Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32014 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19593-2019 proposto da:

V.I.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO DOMENICO SELLA;

– ricorrente –

contro

V.L., in persona dell’amministratore di sostegno G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.P. DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA CONTALDI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati RICCARDO RAVIGNANI, DANIELA NUZZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3356/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 17/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 18/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Verona, Sezione specializzata agraria, V.L. convenne in giudizio il figlio V.I.S., chiedendo che fosse dichiarata la cessazione del contratto di affitto agrario stipulato tra loro in data *****, per la durata di sei anni, con condanna del convenuto al rilascio del fondo ed al versamento dei canoni maturati e non pagati.

Espose, a sostegno della domanda, che il convenuto non aveva mai versato alcun canone per tale contratto.

Si costituì in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda principale e proponendo domanda riconvenzionale per l’accertamento dell’esistenza tra le parti di un’impresa familiare.

Il Tribunale accolse la domanda principale e condannò il convenuto al rilascio del fondo rustico ed al pagamento della somma di Euro 196.770, oltre interessi, a titolo di canoni non corrisposti, con il carico delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata da V.I.S. e la Corte d’appello di Venezia, Sezione specializzata agraria, con sentenza del 17 dicembre 2018, ha rigettato il gravame ed ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale, tra l’altro, che lo scioglimento del contratto per mutuo consenso non poteva essere considerato una mera argomentazione difensiva, essendo piuttosto un’eccezione in senso stretto; tale profilo, infatti, implicava l’allegazione di fatti nuovi, quali l’intervenuto successivo accordo diretto allo scioglimento del contratto precedentemente stipulato, “sui quali mai si era sviluppato il contraddittorio”. Correttamente, perciò, il Tribunale aveva ritenuto tardiva quella deduzione, formulata soltanto all’udienza di discussione.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Venezia propone ricorso V.I.S. con atto affidato a due motivi.

Resiste V.L. con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., ed entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nullità della sentenza o del procedimento, in relazione agli artt. 112,416 e 437 c.p.c., per aver dichiarato inammissibile, in quanto tardivamente proposta, l’eccezione di intervenuto scioglimento del contratto per mutuo consenso (o per mutuo dissenso).

Sostiene il ricorrente che, per costante insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, l’intervenuto scioglimento del contratto per tali ragioni non costituisce eccezione in senso stretto, bensì questione rilevabile anche d’ufficio ed anche in sede di legittimità.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c..

Osserva il ricorrente che lo scioglimento del contratto per mutuo consenso può risultare anche da un comportamento concludente; la Corte d’appello, quindi, avrebbe dovuto apprezzare la proposta eccezione e rigettare la domanda proposta da V.L..

3. I due motivi possono essere trattati congiuntamente, stante l’evidente stretta connessione tra loro esistente.

Essi sono privi di fondamento, ma la sentenza impugnata deve essere corretta quanto alla motivazione.

La Corte d’appello, come si è detto, ha infatti affermato che lo scioglimento del contratto per mutuo consenso non poteva essere considerato una mera argomentazione difensiva, essendo piuttosto un’eccezione in senso stretto, come tale da sollevare tempestivamente. La giurisprudenza di questa Corte, invece, come correttamente ha rilevato la parte ricorrente, ha in più occasioni stabilito che la risoluzione consensuale del contratto non costituisce oggetto di eccezione in senso proprio, essendo lo scioglimento per mutuo consenso un fatto oggettivamente estintivo dei diritti nascenti dal negozio bilaterale, desumibile dalla volontà in tal senso manifestata, anche tacitamente, dalle parti, che può essere accertato d’ufficio dal giudice pure in sede di legittimità, ove non vi sia necessità di effettuare indagini di fatto (così le sentenze 20 giugno 2012, n. 10201, 17 marzo 2014, n. 6125, e 28 settembre 2018, n. 23586).

La sentenza impugnata, tuttavia, resiste alle censure nonostante tale errata affermazione in diritto. La giurisprudenza ora citata, infatti, nell’ammettere la possibilità di un rilievo d’ufficio anche in sede di legittimità, esige che non vi sia necessità di effettuare indagini di fatto; presuppone, cioè, che la volontà delle parti, anche tacita, sia evidente, desumibile sulla base di constatazioni che non richiedano accertamenti in contraddittorio.

Nel caso in esame, la Corte d’appello non si è limitata a sostenere la tardività dell’eccezione, ma ha aggiunto che la questione dello scioglimento per mutuo consenso era stata posta soltanto all’udienza di discussione, per cui nessun contraddittorio si era svolto sul punto e nessuna attività istruttoria si era potuta compiere a dimostrazione della fondatezza della tesi. La sentenza impugnata ha precisato che la linea difensiva dell’odierno ricorrente era stata ondivaga e contraddittoria, posto che egli aveva dedotto l’esistenza di un’impresa familiare, poi la simulazione del contratto e, nello stesso tempo, l’esecutorietà di quel contratto a fini “amministrativi e fiscali”; e che doveva ritenersi pacifica la circostanza che l’appellante fosse nel pieno godimento del fondo. Ne consegue che, non essendo stata provata l’esistenza di una controdichiarazione scritta e non sussistendo alcun accordo tra le parti circa l’effettivo scioglimento del contratto per mutuo consenso, la questione necessitava di un approfondimento istruttorio che è risultato precluso dal fatto che la stessa è stata posta solo all’udienza di discussione.

Le lamentate violazioni di legge, quindi, non sussistono.

4. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ritenendosi comunque equa una limitata compensazione delle stesse, nella misura di un quinto, in considerazione della necessità di correzione della motivazione della sentenza impugnata.

Non sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, trattandosi di causa esente per legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dei quattro quinti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per l’intero in complessivi Euro 4.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge; compensa le spese per il quinto residuo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 18 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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