Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.280 del 12/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – rel. Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

ITALFONDIARIO s.p.a., società con unico socio, quale procuratrice di CREDIT AGRICOLE CARIPARMA S.P.A. (già CASSA DI RISPARMIO DI PARMA E PIACENZA) in persona del l.r.p.t., rappr. e dif. dall’avv. Francesco Piselli del foro di Roma, elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Roma, viale dei Parioli n. 74, come da procura a margine dell’atto;

– ricorrente –

Contro

TIRRENIA DI NAVIGAZIONE s.p.a., in amministrazione straordinaria, in persona dei commissari straordinari p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Macario e Alessandra Caron, elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, Lungotevere Marzio n. 3;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto Trib. Roma 3 febbraio 2017, n. 35/2017, cron. 547/2017, in R.G. n. 7108/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 22 dicembre 2020 dal Presidente relatore Dott. Massimo Ferro.

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. ITALFONDIARIO s.p.a., quale procuratrice di CREDIT AGRICOLE CARIPARMA S.P.A. (già CASSA DI RISPARMIO DI PARMA E PIACENZA s.p.a.)(BANCA) impugna il decreto Trib. Roma 3 febbraio 2017, n. 35/2017, cron. 547/2017, in R.G. n. 7108/2014 che ha rigettato la sua opposizione allo stato passivo della Tirrenia di Navigazione s.p.a. in a. str., proposta avverso la decisione del giudice delegato di inammissibilità della insinuazione, per l’importo di 12.259.635,03 Euro, perchè ultratardiva e non altrimenti giustificata;

2. ha premesso il tribunale che la domanda era stata proposta oltre un anno dalla declaratoria di esecutorietà dello stato passivo, con ritardo imputabile alla banca che, per quanto non avvisata ai sensi dell’art. 92 L. Fall., in altro modo aveva avuto contezza della procedura e dello stato di insolvenza della società, circostanza riferibile al settembre 2010; secondo il decreto, il commissario aveva fornito la prova che la banca non poteva invocare una condotta non dolosa nè colposa, in virtù di documenti da cui emergeva che una lettera del 20 settembre 2010, solo genericamente contestata, menzionava pregresse comunicazioni dell’organo concorsuale con la banca; era così provato che il commissario aveva avvisato tutte le banche dell’intervenuta procedura, inviando copia della sentenza dichiarativa dell’insolvenza, aprendo proprio presso la banca ricorrente un conto nella citata qualità e discutendo con la banca di un possibile finanziamento in prededuzione, nè infine avendo pregio – data l’importanza della insolvenza in questione – la distinzione di competenze interne alla banca circa la ricezione della corrispondenza;

3. il ricorso è su tre motivi e ad esso resiste con controricorso Tirrenia di Navigazione s.p.a. in amministrazione straordinaria n. 3/2010; le parti hanno depositato memoria;

4. con il ricorso si deduce: a) (primo motivo) la violazione dell’art. 92 L. Fall. e dell’art. 101L. Fall., comma 1, del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 22, degli artt. 2712 e 2719 c.c. avendo erroneamente trascurato il tribunale la tempestiva contestazione, da parte della banca, delle lettere di agosto e settembre 2010, richiamate nell’ultima di esse e però mai prodotte in originale; b) (secondo motivo) la violazione dell’art. 101 L. Fall., u.c., e dell’ art. 112 L. Fall. e degli artt. 4647 L. Fall. e degli artt. 2828 e 2844 c.c., essendo errata la pronuncia ove non ha considerato sia il mancato avviso dell’apertura dell’a.str. sia la sussistenza di un rapporto contrattuale all’epoca con Tirrenia, giustificando tali fatti l’incolpevolezza del ritardo nel deposito dell’istanza, oltre all’indirizzamento delle missive a filiali e addetti non preposti a comunicare con gli organi competenti; c) (terzo motivo) l’errata valutazione del giudice in tema di presunzioni, in contrasto con gli artt. 2697 e 2729 c.c., ove il tribunale ha ipotizzato un ordinario dovere di riferimento interno alla direzione della banca invero non provato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. i motivi, da trattare in via congiunta perchè connessi, sono inammissibili, per plurimi profili; in primo luogo ribadisce il Collegio che questa Corte già ha statuito che “in caso di domanda tardiva di ammissione al passivo ai sensi dell’art. 101 L. Fall., u.c., la valutazione della sussistenza di una causa non imputabile, che giustifichi il ritardo del creditore, implica un accertamento di fatto, rimesso alla valutazione del giudice di merito, che, se congruamente e logicamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità” (Cass. 19017/2017, 21661/2018); proprio in quanto si tratta di un apprezzamento in concreto, i motivi s’infrangono nei novellati limiti normativi con cui è possibile, nella presente sede, il controllo di legittimità della motivazione (Cass. s.u. 8053/2014), nè avendo la parte allegato e dimostrato circostanze impedienti la tempestività dell’adempimento decisivamente non esaminate dal tribunale;

5. quanto all’efficacia probatoria delle copie fotografiche di cui all’art. 2719 c.c., si osserva che il ricorso per un verso pecca di autosufficienza, ove omette di riportare – almeno nei termini essenziali – il contenuto della corrispondenza contestata, limitandosi ad una reiterazione della censura oppositiva meramente formale, già sollevata avanti ai giudici di merito e dai medesimi superata per genericità; per altro, va data continuità all’indirizzo per cui “la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche, ma va operata, a pena di inefficacia, in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale” (Cass. 7775/2014, 7105/2016, 27633/2018, 16557/2019);

6. nel caso si specie, infine, non rileva alcuna violazione del principio di ripartizione dell’onere della prova, considerando che la valutazione da parte del giudice dei risultati ottenuti all’esito dell’istruttoria è disciplinata dagli artt. 115 e 116 c.p.c. e, quanto alla pretesa violazione dell’art. 2729 c.c., “le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, ma nell’ambito del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione, spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare il fatto da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto a lui riservato” (Cass. n. 10847/2007, 24028/2009, 21961/2010);

7. l’affermazione a maggior ragione opera con riguardo alla censura che ravvisa un cattivo esercizio del citato potere valutativo relativamente al non dubitato riferimento alla stessa azienda-banca delle comunicazioni comunque pervenute ai suoi addetti o a filiali, di cui si predica – in ricorso – un incerto o non esigibile dovere di comunicazione “agli Organi preposti”; si tratta di doglianza che, mal invocando un precedente di questa Corte (n. 13818/2016), in realtà riferito alla relazione professionale tra un legale e l’ente pubblico patrocinato in altro giudizio, non indica alcun riferimento normativo che incrini il principio d’irrilevanza della complessità o modalità organizzativa aziendale di una società, che è e resta soggetto unitario rispetto ai terzi;

il ricorso è dunque inammissibile, ad esso consegue, oltre alla condanna alle spese regolata secondo il principio della soccombenza e liquidazione come meglio da dispositivo, la dichiarazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità, liquidate in Euro 21.600 (di cui Euro 100 per esborsi), oltre al rimborso in via forfettaria nella misura del 15% e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2021

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