi a una documentata e grave crisi di rinnovabilità delle risorse;

– all’autorità concedente è riconosciuto un potere immanente di adottare misure idonee a contrastare una delle cause che determinano l’abbassamento del livello delle acque e il decadimento ambientale del lago di Bracciano;

– vi era la necessità, anche in osservanza del principio di precauzione, di adottare misure e compiere interventi volti a prevenire situazioni di stress idrico e limitare danni ulteriori all’ecosistema, tra i quali, appunto, il blocco del prelievo, fatte salve le “captazioni emergenziali”;

– la Direzione regionale risorse idriche, con la determinazione impugnata, aveva preso atto della “ferma volontà” manifestata da ACEA, durante i lavori del Tavolo tecnico, di non riattivare la derivazione del lago di Bracciano e di non ricorrere a prelievi ulteriori, sì che il provvedimento regionale si sostanziava principalmente nella presa d’atto dell’esito di incontri ai quali ACEA aveva partecipato e sui quali aveva concordato;

– in definitiva, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, l’impugnata decisione regionale non si configurava come una ipotesi di revoca implicita della concessione nè come un atto amministrativo atipico o innominato.

Le Sezioni Unite hanno avuto occasione di osservare che in presenza di preminenti interessi pubblici, quali quelli di carattere ecologico e ambientale, è ammessa anche la revoca di una concessione di derivazione di acque pubbliche, dovendosi inoltre escludere che la mancata contestuale considerazione del relativo ed eventuale onere indennitario in favore del soggetto destinatario del provvedimento emesso in autotutela possa interferire nella valutazione dell’interesse pubblico da cui scaturisce la necessità o l’opportunità della revoca (Cass., Sez. Un., n. 401 del 1999). Al sistema concessorio è infatti immanente il potere dell’autorità amministrativa di intervenire in via di autotutela sia mediante la revoca del provvedimento amministrativo concessorio “per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento” (L. n. 241 del 1990, art. 21 quinquies, comma 1) sia, a maggior ragione, mediante provvedimenti meno radicali che, salvaguardando la prosecuzione del rapporto concessorio, intervengano sulle modalità di esercizio dell’attività che è oggetto della concessione e sui diritti del concessionario, come nella specie. Ed infatti con il provvedimento regionale impugnato, resosi necessario per la tutela di interessi pubblici di rilievo primario, l’autorità concedente ha disposto la modifica delle quantità consentite di captazione.

Nell’ordinamento Eurounitario particolare rilievo assume, in materia ambientale, il principio di precauzione (del quale costituisce applicazione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 12 bis, come sostituito del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 96, comma 3) che, essendo sovraordinato al diritto interno, comporta l’obbligo per gli Stati membri di astenersi dall’adottare misure che possano compromettere il risultato prescritto dal diritto dell’Unione (Cass., Sez. Un., n. 33538 del 2018). Il lago di Bracciano è individuato quale sito di importanza comunitaria (SIC), in applicazione della direttiva n. 92/43/CEE del 21 maggio 1992 (relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche), recepita con il D.P.R. 8 settembre 1997, n. 7, modificato ed integrato dal D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120, e inserito in zona di protezione speciale, ai sensi della direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 (concernente la conservazione degli uccelli selvatici).

E’ significativo che del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 164, comma 2, riconosca agli enti gestori delle aree protette un potere di intervento successivo ad una specifica rilevazione di alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d’acqua oggetto di captazione, avendo il compito di “(verificare) le captazioni e le derivazioni già assentite all’interno delle aree medesime e (richiedere) all’autorità competente la modifica delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d’acqua oggetto di captazione”.

Appartiene inoltre alla ratio decidendi della sentenza impugnata il rilievo attribuito dal Tribunale Superiore all’esito del confronto tra le parti interessate a definizione del “Tavolo tecnico” svoltosi presso la Regione Lazio, nel corso del quale ACEA ATO 2, mostrandosi consapevole della crisi in cui versava il lago di Bracciano a partire dal mese di ottobre 2016, si era resa disponibile ad interrompere le captazioni. Si tratta di un accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, vanamente contestato dalla ricorrente con argomenti che impropriamente mirano a sollecitare questa Corte a una diversa valutazione dei fatti circa il contenuto e gli effetti della condotta di ACEA nel corso del predetto “Tavolo tecnico”.

Il secondo motivo si riferisce alla prevista installazione di un misuratore per la regolazione del flusso idrico e la verifica della interruzione dei prelievi dal lago. La ricorrente denuncia omesso esame di circostanze che si assume essere decisive e successive al Progetto ***** del 1984, che sarebbe da intendere superato da un progetto migliorativo di realizzazione del “Nuovo Acquedotto del Lago di Bracciano” risalente al mese di aprile 1986, approvato dalle autorità competenti, che aveva eliminato il dispositivo automatico di blocco della derivazione al raggiungimento del livello corrispondente alla quota di 161,90 s.l.m..

Il motivo è inammissibile, risolvendosi in un improprio tentativo di sovvertire l’accertamento di fatto compiuto dal Tribunale Superiore, che ha verificato che il progetto del 1984 è l’unico approvato, che il limite minimo di m. 161,90 s.l.m., già accertato in sede di istruttoria sulla domanda di concessione di derivazione, è legato a criteri di tutela dell’ecosistema e che la necessità di installare il flussometro e di disporre il blocco automatico delle captazioni quando il livello fosse sceso sotto quel limite era stata oggetto di confronto in sede di “Tavolo tecnico”, fermo restando il potere-dovere dell’amministrazione di dettare prescrizioni aggiuntive e parzialmente modificative delle modalità di esercizio dei diritti concessori, ove giustificate, come nella specie, da motivi impellenti di pubblico interesse.

In conclusione, il ricorso è rigettato.

Le spese sono compensate nel rapporto processuale tra la ricorrente ACEA ATO 2 e l’Ente d’Ambito Territoriale Ottimale 2 Lazio Centrale-Roma che si è rimesso a giustizia; seguono la soccombenza nei restanti rapporti processuali e, di conseguenza, sono poste in via solidale a carico della ricorrente e di Roma Capitale che ha aderito al ricorso e chiesto di cassare la sentenza impugnata; la liquidazione tiene conto del fatto che, diversamente dagli altri resistenti, la Regione Lazio non ha presentato memoria.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese nel rapporto tra la ricorrente ACEA ATO 2 e l’Ente d’Ambito Territoriale Ottimale 2 Lazio Centrale-Roma; condanna la ricorrente e Roma Capitale, in solido, alle spese in favore della Regione Lazio, liquidate in Euro 7800,00; dei Comuni di Anguillara Sabazia, Bracciano e Trevignano Romano, liquidate in Euro 10000,00, e del Parco Naturale Regionale di Bracciano-Martignano liquidate in Euro 10000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente ACEA ATO 2, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2021

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