LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BALSAMO Milena – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –
Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1411/2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
VALTUR SPA, in persona dei commissari straordinari pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Viale Delle Milizie, 1 presso lo studio dell’avvocato Volanti Antonio che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2572/2014 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA, depositata il 16/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/09/2021 dal consigliere Dott. RUSSO RITA.
RILEVATO
Che:
1. – In data 23 febbraio 2012, la società riceveva la notifica di un avviso di liquidazione relativo sempre ad imposta di bollo assolta in modo virtuale con il quale veniva invece liquidato il conguaglio dell’imposta di bollo a debito per l’anno 2011, in Euro 7.373,94.
La società impugnava l’avviso di liquidazione, deducendo di essere stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al D.L. n. 347 del 2003 a far data dal 18 ottobre 2011; – di essere stata dichiarata insolvente in data 20 ottobre 2011; – di avere pagato per intero l’imposta dovuta per il periodo di sua spettanza, mentre le somme liquidate con l’avviso impugnato concerneva la posizione della società Valtur s.p.a. in bonis.
Il ricorso della società veniva accolto in primo grado.
Proposto appello dall’Agenzia delle entrate, la CTR della Lombardia lo respingeva, rilevando che non risultava contestata la circostanza che la società Valtur avesse – per il periodo dal 18 ottobre 2011 al 31/12/2011 – assolto per intero quanto dovuto a titolo di imposta virtuale, pagando l’importo dovuto per 3486 fatture emesse nel periodo suindicato, affermando che la somma di Euro 7.373,94 di cui all’atto intimato, si riferiva al periodo anteriore alla ammissione della società alla procedura di amministrazione controllata.
In particolare, il decidente asseriva che il debito tributario era sorto, in realtà, al momento dell’emissione delle fatture e delle relative ritenute operate e quindi nel periodo anteriore alla ammissione della società all’amministrazione controllata.
Avverso la predetta sentenza, l’Agenzia delle entrate ha proposto, sulla base di un solo motivo, ricorso per Cassazione.
Si è costituita con controricorso la società.
Fissata l’udienza camerale di trattazione della causa, la società ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. e allegati documenti con la quale deduce che la società è stata oggetto di confisca ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, ex art. 58, con conseguente sopravvenuta improcedibilità del ricorso, dovendo i crediti essere accertati dal Tribunale che ha disposto la misura.
La causa è stata trattata alla adunanza camerale non partecipata del 24 settembre 2021.
RITENUTO
Che:
2. – Preliminarmente si osserva che l’avvenuta confisca della società, circostanza dedotta e documentata con la memoria depositata dalla controricorrente, integra un fatto sopravvenuto rilevante ai fini della decisione, sebbene le conseguenze del provvedimento di confisca, nel caso di debito erariale, non corrispondano a quelle invocate dalla parte.
Deve, infatti, tenersi conto che il creditore del tributo è lo Stato, cioè lo stesso soggetto che a seguito della confisca incamera i beni.
Questa Corte ha già affermato il principio, al quale il Collegio intende dare continuità, secondo il quale ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 50, comma 2, nell’ipotesi di confisca di prevenzione dei beni, aziende o partecipazioni societarie già sottoposte a sequestro, i crediti impositivi si estinguono per confusione ex art. 1253 c.c., nei limiti in cui abbiano trovato capienza nel patrimonio del debitore oggetto di confisca, con la conseguenza che l’accertamento dell’avvenuta estinzione del debito erariale per confusione presuppone la verifica, oltre che dell’ammontare complessivo dei crediti, anche dell’entità del patrimonio sociale (Cass. n. 15601 del 22/07/2020).
Questo accertamento tuttavia presuppone che si verifichi la correttezza del principio applicato dal giudice d’appello in relazione al motivo di ricorso.
3. – Con il primo motivo del ricorso l’Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 642 del 1972, art. 15 commi 4, 5, 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3).
Deduce che la Regionale avrebbe fatto erronea applicazione della normativa in tema di imposta virtuale di bollo, la cui procedura di liquidazione è distinta in due fasi, secondo quanto dispone l’art. 15 cit.. Ed invero, una volta che il soggetto è autorizzato ad assolvere l’imposta in modo virtuale, deve presentare una dichiarazione “contenente l’indicazione del numero presuntivo degli atti e documenti che potranno essere emessi e ricevuti durante l’anno”.
Sulla base di questa dichiarazione l’ufficio, ad avviso della ricorrente, procede alla liquidazione provvisoria dell’imposta, ripartendo l’ammontare in tante rate uguali, quanti sono i bimestri compresi nel periodo. Entro il successivo mese di gennaio il contribuente deve poi presentare una dichiarazione contenente l’indicazione del numero degli atti e documenti effettivamente emessi nell’anno precedente e sulla base di questa dichiarazione l’ufficio, previ gli opportuni riscontri, procede alla liquidazione definitiva dell’imposta dovuta per l’anno precedente imputando la differenza a debito o a credito.
Si assume che il saldo deve essere versato e compensato contestualmente alla liquidazione di Febbraio, di guisa che risulta errato determinare il momento dell’insorgenza dell’obbligazione tributaria con quello dell’emissione delle fatture anziché con riferimento all’epoca della liquidazione in via definitiva dell’imposta, compiuta a seguito della dichiarazione del contribuente sul numero degli atti emessi nell’anno anteriore.
Avrebbe quindi errato la CTR ritenere che la società in amministrazione controllata abbia assolto, per il periodo dal 18 ottobre 2021 al 31/12/2021, il proprio debito, atteso che con l’avviso in questione è stata liquidata definitivamente l’imposta di bollo dovuta per l’anno 2011, ma ciò è avvenuto nel febbraio 2012; il debito tributario sarebbe dunque sorto a carico del debitore insolvente, dopo l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria.
4. – Il motivo è parzialmente fondato.
Il sistema di pagamento dell’imposta virtuale di bollo è basato sulla continuità del versamento periodico a titolo provvisorio (in arg. v. 3750 del 15/02/2013) ed il contribuente è obbligato ai versamenti rateali in base alla liquidazione provvisoria, come disposto dal cit. D.P.R. n. 642 del 1972, art. 15 comma IV. E’ tenuto inoltre al versamento del conguaglio all’atto della liquidazione definitiva, che accerta pur sempre un credito tributario per operazioni avvenute nell’anno antecedente. Si deve quindi osservare che l’Erario, in relazione ai crediti tributari vantati, anche a titolo di sanzioni derivanti dalla violazione di leggi tributarie commessa in data antecedente ad una procedura concorsuale, deve insinuarsi al passivo (in arg. Con riferimento alla procedura fallimentare, Cass. n. 25897 del 16/11/2020).
Nel caso di specie nell’anno 2011 la società ha operato in bonis fino alla data del 18 ottobre 2011, epoca in cui è stata ammessa alla procedura di amministrazione controllata; di conseguenza la liquidazione definitiva dell’imposta avrebbe dovuto distinguere gli importi dovuti in relazione alle due distinte frazioni temporali.
Quanto sopra premesso riguarda le modalità del corretto accertamento del credito erariale, operazione che dovrà compiere il giudice del merito, posto che, come sopra si è detto, dopo la confisca della società il credito è suscettibile di estinguersi per confusione nei limiti della capienza.
L’accertamento presuppone la verifica, con i corretti criteri sopra enunciati, dell’ammontare complessivo dei crediti e della dell’entità del patrimonio sociale.
Ne consegue, in accoglimento per quanto di ragione del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Commissione regionale della Lombardia in diversa composizione per un nuovo esame, nei termini sopra precisati e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie per quanto di ragione il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame alla Commissione regionale della Lombardia in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione della Corte di cassazione, tenuta da remoto, il 24 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2021