LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20020-2019 proposto da:
C.M. e V.M.L., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA OFANTO 18, presso lo studio dell’avvocato PIETRO SCIUME’, rappresentate e difese dall’avvocato GIUSEPPE NICOSIA;
– ricorrenti –
contro
LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO 32, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO COSTA, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE MEZZASALMA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2759/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 21/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI.
RITENUTO
che C.M. e V.M.L. ricorrono, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catania, pubblicata il 21 dicembre 2018, che ha rigettato l’appello dalle stesse proposto avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa n. 106 del 2016, e nei confronti del Libero Consorzio Comunale di Ragusa;
che la Corte d’appello ha confermato il rigetto dell’opposizione all’ordinanza-ingiunzione con la quale è stata irrogata alle appellanti odierne ricorrenti la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 516,46, per “avere impiantato nuove serre nella particella ***** per mq. 4.100, e nelle particelle ***** per mq. 3.193”, in violazione dell’art. 6, lett. m), Reg. recante modalità d’uso e divieti vigenti all’interno della Riserva Naturale ***** (allegato al S.A.R.T.A. n. 536 del 1990) e della L.r. n. 10 del 1999, art. 28;
che resiste con controricorso il Libero Consorzio Comunale di Ragusa (già Provincia regionale di Ragusa);
che il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO
che con il primo motivo è denunciata “omessa motivazione ed omesso esame su un fatto decisivo, violazione e falsa applicazione di legge – omessa pronuncia sulla nullità dell’atto opposto”, e si contesta che la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto del fatto che l’ordinanza-ingiunzione, e prima di essa il verbale di contestazione amministrativa, indicava erroneamente le particelle catastali nelle quali ricadeva la serra oggetto di sequestro, come poteva evincersi da un semplice raffronto tra il verbale di contestazione e la perizia giurata prodotta;
che con il secondo motivo è denunciato omesso esame di fatto decisivo desumibile dalla documentazione allegata, dalla quale sarebbe emerso che la serra sottoposta a sequestro non ricadeva nella particella catastale *****, bensì nelle particelle *****, nelle quali la serra esisteva da tempo risalente (1992), e poteva essere reimpiantata in forza del decreto di concessione n. ***** prot. ***** dell’Ispettorato Provinciale Agricoltura di Ragusa, neppure esaminato dalla Corte d’appello;
che con il terzo motivo è denunciata, in via consequenziale, la statuizione di condanna alle spese;
che i primi due motivi sono inammissibili in quanto si risolvono nella sollecitazione ad un riesame delle risultanze istruttorie, postulando una rivisitazione degli accertamenti di fatto operati dal giudice del merito che, come è noto, esula dalle funzioni istituzionali di questa Corte di legittimità;
che, con riferimento alla prima serra (oggetto di sequestro, collocata nella particella *****), la Corte d’appello ha precisato che anche la consulenza di parte appellante ha riconosciuto che la serra realizzata con struttura in ferro era effettivamente nuova;
che, avuto riguardo alla seconda serra (collocata, secondo il verbale di contestazione, nelle particelle nn. *****), la Corte d’appello ha escluso che la stessa coincida con quella oggetto di ristrutturazione, realizzata con il contributo regionale, collocata -secondo il consulente di parte – nelle particelle *****;
che, pertanto, l’accertamento contenuto nella sentenza impugnata non risulta adeguatamente censurato;
che il secondo motivo è inammissibile, in quanto deduce il vizio di motivazione in difformità dal paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, come enucleato dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte (explurimis, Cass. Sez. U 07/04/2014, n. 8053);
che il terzo motivo va giudicato inammissibile, in quanto non contiene alcuna censura specificamente rivolata alla statuizione sulle spese contenuta nell’impugnata sentenza, ma si limita ad invocare una diversa regolazione delle spese di lite, quale effetto della modifica della decisione adottata in detta sentenza;
che al rigetto del ricorso segue la condanna delle ricorrenti alle spese del giudizio di cassazione, nella misura indicata in dispositivo;
che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 29 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2021