LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14941-2019 proposto da:
Z.S., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO SCOGNAMGLIO, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO ANDREA CHIOCCA;
– ricorrente-
contro
M.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. NICOTERA 4, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO GILARDONI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIAMPAOLO VINCENTI MATTIOLI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 99/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 29/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA SCALIA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Z.S., madre del minore F., ricorre in cassazione con unico motivo avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la corte di appello di Genova, in parziale riforma della sentenza di primo grado, per quanto in questa sede rileva, pronunciando sulla separazione personale tra la signora Z. e M.E., riduceva ad Euro 1.500,00 mensili, comprensivi delle spese straordinarie, il contributo dovuto dal padre per il mantenimento del figlio.
Per i giudici di appello la maggiore misura di Euro 1.800,00 mensili, oltre al contributo pari al 50% nelle spese straordinarie fissata dal giudice di primo grado nel carattere equiparabile della condizione patrimoniale e reddituale tra i genitori, cumulando il contributo di entrambi i genitori, avrebbe posto “a disposizione del minore risorse ben superiori ad ogni sua ipotizzabile esigenza, sia pur conformandosi a un tenore di vita particolarmente elevata”, che sarebbero state quindi eccedenti “rispetto alle reali esigenze” del minore stesso e con possibili “effetti diseducativi”.
2. La ricorrente fa valere la violazione dell’art. 337-ter c.c., anche in relazione all’art. 30 Cost., deducendo l’estraneità ai contenuti della norma del codice civile del parametro delle “reali esigenze di vita” del minore, al fine di ridurre l’ammontare del contributo dei genitori – che in tal modo avrebbe frustato invece le inclinazione ed aspirazioni previste nell’art. 147 c.c. e nell’art. 315-bis c.c. – e di ogni riferimento all’effetto diseducativo che una quantità di risorse materiali, oltre un non certo e ben definito limite, avrebbero potuto determinare sul beneficiario, risultando la norma richiamare solo i parametri delle “attuali esigenze del figlio”, mancato, invece, nell’accertamento della corte di merito, e, ancora, del “tenore di vita goduto in costanza di convivente con entrambi i genitori” ad integrazione del nucleo familiare.
3. Il motivo è manifestamente fondato e la sentenza impugnata in accoglimento del primo deve essere cassata.
Per costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità “A seguito della separazione personale dei coniugi, nel quantificare l’ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio minore, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla consideratone delle esigenze attuali del figlio ed al tenore di vita da lui goduto” (Cass. n. 4811 del 01/03/2018; Cass. n. 21273 del 18/09/2013; Cass. n. 17089 del 10/07/2013; Cass. n. 9915 del 24/04/2007).
Tanto è destinato a valere nella stretta relazione ed interdipendenza esistente tra i parametri, espressamente dettati dall’art. 337-ter c.p.c., comma 4, c.c., delle “attuali esigente del figlio” e del “tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori”, a cui si accompagna la necessità che per la vantazione del primo occorre analizzare il secondo.
Il mantenimento infatti deve essere quantificato considerando le esigenze dei figli, in rapporto al tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori, tenore di vita determinato dalla confluenza dei redditi e delle risorse genitoriali in continuità con il regime di vita precedente.
Il riferimento alle “attuali esigente del figlio” è parametro destinato a garantire che il minore non venga pregiudicato nella sua serena crescita e formazione a causa del momento patologico attraversato dalla coppia genitoriale e che le proprie normali esigenze vengano sempre e comunque soddisfatte, come avviene fisiologicamente nella famiglia unita ex art. 148 c.c., senza stravolgimenti e soluzione di continuità rispetto al regime precedente.
Come ancora più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, fermo, per il principio di proporzionalità, l’obbligo per entrambe i genitori, che svolgano attività produttiva di reddito, di contribuire al soddisfacimento dei bisogni dei figli minori in proporzione alle proprie disponibilità economiche in diretta applicazione dell’art. 30 Cost., il giudice chiamato a realizzare l’indicato principio, nel determinare l’ammontare del contributo al mantenimento del minore, deve accertare le “attuali esigente del figlio” che non potranno che risentire della posizione economico-sociale in cui si colloca la figura del genitore (Cass. n.,4811 del 2018 cit., in motivazione, p. 3; Cass. 18 settembre 2013 n. 21273; Cass. 23630 del 2009; n. 7644 del 1995; n. 10119 del 2006).
La perdurante applicazione dell’art. 147 c.c., che richiama l’art. 315-bis c.c., anche in caso di separazione personale, impone ai genitori il dovere di istruire, educare e mantenere i figli, obbligandoli a far fronte ad una pluralità di esigenze dei secondi correlate al livello economico-sociale dell’intero nucleo familiare ed il parametro di riferimento è integrato dal reddito e la capacità di lavoro di ciascun genitore in quanto determinativo del tenore di vita del figlio.
Il richiamo all’ “interesse morale” contenuto nell’art. 337 ter c.c., comma 2, di contro a quanto dedotto dal resistente e ritenuto nell’impugnata sentenza, non ispira l’intervento del giudice del merito nella fissazione della misura del contributo dovuto dai genitori per il mantenimento del figlio, con l’escludere importi che, elevati e non rispondenti alle “reali esigenze” del minore, finirebbero per sortire su di lui un effetto “diseducativo”.
Una siffatta lettura della norma è estranea ai suoi contenuti per i quali il principio di proporzionalità che ispira ogni scelta giudiziale in materia dovrà avere quali termini di confronto, insieme ai tempi di permanenza del minore presso ciascun genitore e alle risorse economiche di entrambi, nella valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore, le attuali esigenze del figlio ed il tenore di vita da lui goduto all’interno del nucleo familiare senza valutazioni dirette ad operare impropri scivolamenti nella morale delle famiglie.
4.1 I criteri indicati non sono stati osservati nella sentenza impugnata che, pertanto, in accoglimento del motivo di ricorso va cassata con rinvio alla corte di appello di Genova, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Si dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia dinanzi alla corte di appello di Genova, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021