LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23898/2018 proposto da:
B.G.C., rappresentata e difesa per procura speciale in atti dall’avv. MARIO PIETRO MAZZUCCO, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Genova, piazza Corvetto 2/6;
– ricorrente –
contro
A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30, presso lo studio dell’avvocato GIAMMARIA CAMICI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO FIGONE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 331/2018 del TRIBUNALE di GENOVA, depositata il 26/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/04/2021 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.
FATTI DI CAUSA
1.- B.G.C., creditrice di A.M. dell’importo di Euro 53.720,44 a titolo di assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione personale dei coniugi, ha sottoposto a pignoramento le somme a questo dovute, nella qualità di medico convenzionato, dalla ASL ***** Genova e dalla ASL ***** Savona.
2. – Tale pignoramento veniva eseguito fino alla concorrenza della metà delle somme dovute da ciascuno dei due enti, giusto provvedimento autorizzativo del Presidente del Tribunale adottato ai sensi dell’art. 545 c.p.c., comma 3.
3. – Avverso tale pignoramento l’ A. proponeva opposizione, qualificata dal tribunale nella sentenza qui impugnata come opposizione agli atti esecutivi, deducendo – fra l’altro – che la quota pignorabile dei suoi emolumenti non poteva essere elevata oltre la misura di un quinto, in quanto, per un verso, il credito della B. non aveva natura alimentare, bensì solo di mantenimento; dall’altro verso, perché i terzi pignorati erano enti pubblici, talché il regime della pignorabilità era quello, parzialmente diverso, governato dal D.P.R. n. 180 del 1950.
4. – Il Tribunale di Genova qualificava l’opposizione come agli atti esecutivi e l’accoglieva parzialmente, dichiarando la nullità del pignoramento nella parte in cui eccedeva la soglia di un quinto delle somme dovute dai terzi pignorati all’esecutato, argomentando dalla natura mista dell’assegno di mantenimento, tale da escludere la validità dell’estensione del pignoramento fino al 50% delle retribuzioni.
5. – Avverso tale decisione B.G.C. ha proposto ricorso in cassazione per due motivi.
6. – A.M. ha resistito con controricorso.
7. – Le altre intimate non hanno svolto attività difensiva.
8. – La causa, dapprima avviata alla trattazione all’interno della Sesta Sezione civile, previa formulazione di proposta ai sensi degli artt. 376 e 380 bis c.p.c., è stata da questa rimessa alla pubblica udienza della Terza Sezione.
9. – Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali chiede il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
10. – Con il primo motivo di ricorso, B.G.C. lamenta in primo luogo che il Tribunale di Genova abbia ritenuto impugnabile ex art. 617 c.p.c., il decreto del Presidente del Tribunale, emesso ex art. 545 c.p.c., comma 3, che autorizzava a procedere al pignoramento presso terzi degli emolumenti dell’ A. fino al 50% di essi, in relazione al credito della B. per il mancato pagamento di alcune mensilità dell’assegno di mantenimento.
Sostiene che tale provvedimento non fosse sindacabile con l’opposizione agli atti esecutivi e comunque che non fosse sindacabile in sede esecutiva, ma sarebbe stato solo revocabile o modificabile con gli strumenti di cui agli artt. 740 e 742 bis c.p.c., con il rito camerale: ovvero, essendo un provvedimento relativo al mantenimento adottato in sede di separazione, occorreva chiedere al presidente del tribunale la modifica delle condizioni della separazione o reclamare avverso il provvedimento secondo le regole dei procedimenti camerali. Qualora lo stesso fosse assoggettabile alle opposizioni esecutive, rileva che avrebbe dovuto essere qualificato come oggetto di opposizione all’esecuzione, e non di opposizione agli atti, atteso che non è stata posta in discussione la regolarità formale del titolo, ma solo la possibilità di emettere legittimamente un provvedimento che estendesse la facoltà di provvedere all’ampliamento della misura del pignoramento degli emolumenti in presenza di un assegno di natura non esclusivamente alimentare.
Sostiene quindi che, in ogni caso, non rientra nella competenza del giudice dell’esecuzione sindacare il provvedimento del presidente del tribunale che estende quantitativamente la possibilità di procedere a pignoramento (in relazione al credito relativo all’assegno di mantenimento): il provvedimento adottato dal presidente del tribunale è esclusivamente reclamabile, o alternativamente se ne può chiedere la modifica o revoca in sede di modifica delle condizioni della separazione.
11. – Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione delle norme sulla regolazione delle spese processuali, in quanto, nonostante il solo parziale e limitato accoglimento dei motivi di opposizione, esse sono state compensate per un terzo, e ritiene che comunque, ove correttamente fosse stata effettuata la compensazione, la valutazione relativa alla parziale soccombenza reciproca avrebbe dovuto condurre ad una pronuncia di segno opposto, che tenesse conto della prevalente soccombenza dell’ A..
12. – Non può procedersi all’esame della fondatezza nel merito dei motivi di ricorso sopra riportati in quanto, effettuate le verifiche preliminari di ammissibilità, il ricorso risulta tardivo e pertanto inammissibile.
Infatti, il provvedimento impugnato è stato pubblicato il giorno 26.1.2018, e il ricorso per cassazione è stato notificato il 27.7.2018.
Non rileva, trattandosi del termine lungo semestrale di impugnazione, che la sentenza sia stata comunicata alla parte in giorno diverso e successivo a quello della pubblicazione (il 29.1.2018), perché ai sensi dell’art. 327 c.p.c., il termine semestrale per impugnare, applicabile a tutti i processi iniziati dal 4 luglio 2009 in poi, decorre dalla pubblicazione del provvedimento e non dalla sua comunicazione.
Trattandosi di opposizione esecutiva, non si applica la sospensione feriale dei termini per impugnare, né la ricorrente si può giovare della proroga del termine al primo giorno successivo non festivo, prevista dall’art. 155 c.p.c., per tutti i casi in cui il termine scada in giorno festivo e poi estesa alle scadenze che cadono nella giornata di sabato, perché il 26 luglio 2018 era un mercoledì.
Il ricorso proposto deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Pone a carico della ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 7.300,00 oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 20 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021
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