Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza Interlocutoria n.26 del 05/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 15096/2015 proposto da:

A.C., A.G., A.L., As.Id., D.T.R., M.M., elettivamente domiciliati in Roma, Via G. Caccini 1, presso lo studio dell’avvocato Paolo Lazzara presso lo Studio Villata – Degli Esposti – Perfetti, che li rappresenta e difende in forza di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via del Tempio di Giove, 21 C, presso gli Uffici dell’Avvocatura Capitolina, presso lo studio dell’avvocato Umberto Garofoli che lo rappresenta e difende in forza di procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente incidentale –

contro

A.C., A.G., A.L., As.Id., D.T.R., M.M., elettivamente domiciliati in Roma, Via G. Caccini 1, presso lo studio dell’avvocato Paolo Lazzara presso lo Studio Villata – Degli Esposti – Perfetti, che li rappresenta e difende in forza della predetta procura speciale a margine del ricorso;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 3839/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/11/2020 dal consigliere UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con atto di citazione notificato il 27/5/1993 A.L., A. e F. hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma il Comune di Roma per sentir dichiarare la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità su alcuni terreni e un fabbricato loro espropriati nel quadro della realizzazione del parco pubblico attrezzato del quartiere ***** (rispettivamente censiti a catasto al foglio 777, part. ***** e al foglio 777, part. *****) e condannare il Comune convenuto alla restituzione dei predetti terreni.

Secondo gli attori, pur essendo stato promosso il procedimento nel 1972, e pur essendo intervenuti sia la dichiarazione di pubblica utilità del 20/12/1973, sia il decreto di esproprio del 28/10/1975, il Comune di Roma non aveva mai fatto accesso, nè preso possesso delle aree espropriate, rimaste nella piena e assoluta disponibilità dei proprietari e l’opera prevista nella dichiarazione di pubblica utilità e nel decreto di esproprio non era mai stata iniziata.

Si è costituito in giudizio il Comune di Roma, chiedendo il rigetto delle domande degli attori.

Il Tribunale di Roma, dapprima, con sentenza non definitiva del 18/11/2002, implicitamente rigettata l’eccezione di prescrizione sollevata dal Comune, ha dichiarato costituita per effetto dell’accoglimento della domanda di retrocessione la proprietà dei beni in capo agli attori, previa dichiarazione di inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità. Quindi il Tribunale, con sentenza definitiva del 5/1/2011, ha determinato in Euro 112.091,24 il prezzo di retrocessione dei predetti immobili dovuto dagli attori al Comune di Roma, respingendo la domanda riconvenzionale risarcitoria del Comune e compensando fra le parti le spese processuali.

2. Avverso le predette sentenze di primo grado ha proposto appello Roma Capitale, già Comune di Roma, a cui hanno resistito gli appellati A.L., A.C., G., As.Id., ed A.E., nonchè gli intervenienti adesivi D.T.R., M.M., tutti proponendo appello incidentale.

La Corte di appello di Roma con sentenza del 9/6/2014 ha accolto il gravame principale per quanto di ragione e ha dichiarato estinto per prescrizione il diritto degli attori alla retrocessione del fondo espropriato, ha respinto le domande del Comune di condanna degli appellati al rilascio dell’area e al risarcimento dei danni, ha respinto l’appello incidentale, ha compensato le spese del giudizio di primo grado e ha condannato appellati e intervenienti, in solido fra loro, al pagamento di metà delle spese del giudizio di secondo grado, per il resto compensate.

3. Avverso la predetta sentenza, non notificata, con atto notificato l’8-10/6/2015 hanno proposto ricorso per cassazione A.L., A.C., A.G., As.Id., D.T.R., M.M., svolgendo tre motivi.

3.1. Con il primo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 324 c.p.c. e all’art. 112 c.p.c. e lamentano che il giudice di appello non abbia rilevato la mancata impugnazione e il conseguente passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale n. 45665/2002, laddove dichiarava l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità.

Al giudicato sulla decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e del decreto di esproprio conseguiva l’inammissibilità dell’appello del Comune che semplicemente era volto a contestare il calcolo della prescrizione dell’azione di retrocessione, cosa del tutto irrilevante perchè rimaneva definitivamente e irreversibilmente accertata la proprietà degli A. con conseguente carenza di interesse a ricorrere del Comune.

3.2. Con il secondo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L. n. 2359 del 1865, artt. 13 e 63 nonchè ex art. 360 c.p.c., n. 5, contraddittorietà della motivazione e omesso esame di un punto decisivo della controversia, ossia la proprietà delle aree.

3.3. Con il terzo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2719 c.c. e all’art. 115 c.p.c., nonchè ex art. c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., della L. n. 2359 del 1865, art. 71, della L. n. 241 del 1990, artt. 21 septies e art. 21 octies ed infine, ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 2265 del 1865, art. 5.

La Corte di appello, secondo i ricorrenti, aveva ritenuto prescritta l’azione di retrocessione benchè i suoi termini non avessero iniziato a decorrere in quanto il verbale di immissione in possesso del 20/6/1977 era viziato sotto il profilo della sua efficacia probatoria e processualmente inutilizzabile in quanto mai prodotto in originale, assolutamente invalido sotto molteplici profili (difetto di terzietà dei funzionari verbalizzanti, assenza di contraddittorio con i proprietari nello svolgimento delle operazioni di immissione in possesso, assenza del proprietario regolarmente invitato, riferimento del verbale all’invito ad una sola persona e senza avvisi di ricevimento, redazione del verbale in assenza di testimoni e disapplicabile dal giudice ordinario).

3.4. Con atto notificato il 10/7/2015 ha proposto controricorso e ricorso incidentale Roma Capitale, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione e instando, a sua volta, con il supporto di un motivo, per la cassazione della sentenza di secondo grado.

Con il motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrenteincidentale denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 24, alla L. n. 241 del 1990, art. 21 ter, comma 1, e art. 21 quater, comma 4, dell’art. 1227 c.c. e della L. n. 2248 del 1865, art. 4, comma 2, con riferimento al rigetto della domanda di rilascio dei fondi e della domanda di risarcimento dei danni.

3.5. Con controricorso notificato il 23/9/2015 i ricorrenti hanno resistito al ricorso incidentale avversario.

4. La domanda iniziale volta a far dichiarare la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e a ottenere la restituzione dei terreni espropriati (ma non utilizzati) nonchè la retrocessione era stata proposta da tre attori originari e cioè A.L., A. e F..

Già la sentenza di primo grado, come risulta dalla sentenza impugnata della Corte di appello di Roma, è stata pronunciata nei confronti di A.L. e A. nonchè di A.E., A.G., A.C. e As.Id.: le parti non chiariscono il perchè nei loro resoconti processuali, anche se è verosimile che costoro siano succeduti all’originario attore A.F..

Nel corso del giudizio di appello è morta A.A. e ad essa sono succedute D.T.R. e M.M..

Il ricorso per cassazione è stato proposto da A.L., A.C., A.G., As.Id., D.T.R., M.M.: e cioè dall’unico attore originario sopravvissuto ( L.), dalle eredi di A. e dai soggetti che erano stati parti del giudizio di primo e di secondo grado (probabilmente gli eredi di A.F.).

Il ricorso però non è stato proposto da A.E. e neppure gli è stato notificato, anche se egli figura nella sentenza impugnata come appellato e appellante incidentale, senza alcuna spiegazione.

Lo stesso vale per il controricorso di Roma Capitale che ignora anch’esso A.E..

E’ quindi evidente la non integrità del contraddittorio ex art. 331 c.p.c..

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di diritto alla retrocessione del bene espropriato rimasto inutilizzato, secondo la previsione della L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 63 e per il caso in cui più persone siano subentrate all’originario espropriato, iure successionis od a titolo particolare, ciascuna di esse è legittimata ad esercitare il diritto stesso, alla stregua della sua natura potestativa, purchè con riferimento all’intero immobile (al quale deve essere commisurato il prezzo della retrocessione), ma al relativo giudizio devono prendere parte, in qualità di litisconsorti necessari, tutti gli altri contitolari, trattandosi di rapporto plurisoggettivo unitario ed inscindibile (Sez. U, n. 6144 del 30/05/1991, Rv. 472453 – 01).

5. La Corte deve quindi ordinare l’integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. nei confronti di A.E. nel termine di giorni sessanta (60) dalla comunicazione della presente ordinanza e rinviare conseguentemente la causa a nuovo ruolo.

PQM

La Corte ordina l’integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. nei confronti di A.E. nel termine di giorni sessanta dalla comunicazione della presente ordinanza e rinvia la causa a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2021

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