Correzione degli errori materiali, provvedimento di natura meramente amministrativa, interpretazione del dispositivo e della motivazione

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.27932 del 13/10/2021

Pubblicato il
Correzione degli errori materiali, provvedimento di natura meramente amministrativa, interpretazione del dispositivo e della motivazione

Avendo il provvedimento di correzione di cui all’art. 287 c.p.c. natura meramente amministrativa, in quanto diretto a porre rimedio ad una divergenza evidente e facilmente rettificabile tra l’intendimento del giudice e la sua esteriorizzazione, se nessuna delle parti si avvale del procedimento di correzione, non è preclusa la possibilità di cogliere ed affermare il reale contenuto precettivo della statuizione giudiziale in via interpretativa, sulla base di una lettura coordinata del dispositivo e della motivazione e, conseguentemente, porla in esecuzione facendola valere come titolo esecutivo.

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15685-2015 proposto da:

D.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DON G.

MINZONI N. 9, presso lo studio degli avvocati SAMANTHA LUPONIO, ENNIO LUPONIO, che la rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9488/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/01/2015 R.G.N. 2261/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/04/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MUCCI ROBERTO, visto il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

1. D.C., sulla base di decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma in suo favore e nei confronti del Ministero della Giustizia per il pagamento di alcuni emolumenti insoluti ad essa dovuti quale Giudice di Pace, ha notificato atto di precetto nei confronti del predetto Ministero.

Quest’ultimo ha quindi proposto opposizione a precetto, adducendo che l’azione esecutiva prospettata era in realtà priva di titolo, in quanto il decreto ingiuntivo, pur richiesto dalla lavoratrice, conteneva l’intimazione alla D. di pagare le somme in esso indicate al Ministero e non viceversa;

2. La Corte d’Appello di Roma, qualificata quella intentata dal Ministero della Giustizia come opposizione di merito all’esecuzione, riteneva, così riformando la contraria decisione del Tribunale della stessa città, la fondatezza della stessa, per mancanza nel titolo di qualsiasi statuizione nei riguardi del Ministero intimato.

La Corte territoriale riteneva poi che non avesse pregio l’assunto della D. secondo cui l’opposizione all’esecuzione era inammissibile, perché avrebbe dovuto procedersi mediante opposizione al decreto ingiuntivo; infatti, osservava la Corte, tale opposizione non avrebbe potuto essere proposta perché il decreto non conteneva alcuna ingiunzione verso il Ministero.

Così come non aveva rilievo, sempre secondo la sentenza di appello, il fatto che nel corso del giudizio di primo grado fosse stata ottenuta la correzione del decreto ingiuntivo, in quanto ciò non consentiva di sanare ex tunc l’avere la ricorrente spiccato precetto in mancanza di titolo.

Infine, veniva ritenuto infondato l’assunto in ordine alla tardività della domanda, trattandosi di opposizione di merito e non agli atti esecutivi, come tale svincolata da termini di proposizione.

4. D.C. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, resistiti dal Ministero della Giustizia con controricorso.

Il Pubblico Ministero ha presentato requisitoria scritta, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. con mod. in L. n. 176 del 2020, con la quale ha insistito per il rigetto del ricorso.

La ricorrente ha infine depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 645,615 e 617 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte territoriale errato nel ritenere che il Ministero della Giustizia avesse correttamente avanzato opposizione a precetto, anziché opposizione a decreto ingiuntivo.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 287 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte ritenuto che la correzione del decreto ingiuntivo avvenuta dopo la notificazione del precetto opposto non fosse idonea a sanare retroattivamente la mancanza di titolo esecutivo nei confronti del Ministero, richiamando altresì giurisprudenza di questa S.C. con la quale si è precisato che la correzione dell’errore materiale non comporta la formazione di un nuovo titolo esecutivo e che quindi l’esecuzione è da aversi per validamente iniziata, e poi eventualmente proseguita, sulla base del provvedimento come corretto.

Il terzo motivo lamenta infine la violazione e falsa applicazione degli artt. 615 e 617 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la sentenza impugnata rigettato l’eccezione sollevata dalla ricorrente circa l’inammissibilità dell’opposizione proposta dal Ministero per mancata notificazione nel termine di cui all’art. 617 c.p.c.

2. L’esame del secondo motivo è logicamente preliminare e la sua fondatezza lo rende assorbente di ogni altra questione.

3. La Corte territoriale ha in effetti duplicemente errato nel valutare i rapporti esistenti tra titolo esecutivo inficiato da errore materiale, esecuzione forzata ed opposizione (sostanziale) a precetto, proposta dalla parte nei cui confronti è minacciata l’azione esecutiva.

3.1 Pur dando per acclarato quanto sostiene la Corte territoriale, ovverosia che quella dispiegata sia opposizione sostanziale a precetto ex art. 615 c.p.c. e non, come sostiene la D. con il terzo motivo, opposizione agli atti esecutivi, le conseguenze sono diametralmente opposte a quelle ritenute nella sentenza impugnata.

3.2 L’opposizione (sostanziale) al precetto o all’esecuzione forzata non ha per oggetto, come è per l’opposizione agli atti esecutivi, la validità del singolo atto (qui, il precetto) in sé considerato, ma invece il diritto a procedere ad esecuzione forzata.

D’altra parte, mentre la validità in sé dell’atto esecutivo che può essere oggetto dell’opposizione agli atti ex art. 617 c.p.c. deve ovviamente esistere al momento del compimento dell’atto stesso (o risultare sanata per specifici eventi che riguardino il vizio denunciato, ma sempre rispetto a quell’atto), il diritto a procedere ad esecuzione forzata, da intendere come diritto a procedere in executivis, con una qualunque delle forme previste dall’ordinamento ed a prescindere dalla singola esecuzione intrapresa, non dipende dalla validità formale di un singolo atto, ma dall’esistenza di un titolo esecutivo efficace e che – incorpori un diritto certo, liquido ed esigibile, condizione il cui verificarsi in corso di giudizio, riguardando il medesimo diritto controverso, entra certamente nell’ambito del thema decidendum.

Sicché ha errato la Corte territoriale nel ritenere che la sopravvenuta correzione del titolo non potesse essere eventualmente considerata ai fini del decidere.

3.3 Peraltro, è chiaramente interesse della parte anche quello di far accertare che il diritto a procedere in executivis sussisteva già quando fu spiccato l’atto di precetto che ha cagionato l’opposizione (per il coordinamento tra un dato precetto e la specifica esecuzione da intraprendere in base ad esso, v. art. 481 c.p.c., comma 2) ed anche da questo punto di vista il ricorso per cassazione è fondato.

Va in proposito data continuità al principio per cui, avendo il provvedimento di correzione di cui all’art. 287 c.p.c. natura meramente amministrativa, in quanto diretto a porre rimedio ad una divergenza evidente e facilmente rettificabile tra l’intendimento del giudice e la sua esteriorizzazione, “se nessuna delle parti si avvale del procedimento di correzione, non è preclusa la possibilità di cogliere ed affermare il reale contenuto precettivo della statuizione giudiziale in via interpretativa, sulla base di una lettura coordinata del dispositivo e della motivazione e, conseguentemente, porla in esecuzione facendola valere come titolo esecutivo” (Cass. 31 marzo 2007, n. 8060; in senso analogo, poi Cass. 8 marzo 2013, n. 5939; Cass. 25 febbraio 2020, n. 5049).

Si tratta infatti di conclusione del tutto conseguente alla nozione stessa di errore materiale, quale difformità dal vero immediatamente percepibile di quanto disposto rispetto a quanto inteso dal giudice (v. Cass. 5939/2013 cit.), che evidentemente non si presta ad opposizioni meramente dilatorie.

Immediata percepibilità che, oltre ad essere stata affermata dalla stessa Corte d’Appello, emerge palesemente per il fatto che il provvedimento contenente l’ingiunzione intimava il pagamento alla parte che, con il ricorso monitorio, aveva agito per ottenere soddisfazione rispetto all’inadempimento della controparte.

Da ciò deriva tuttavia che ab origine e non solo al momento della decisione sull’opposizione a precetto il diritto a procedere ad esecuzione sussisteva e che quindi anche la singola esecuzione forzata così minacciata ed eventualmente intrapresa o da intraprendere, non può dirsi illegittima in ragione di quanto addotto con l’atto di opposizione qui esaminato.

4. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa in questa sede direttamente nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, u.p., con il rigetto dell’opposizione a precetto e regolazione secondo soccombenza delle spese di tutti i gradi del giudizio.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo, assorbiti il primo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione proposta dal Ministero, che condanna alle spese del doppio grado di merito e di quelle del giudizio di legittimità, liquidate, per il primo grado, in Euro 1.000,00, in Euro 1.500,00 per l’appello ed in Euro 1.700,00 per il giudizio di legittimità, per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15 % ed accessori di legge per ogni grado ed Euro 200,00 per esborsi, sempre per ogni grado.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2021

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