LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25459/2018 R.G. proposto da:
C.F.P. e CU.PA., in qualità di esercenti la responsabilità genitoriale nei confronti di C.A.F., rappresentati e difesi dall’Avv. Jessica Felicia Pia Capodaglio, con domicilio in Roma, via Properzio, n. 5, presso lo studio dell’Avv. Giorgio Salvatori;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA SCIENTIFICA, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA PUGLIA e ISTITUTO COMPRENSIVO
“*****”;
– intimati –
avverso l’ordinanza del Tribunale di Foggia depositata il 25 giugno 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 ottobre 2020 dal Consigliere Guido Mercolino;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Umberto DE AUGUSTINIS, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. C.F.P. e Cu.Pa., in qualità di genitori investiti della responsabilità genitoriale nei confronti del minore C.A.F., iscritto presso l’Istituto scolastico comprensivo “*****”, hanno convenuto dinanzi al Tribunale di Foggia l’Istituto, il Ministero dell’istruzione, Università e Ricerca Scientifica e l’Ufficio Scolastico Regionale della Puglia, ai sensi della L. 1 marzo 2006, n. 67, art. 3, per sentirli condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali cagionati da condotte discriminatorie poste in essere dall’Amministrazione scolastica nei confronti del figlio, e consistenti a) nell’aver costretto il minore, affetto da disabilità grave ai sensi della L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 3, comma 3, e art. 33, a frequentare la scuola per un tempo ridotto rispetto a quello effettivamente previsto, b) nell’aver omesso di comunicare ai genitori l’esistenza di specifiche lezioni per la preparazione alle prove orientativo-attitudinali di accesso ad una classe ad indirizzo musicale, c) per aver omesso d’indicare nel regolamento generale i criteri da applicare per lo svolgimento delle predette prove da parte degli alunni diversamente abili in possesso di certificazione di handicap grave, d) per aver omesso di prevedere la presenza dell’insegnante di sostegno allo svolgimento delle predette prove e per aver sottoposto il minore a prove non predisposte dal docente di sostegno specializzato, e) per aver inserito il minore nella graduatoria dei non idonei, all’esito delle predette prove, f) per aver sottoposto il minore a prove aventi valenza selettiva.
Si è costituito il Ministero, ed ha eccepito l’incompetenza per territorio del Giudice adito.
1.1. Con ordinanza del 25 giugno 2018, il Tribunale ha dichiarato la propria incompetenza per territorio, rimettendo le parti dinanzi al Tribunale di Bari.
Pur riconoscendo che per le controversie in materia di risarcimento dei danni derivanti da condotte discriminatorie del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 28, comma 1, prevede la competenza del tribunale del luogo in cui il ricorrente ha il domicilio, ha rilevato infatti che nella specie erano stati convenuti in giudizio enti pubblici rappresentati e difesi dall’Avvocatura dello Stato, ed ha ritenuto pertanto applicabile la disciplina dettata dall’art. 25 c.p.c., e dal R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 6, osservando che tali disposizioni prevedono un foro inderogabile ed esclusivo, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e prevalente su ogni altro foro eventualmente concorrente.
2. Avverso la predetta ordinanza il C. e la Cu. hanno proposto istanza di regolamento di competenza, illustrata anche con memoria. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. A sostegno dell’istanza, i ricorrenti denunciano la violazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 28, osservando che tale disposizione, nell’attribuire la competenza al tribunale del luogo in cui il ricorrente ha il domicilio, prevede un foro funzionale ed esclusivo, che, in quanto avente la finalità di garantire l’effettività della tutela e non derogabile in assenza di un’esplicita disposizione di legge, non è modificabile neppure per ragioni di connessione.
1.1. Il ricorso è fondato.
In quanto avente ad oggetto il risarcimento dei danni cagionati da condotte discriminatorie asseritamente poste in essere nei confronti di un soggetto affetto da disabilità di cui alla L. n. 104 del 1992, la domanda proposta dai ricorrenti è infatti riconducibile alla L. n. 67 del 2006, art. 3, e quindi assoggettata alla disciplina processuale dettata dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 28, che al comma 1, dichiara applicabile il rito sommario di cognizione ed al secondo individua quale giudice territorialmente competente quello del luogo in cui il ricorrente ha il proprio domicilio. La giurisprudenza di legittimità ha più volte evidenziato la natura speciale di tale disciplina, individuandone il fondamento nelle preminenti esigenze di tutela delle vittime di atti e comportamenti discriminatori, e riconoscendo quindi il carattere funzionale ed esclusivo del foro da essa introdotto, ritenuto prevalente sugli altri fori anche inderogabili previsti dal codice di rito o da norme speciali a garanzia di interessi ulteriori, anch’essi considerati meritevoli di particolare tutela (cfr. Cass., Sez. VI, 29/10/2013, n. 24419). Si è infatti sottolineata l’importanza primaria che, nel nostro sistema di valori, rivestono le finalità perseguite dal legislatore attraverso la disciplina antidiscriminatoria, affermandosi che, in quanto finalizzata ad una piena realizzazione del fondamentale principio di uguaglianza, la cui completa attuazione risulta impedita o comunque ostacolata dai predetti atti o comportamenti, essa di certo prevale, per tale connotazione ulteriore, sulle norme inderogabili che, nell’intento di garantire il minore disagio possibile nell’esercizio dei diritti in sede giudiziaria, concentrano la competenza in un determinato foro, individuato secondo criteri di prossimità con l’oggetto della controversia (cfr. per le controversie in materia di lavoro, Cass., Sez. VI, 14/02/2017, n. 3936). E’ stato inoltre richiamato il principio, ripetutamente affermato da questa Corte in riferimento all’ipotesi in cui la medesima controversia ricada astrattamente nell’ambito applicativo di più norme che contemplino fori diversi, tutti inderogabili, secondo cui il conflitto dev’essere risolto affermando la prevalenza di quello previsto dalla norma più recente, alla quale dev’essere riconosciuta una portata imitatrice di quelle precedenti (cfr. Cass., Sez. I, 9/10/2015, n. 20304; Cass., Sez. VI, 12/03/2014, n. 5703; Cass., Sez. III, 9/06/2011, n. 12685). Con particolare riguardo alla fattispecie in esame, non può d’altronde non evidenziarsi l’attinenza della controversia al contrasto di atti o comportamenti che impediscono il pieno dispiegamento della personalità umana, e quindi la natura personale degl’interessi coinvolti, la cui prevalenza sulle esigenze di carattere organizzativo che giustificano l’accentramento della competenza presso l’ufficio giudiziario individuato ai sensi del R.D. n. 1611 del 1933, art. 6, prevista in via generale per tutte le cause in cui è parte un’Amministrazione dello Stato, consente di concludere per l’applicabilità del foro esclusivo ed inderogabile introdotto dalla disciplina speciale di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 28, comma 2.
1.2. L’ordinanza impugnata va pertanto cassata, con la conseguente dichiarazione di competenza del Tribunale di Foggia, al quale la causa va rinviata, anche per la liquidazione delle spese della presente fase.
PQM
accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e dichiara la competenza del Tribunale di Foggia, dinanzi al quale il processo dovrà essere riassunto nel termine di legge.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2021