Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.258 del 12/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24600-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

IREN AMBIENTE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO, N. 28, presso lo studio dell’avvocato PAOLA LUMINI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ENRICO CERIANA, RAFFAELE SGAMBATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 685/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTATIA REGIONALE DELL’EMILIA ROMAGNA, depositata il 06/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ENZA LA TORRE.

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR dell’Emilia Romagna, indicata in epigrafe, che in controversia su impugnazione di avviso di accertamento anno 2011 di rendita catastale col quale era stata rettificata la categoria da E/3 a D/7, relativamente a impianto di termovalorizzazione di Iren Ambiente spa, incorporante Tecnoborgo spa, sito nel Comune di Piacenza – ha riformato la sentenza di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente, accogliendone l’appello per quanto di ragione.

La CTR ha accertato la cessazione della materia del contendere, avendo le parti raggiunto l’accordo sia sulla categoria dell’immobile (D/7, come rettificata dall’Ufficio e confermata dalla parte), sia sull’attribuzione della rendita dell’impianto, come rideterminata dall’Ufficio.

La società contribuente si costituisce con controricorso eccependo l’inammissibilità del ricorso.

La ricorrente deposita memoria.

CONSIDERATO

che:

1. Col primo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, non essendo intervenuto, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, alcun accordo tra le parti nell’attribuzione della rendita, non essendosi tenuto conto dell’opposizione dell’Ufficio.

2. Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, ex art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la CTR applicato retroattivamente la rendita accertata nel secondo DOCFA del 2014.

3. Entrambi i motivi sono inammissibili per carenza di autosufficienza, in ragione delle seguenti considerazioni.

a) Il giudizio di cassazione, in quanto giudizio a critica vincolata, delimitato da motivi di ricorso tassativi e specifici, secondo il principio di autosufficienza, impone che esso contenga tutti gli elementi necessari in modo da porre il giudice di legittimità nella condizione di avere una completa cognizione della controversia e del suo oggetto, senza la necessità di fare rinvio o di accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, a elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n. 767 del 2011).

b) Il ricorrente per cassazione, pertanto, ha l’onere di indicare specificamente e singolarmente i fatti, le circostanze e le ragioni che si assumono trascurati, insufficientemente o illogicamente valutati dal giudice di merito, e tale onere non può ritenersi assolto mediante il mero generico richiamo agli atti o risultanze di causa, dovendo il ricorso contenere in sè tutti gli elementi che consentano alla Corte di Cassazione di controllare la decisività dei punti controversi e la correttezza e sufficienza della motivazione e della decisione rispetto ad essi, senza che sia possibile integrare aliunde le censure con esso formulate.

c) Ne consegue che il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, alla trascrizione degli atti del giudizio di merito, che si assumomo rilevanti ai fini della decisione, con riferimento alle singole censure illustrate in ricorso, a riprodurre gli atti e documenti del giudizio di merito nei loro passaggi essenziali alla decisione e di precisare l’esatta collocazione dei documenti nel fascicolo d’ufficio al fine di renderne possibile l’esame nel giudizio di legittimità (Cass. n. 6014 del 13/03/2018).

A tale onere processuale il ricorrente non ha ottemperato, così impedendo al giudice di legittimità ogni valutazione.

Nella specie, peraltro, quanto affermato dall’Ufficio è in contrasto con l’accertamento dei fatti risultante dalla sentenza, dei quali si richiede un riesame, essendo sotto altro profilo inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (da ultimo Sez. Un. N. 34476 del 2019).

In definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile e la parte soccombente è tenuta al pagamento delle spese di lite liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 5.500,00, oltre spese generali, nella misura forfetaria del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2021

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