Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.32136 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso R.G.N. 26312/2018 proposto da:

CONDOMINIO di *****, in persona dell’amministratore pro tempore autorizzato con delibera dell’assemblea condominiale;

B.G., C.E., B.M., N.M., P.R., G.L. n. q. erede di M.R., MA.MA., G.G., GE.RO., PA.AL., BR.MA., PA.SA., elettivamente domiciliati in Roma via F. Confalonieri 5 presso lo studio dell’avv. Luigi Manzi che li rappresenta e difende unitamente all’avv. Gabriella Glendi del Foro di Genova;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (c.f. *****), in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici in Roma via dei Portoghesi 12 è

domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LIGURIA, n. 124/2018/03 depositata il 9/2/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21.06.2021 dal Consigliere Relatore RITA RUSSO.

RILEVATO

Che:

Il condominio di via ***** e i singoli condomini hanno proposto ricorso avverso il provvedimento di diniego di revisione del classamento catastale delle unità immobiliari condominiali; la Commissione di primo grado ha dichiarato inammissibile il ricorso sul presupposto che l’atto non rientra tra gli atti impugnabili di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19. I contribuenti hanno proposto appello, che la CTR della Liguria ha respinto affermando che, pur se l’atto è impugnabile, esso è riconducibile all’esercizio dell’autotutela e pertanto il contribuente ha diritto a ottenere la revisione del classamento solo nel caso in cui ricorrano i presupposti dell’art. 38 TUIR. Al di fuori di queste ipotesi – osserva la CTR – le istanze dirette ad ottenere un diverso classamento dell’immobile in assenza di variazioni fisiche sono da considerarsi istanze finalizzate ad attivare i poteri officiosi ma senza obbligo di provvedere sulle stesse. Il giudice d’appello conclude quindi affermando che poiché gli appellanti non hanno dimostrato la ricorrenza dell’ipotesi di cui all’art. 38, il provvedimento assunto nell’ambito dell’esercizio del potere di autotutela non è impugnabile se non per vizi afferenti al procedimento e non per ragioni di merito.

Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i contribuenti affidandosi a tre motivi. Si è costituita con controricorso l’Agenzia delle entrate. I contribuenti hanno depositato memoria. La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 21 giugno 2021.

RITENUTO

Che:

1. Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione:

al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. F e all’art. 2, comma 2; al R.D.L. n. 652 del 1939, artt. 17 e 20, come sostituito dal D.Lgs. n. 514 del 1994, art. 2; violazione del D.M. 19 aprile 1994, n. 710 e della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336; del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 38, come modificato dal D.Lgs. n. 344 del 2003TUIR, art. 1, comma 1; del D.L. n. 564 del 1994, art. 2 quater, conv. in L. n. 856 del 1995 e del D.M. 11 febbraio 1997, n. 37.

I contribuenti deducono di aver impugnato il provvedimento negativo emesso dall’ufficio sull’istanza di revisione del classamento delle unità immobiliari del condominio, che essi avevano presentato in ragione della mutata percezione dei requisiti di pregio e signorilità degli immobili alle loro condizioni attuali e alle profonde trasformazioni intervenute nel contesto urbano, tali da non giustificare più la classificazione in categoria Al. Secondo i contribuenti, nella specie non si può ravvisare esercizio di poteri di autotutela trattandosi del diniego di revisione di un classamento non già viziato da qualche errore ma semplicemente non più corrispondente alla situazione attuale dell’edificio e delle singole unità immobiliari. Ha quindi errato la Commissione a limitare il diritto del contribuente ad una revisione al solo caso previsto dall’art. 38 TUIR, poiché detta norma non esclude che la revisione possa avvenire anche in ulteriorE ipotesi diversa da quella in essa specificamente contemplata e, in particolare, a fronte di una diversa valutazione delle caratteristiche dell’immobile e del mutato contesto.

Deducono pertanto che il contribuente ha diritto a ottenere una diversa classificazione catastale quando essa non risponde allo stato di fatto.

Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 dell’art. 132 c.p.c., n. 4 dell’art. 156 c.p.c., comma 2 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 111 Cost..

Parte ricorrente deduce che l’atto impugnato era stato censurato sotto il profilo del difetto di motivazione, poiché contiene soltanto espressioni di carattere generico, adattabili a qualsivoglia situazione di fatto e di diritto. Osserva che il giudice di primo grado concludendo con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso non si è pronunciato sul motivo devoluto all’esame del giudice di appello, il quale ha erroneamente ritenuto di non poter esaminare i profili sostanziali, rendendo sul punto una motivazione meramente apparente che si esaurisce nella mera ripetizione delle affermazioni contenute nell’atto impugnato.

Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. La parte deduce di avere dedotto sin dal ricorso iniziale l’illegittimità dell’atto impugnato per violazione dello Statuto del contribuente, art. 7, in quanto l’atto impugnato fa un esplicito riferimento a un esame in Commissione con esito negativo, di cui non è stato allegato il verbale; lamenta che il giudice d’appello nella sentenza impugnata ha totalmente omesso di pronunciarsi su questa specifica censura.

1.2. – I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati.

L’atto impugnato è stato riprodotto a pagina 3 del ricorso, con la tecnica della scansione e inserimento nel testo. Dal suo esame si rende evidente che i contribuenti non hanno presentato una DOCFA, ma una mera istanza di revisione del classamento, cui l’ufficio ha risposto comunicando che l’istanza è stata esaminata in sede di Commissione e che l’esito dell’esame è stato negativo in quanto “non ricorrono mutazioni intrinseche ed ambientali che possano giustificare la variazione del classamento. Si fa presente infine che sono state presentate molteplici pratiche di variazione relative all’unità immobiliari e che gli stessi proprietari hanno riproposto categoria e classe in essere”. Si tratta pertanto di una chiara anche se sintetica esposizione delle ragioni per le quali l’ufficio ha ritenuto di non accogliere la sollecitazione proveniente dai contribuenti.

Parte ricorrente muove dall’erroneo presupposto che la istanza di sollecitazione di una revisione del classamento abbia effetti equivalenti ad una richiesta di variazione catastale presentata tramite DOCFA. E’ vero infatti che il contribuente, a fronte della attribuzione della categoria e della rendita catastale i mantiene il potere di chiederne la rettifica o la variazione se la situazione di fatto o di diritto non è veritiera (Cass. 12799/2020) ma ciò richiede che si attivi la apposita procedura e si dimostri l’errore o la successiva variazione.

Nel caso di specie invece la parte si è limitata a sollecitare l’esercizio dei poteri officiosi in materia di revisione del classamento da parte dell’amministrazione, non tenendo conto che vi sono sensibili differenze tra l’attribuzione o modifica della rendita tramite DOCFA e la revisione del classamento in ragione del mutamento del contesto ambientale (Cass. 30166/2019). E’ corretto pertanto il rilievo del giudice d’appello, il quale osserva che nel caso di specie la parte si è limitata a sollecitare i poteri officiosi di revisione del classamento e pertanto al relativo provvedimento di diniego si possono applicare gli stessi principi che si applicano in tema di istanze di autotutela e cioè che il rifiuto può essere impugnato solo se vi siano profili di illegittimità, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale (Cass. 21146/2018). La sollecitazione dell’uso di un potere discrezionale infatti, non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali e la segnalazione o sollecitazione non trasforma I procedimento officioso e discrezionale in un procedimento ad istanza di parte da concludere con un provvedimento espresso (così Corte Cost., n. 181/2017; v, altresì, Cass. n. 34594/2019).

Ciò premesso si osserva che il giudice d’appello, qualificando correttamente l’istanza di parte come una sollecitazione dell’esercizio di poteri officiosi, ha risposto a tutte le censure ammissibili: in particolare sul dedotto vizio di motivazione ha rilevato che la motivazione addotta dall’ufficio – nei limiti in cui può essere riesaminata dal giudice – è sufficiente poiché si esprime nel senso che non sono intervenute variazioni intrinseche ed ambientali e che le pratiche di variazione presentate da altri proprietari hanno riproposto la stessa categoria e classe. Ne’ può dirsi che il giudice d’appello abbia omesso di pronunciarsi sul rilievo relativo alla dedotta violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, posto che la CTR costituisce risposta ad una mera sollecitazione e non ad una istanza qualificabile come esercizio di diritto.

Per completezza si rileva che non risponde a verità che il contenuto essenziale del verbale di Commissione non è riportato nella risposta fornita ai contribuenti, posto che esplicitamente detto atto, proveniente dalla Agenzia delle entrate, riferisce che l’esito della valutazione della Commissione è stato negativo in quanto “non ricorrono mutazioni intrinseche ed ambientali che possono giustificare la variazione del classamento”. Il giudice d’appello nella sentenza impegnata ha fatto riferimento esattamente a questa motivazione affermando che essa, unitamente alla considerazione che gli altri proprietari di immobili avevano riproposto lo stesso classamento, consente un giudizio di sufficienza sulla motivazione dell’atto.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.500,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio da remoto, il 21 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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