Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27 del 07/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14681-2019 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Piediluco 9/B, presso lo studio dell’avvocato Paolo Di Gravio, rappresentato e difeso dall’avvocato Gianluca Di Blasio;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****;

– intimata –

avverso la sentenza n. 646/2018 della Corte d’appello di L’Aquila, depositata il 17/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2020 dal Consigliere Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:

– S.M. ricorre avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila che ha riformato la decisione del Tribunale che aveva accolto la di lui opposizione alla sanzione amministrativa inflittagli nella qualità di direttore e L.R. pro-tempore del Considan (Consorzio intercomunale per la depurazione delle acque nere dei Comuni di Montesilvano, Silvi e Città S.Angelo) ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2011, art. 53, commi 9, 11, 15, per avere conferito un incarico al geom. D., dipendente del Comune di Pescara, senza avere prima richiesto l’autorizzazione all’ente di cui era dipendente ed avere comunicato poi i compensi conseguiti dall’incarico;

– la cassazione della sentenza impugnata è chiesta sulla base di due motivi;

– non ha svolto attività difensiva l’intimata Agenzia delle Entrate.

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si denuncia l’illegittima dichiarazione di contumacia del S. nel giudizio d’appello per violazione della L. n. 890 del 1982, art. 8, come modificato dal D.L. n. 35 del 2005 conv. con modificazioni dalla L. n. 80 del 2005;

– con il secondo motivo si denuncia l’omessa considerazione della declaratoria di illegittimità del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 15, intervenuta a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 98/2015, nonchè l’omessa valutazione della buona fede del S. per essere il geom. D. iscritto all’albo dei geometri e, inoltre, l’omessa considerazione che il geometra avesse inoltrato la richiesta di autorizzazione all’esercizio della libera professione e che il Comune non avesse risposto nel termine di trenta giorni con conseguente formazione del silenzio-assenso;

– ritiene il Collegio che sia logicamente prioritario l’esame del secondo motivo in relazione all’intervenuta declaratoria di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 15, dichiarata con la sentenza della Corte costituzionalen. 98 del 2015;

– con detta pronuncia, in accoglimento di una questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Ancona in un giudizio relativo ad una fattispecie sovrapponibile a quella di cui si tratta nel presente giudizio, ha dichiarato che “è costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 76 Cost., del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 53, comma 15, nella parte in cui assoggetta gli enti pubblici economici e i privati che conferiscono incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza, alla sanzione pecuniaria pari al doppio degli emolumenti corrisposti, in caso di omessa comunicazione dell’ammontare dei compensi. La disciplina censurata non risulta riconducibile ai principi o criteri direttivi enunciati nelle leggi di delega succedutesi nel tempo, che non avevano autorizzato il legislatore delegato a prevedere sanzioni amministrative per l’inadempimento dell’obbligo di comunicazione dei compensi corrisposti. Inoltre, la censurata previsione finisce per risultare particolarmente vessatoria, atteso che la sanzione in esame si duplica rispetto a quella già prevista per il conferimento degli incarichi senza autorizzazione”;

– la suddetta declaratoria produce effetti anche sui giudizi in corso, in ragione dell’efficacia retroattiva – salva l’avvenuta formazione del giudicato – delle pronunce di accoglimento della Corte Costituzionale, inibendo, pertanto, l’applicazione della sanzione ivi prevista a carico degli enti conferenti incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza, per il caso di omessa comunicazione dei compensi corrisposti (cfr. Cass. 11953/2019);

– conseguentemente la sentenza impugnata deve essere cassata per avere ritenuto correttamente inflitta la sanzione amministrativa prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 15, dichiarato costituzionalmente illegittimo, con assorbimento delle altre censure sollevate in merito alla notfica ed alla buona fede;

– non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, con l’annullamento della ordinanza ingiunzione opposta;

– la decisività della sopravvenuta pronuncia di illegittimità costituzionale che ha travolto le norme in base alle quali era stata emessa l’ordinanza impugnata con l’opposizione, giustifica l’integrale compensazione fra le parti delle spese dell’intero processo.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’opposizione all’ordinanza-ingiunzione, disponendo l’annullamento della stessa. Compensa le spese di tutti i gradi del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile-2, il 10 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2021

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