Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.30 del 07/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18379-2019 proposto da:

MARINA DI CERVIA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARCO BIGARI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CERVIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1225/2018 del TRIBUNALE di RAVENNA, depositata il 29/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI.

RITENUTO

che Marina di Cervia s.r.l. ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza del Tribunale di Ravenna, pubblicata il 29 novembre 2018, che ha dichiarato inammissibile per tardività l’appello proposto dalla medesima società Marina di Cervia avverso la sentenza del Giudice di pace di Ravenna n. 675 del 2016, e nei confronti del Comune di Cervia;

che non ha svolto difese in questa sede l’intimato Comune di Cervia;

che il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO

che con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 2, 4, 6, degli artt. 433 e 434 c.p.c., sull’assunto che il Tribunale avrebbe affermato erroneamente che l’appello avverso le sentenze in materia di sanzioni amministrative debba essere proposto con ricorso, e che non sia possibile la conversile;

che con il secondo motivo è denunciata nullità della sentenza in relazione al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4 e all’art. 101 c.p.c., e si lamenta che il Tribunale non abbia disposto la conversione del rito nè concesso termine per consentire alle parti di dedurre sulla questione, rilevata d’ufficio, della tardività del gravame;

che con il terzo motivo è denunciata nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4, e si contesta la ritenuta infondatezza nel merito del gravame;

che il ricorso è manifestamente infondato;

che il Tribunale ha rilevato correttamente che l’appello era stato proposto fuori termine, facendo applicazione dei principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, secondo i quali: a) nei giudizi di opposizione a ordinanza-ingiunzione iniziati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, l’appello deve essere proposto nelle forme del ricorso (ex plurimis, Cass. n. 19298 del 2017; Cass. n. 22390 del 2015; Sez. U n. 2907 del 2014); b) in caso di erronea proposizione dell’appello con citazione, la sanatoria per raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c. implica che l’atto risulti non soltanto notificato ma anche depositato nella cancelleria del giudice d’appello entro il termine di legge, avuto riguardo cioè alla data della iscrizione a ruolo della citazione notificata, adempimento equipollente al deposito in cancelleria di un ricorso (ex plurimis. Cass. n. 17666 del 2018; Cass. Sez. U n. 4876 del 1991);

che, nella specie, l’atto di appello risultava “depositato” nella cancelleria del Tribunale in data 25 gennaio 2018, quindi oltre il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza di primo grado, avvenuta il 15 giugno 2017, anche tenendo conto del periodo di sospensione feriale dei termini;

che la violazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, non è neppure astrattamente configurabile, poichè tale norme non si applica al giudizio di appello, come affermato da questa Corte sulla scorta di un consolidato orientamento (tra le tante, Cass. n. 19298 del 2017, Cass. 21387 del 2017) che gli argomenti spesi nel ricorso non inducono a sovvertire;

che nemmeno ricorre la lamentata violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, avendo questa Corte già chiarito, con la sentenza n. 15019 del 2016, che il divieto della decisione sulla base di argomenti non sottoposti al previo contraddittorio delle parti non si applica alle questioni di rito relative a requisiti di ammissibilità della domanda previsti da norme la cui violazione è rilevabile in ogni stato e grado del processo, senza che tale esito processuale integri una violazione dell’art. 6, par. 1, Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, il quale – nell’interpretazione data dalla Corte Europea – ammette che il contraddittorio non venga previamente suscitato quando si tratti di questioni di rito che la parte, dotata di una minima diligenza processuale, avrebbe potuto e dovuto attendersi o prefigurarsi.

che il terzo motivo, concernente il merito della controversia, va ritenuto inammissibile per carenza di interesse all’impugnazione, in quanto, come lo stesso ricorrente puntualmente sottolinea, attinge un mero obiter dictum;

che al rigetto del ricorso non segue pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata;

che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-2 Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2021

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