LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5748-2019 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
STUDIO PRINCIPATO SRL A SOCIO UNICO;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1798/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CALABRIA, depositata il 05/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.
FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE La CTR della Calabria, con la sentenza indica in epigrafe, accogliendo l’appello della società Studio Principato s.r.l. a socio unico, ha annullato l’avviso di accertamento relativo alla ripresa a tassazione di IRES, IVA e IRAP per l’anno 2007. La CTR riteneva che la documentazione prodotta dal contribuente era idonea a provare l’inerenza dei costi dallo stesso indicati risultando agli atti il contratto stipulato fra le parti, un’attendibile contabilità, le ragioni giustificative delle spesa in relazione alla mancanza di personale dalla quale derivava la necessità di avvalersi di imprese esterne, la particolare attività della società ed il forte collegamento con l’attività specializzata dal terzo, il volume di affari che non sarebbe stato realizzato senza l’ausilio di personale nonchè l’assenza di altri costi oltre a quelli contestati.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
La società intimata non si è costituita.
Con l’unico motivo proposto la ricorrente deduce la violazione dell’art. 109 TUIR e dell’art. 2697 c.c.. Secondo la ricorrente, benchè la giurisprudenza di questa Corte abbia più volte precisato la necessità della prova dell’inerenza dei costi a carico del contribuente, la CTR non si sarebbe adeguata a detti principi accontentandosi di indicazioni generiche che non dimostravano in via concreta l’assunzione di costi da parte della contribuente.
Il ricorso è infondato.
Giova ricordare che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 in conformità all’art. 17 della Direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977 – oggi rifuso negli artt. 167 e ss. della Direttiva 2006/112/CE-, prevede che il diritto alla detrazione dell’IVA sorga in capo al soggetto passivo che abbia acquistato o importato beni o servizi nell’esercizio della sua impresa, arte o professione. La neutralità dell’imposizione richiede, in altri termini, la sussistenza dei requisiti della soggettività passiva del cedente e del cessionario, dell’onerosità ed imponibilità dell’operazione nonchè dell’inerenza dell’acquisto rispetto all’attività di impresa svolta contribuente.
Peraltro, in ragione della natura armonizzata dell’IVA giova richiamare l’orientamento consolidato della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, secondo cui “il regime di detrazioni posto in essere dalla predetta direttiva è inteso a sollevare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o versata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA è diretto a garantire la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purchè queste siano, in linea di principio, di per sè soggette all’IVA (..1” (Corte giust. 16 febbraio 2012, C 118/11, Corte giust. 12 febbraio 2009, C-515/07, Cass., Sez. V, n. 9946/2015).
Nondimeno, in relazione al principio di inerenza dell’operazione soggetta ad IVA, intesa come correlazione tra costi ed attività d’impresa in concreto esercitata, questa Corte è ferma nel ritenere che “in tema d’Iva, ove l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione dell’imposta pagata per l’acquisizione di beni o servizi, spetta al contribuente l’onere di provarne la legittimità e la correttezza”.
(Cass., Sez. V, n. 27615/2018; Cass., Sez. V, n. 18904/2018, Cass., Sez. V, n. 22940/2018).
Questa Corte, inoltre, ha riconosciuto che “il contribuente è tenuto a dimostrare, nell’ipotesi di contestazione da parte dall’Amministrazione finanziaria, anche la coerenza economica degli stessi rispetto ai ricavi o all’oggetto dell’impresa, potendo a tal fine integrare il contenuto generico della fattura con idonei elementi di prova” (Cass., Sez. VI, 5, n. 14858/2018).
Il principio si collega a quello, ulteriore, per cui la detrazione dell’IVA regolata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, connessa all’inerenza all’attività di impresa di beni e servizi, è configurabile in presenza di documentate spese di investimento, sostenute in vista di un’iniziativa complessa, anche in assenza di operazioni attive, senza che occorra il concreto esercizio dell’impresa stessa (Cass., Sez. V, nn. 1863/2004, 5739/2005, 8583/2006, 3106/2013).
Orbene, nel caso di specie, la CTR ha specificamente enumerato le ragioni che a suo dire giustificavano la prova dell’inerenza dei costi, fornendo elementi dettagliati in ordine alla sussistenza degli stessi, all’inerenza degli stessi in relazione all’assenza di personale da parte del contribuente, unitamente al compiuto inserimento degli stessi all’interno dell’attività concretamente svolta dal contribuente. Di guisa che le contestazioni circa la mancata erogazione del servizio che l’Agenzia prospetta in ricorso – pag. 9 ultimo periodo – non attengono, in realtà all’inerenza del costo quanto alla sua concreta esistenza che il giudice di appello ha desunto dagli elementi dettagliatamente indicati, facendo espresso riferimento all’assenza di personale della società contribuente, al volume di affari dell’attività dallo stesso svolta, all’esistenza di un contratto che giustificava la prestazione di personale in relazione al collegamento dell’attività del terzo con quella della società contribuente ed alla mancanza di personale della società qui in giudizio. Elementi che, in ragione dell’assenza di altri costi, hanno reso chiara la motivazione esposta dal giudice di appello, escludendo che la stessa presenti dei deficit o risulti, addirittura, contraria al quadro dei principi sopra richiamati.
Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va rigettato. Nulla sulle spese.
PQM
Rigetta il ricorso.
Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021