Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.29 del 07/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10824-2019 proposto da:

A.C., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 269, presso lo studio dell’avvocato ROMANO VACCARELLA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ERMINIA MAZZONI;

– ricorrente –

contro

R.A., R.V., R.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TARVISIO 2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO FARSETTI, rappresentati e difesi dagli avvocati GIOVANNI VERDE, LUCIANA VERDE;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza n. 25887/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 16/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI.

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2002 i sigg. R.V., R.L. ed R.A. convennero dinanzi al Tribunale di Benevento-sezione distaccata di Airola, A.C. per ottenere il rilascio dell’immobile sito nel Comune di *****. Gli attori dedussero che tale immobile, ad essi pervenuto per successione ereditaria dalla madre ( A.C., deceduta nel 1993), era stato consegnato a titolo precario alla convenuta dal loro genitore, emigrato negli Stati Uniti, perchè lo custodisse, con l’accordo – che la convenuta non aveva rispettato – di restituirne le chiavi in occasione del rientro in Italia del proprietario.

La convenuta propose riconvenzionale di usucapione, stante il possesso ininterrotto ultra ventennale esercitato dai propri genitori, e dedusse di essere divenuta proprietaria esclusiva, in quanto erede pro quota dei genitori ed acquirente, con atto notarile del 25 maggio 2001, della quota pervenuta in successione al germano, producendo la scrittura privata del 1953, intervenuta tra R.A. (padre degli attori) e A.L. (padre della stessa convenuta).

1.2. Il Tribunale accolse la domanda di restituzione, condannò la convenuta al rilascio dell’immobile, rigettando la domanda riconvenzionale di usucapione e, in accoglimento di un’ulteriore riconvenzionale, condannò i R. al pagamento della somma di Euro 2.198,00 oltre interessi.

2. Adita da entrambe le parti, la Corte d’appello di Napoli, con la sentenza n. 153 del 2014, rigettò l’appello principale della A., confermando la qualificazione del rapporto originato dalla scrittura privata del 1953 in termini di comodato e l’assenza di atti di interversio possessionis, e rigettò l’appello incidentale dei R., confermando la condanna al pagamento delle spese di manutenzione.

3. A.C. propose ricorso per la cassazione della sentenza d’appello, affidato ad otto motivi, ai quali resistettero i R..

Con ordinanza n. 25887 del 2018 questa Corte rigettò il ricorso.

4. L’ordinanza è stata impugnata con ricorso per revocazione dalla medesima A., ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., sulla base di un motivo; resistono con controricorso R.L., R.V. ed R.A..

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente denuncia che l’ordinanza di questa Corte n. 25887 del 2018, di rigetto del suo ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli, conterrebbe un errore revocatorio.

2. L’errore consisterebbe nel travisamento del contenuto del “sesto motivo di ricorso”, con il quale era stata denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione dell’art. 112 c.p.c., degli artt. 1168, 1169 e 2697 c.c., sull’assunto che la Corte d’appello avesse ignorato l’eccezione di difetto di legittimazione attiva dei R., proposta dall’ A. con l’appello. L’eccezione muoveva dal rilievo che i R. avevano agito nella qualità di eredi della madre deceduta nel 2013, e pertanto avrebbero dovuto provare l’allegata qualità, dimostrando che l’immobile del quale si richiedeva il rilascio fosse entrato nel patrimonio della de cuius a seguito del decesso del coniuge R.A..

Diversamente, l’ordinanza oggetto di revocazione ha trattato del sesto motivo del ricorso A. come se lo stesso fosse diretto a contestare la legittimazione passiva (così pag. 13 ordinanza).

3. Il ricorso per revocazione è inammissibile.

3.1. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (ex plurimis, Cass. n. 2425/2006; Cass. n. 16003/2011; Cass. n. 4605/2013; Cass. 25560/2016), di recente ribadita dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 31032 del 2019, “deve escludersi il vizio revocatorio tutte le volte che la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto (…1”.

3.2. Nella specie, l’ordinanza impugnata ha sintetizzato correttamente il sesto motivo di ricorso (v. pag. 7), quindi ha ritenuto inammissibile la denuncia di omesso esame di fatto decisivo ivi contenuta (v. pag. 8), e, infine, ha ritenuto “nuove” – come tali inammissibili – le questioni poste dalla ricorrente A. in tema di ” prova della proprietà da parte dei signori R., consistenza della successione di A.C. (madre dei R.) al marito e prescrizione del diritto di accettare l’eredità da parte degli stessi R.” (v. pag. 10).

3.2. Risulta quindi ex actis che le questioni prospettate con il sesto motivo del ricorso – oggetto del denunciato travisamento con conseguente omessa pronuncia – furono esaminate nel loro effettivo contenuto e decise.

Ciò rende ininfluente, per mancanza di decisività, l’errore riscontrabile a pag. 13 dell’ordinanza, dove effettivamente il sesto motivo di ricorso è richiamato con attribuzione di significato che diverge non solo dal testo dell’atto processuale ma anche dal significato che la stessa Corte di legittimità gli aveva attribuito (pagg. 7 e 10 sopra indicate).

In conclusione, si deve rilevare che dal travisamento del sesto motivo del ricorso A. non è derivatà l’omissione di pronuncia sulle questioni poste con il predetto motivo, e pertanto non può dirsi integrato l’errore di fatto che rende ammissibile la revocazione.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna le ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2021

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