LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10460-2018 proposto da:
V.L., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato GIUSEPPE TRIBULATO;
– ricorrente –
contro
BALTOUR S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato CARLO ANTONETTI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 757/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 21/09/2017 R.G.N. 427/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/04/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO
CHE:
1. V.L. ha lavorato alle dipendenze della Baltour srl dall’11.10.2013 a 31.1.2015, con qualifica di “Operatore di Esercizio” parametro 140 CCNL Autoferrotranvieri, in virtù dei seguenti contratti: dall’11.10.2013 all’11.1.2014 con contratto di somministrazione lavoro a tempo determinato, prorogato una prima volta al 31.1.2014 ed una seconda volta fino al 31.5.2014; dall’1.6.2014 al 31.10.2014 con contratto a tempo determinato acausale, prorogato al 31.1.2015; il tutto per 16 mesi senza soluzione di continuità.
2. Adito il Tribunale di Teramo ai fini della conversione del rapporto di lavoro e della imputabilità dello stesso alla Baltour srl (per violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, commi 3 e 4 sotto l’aspetto della contiguità dei contratti a termine siglati; del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 sotto l’aspetto del superamento del limite di dodici mesi e, infine, per violazione dell’art. 2/A del CCNL Autoferrotranvieri del 14.12.2004, in relazione alla avvenuta violazione delle percentuali di utilizzo dei contratti a termine e in somministrazione previste dalle parti sociali), nel contraddittorio delle parti, la domanda fu accolta con accertamento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dall’11.10.2013 e con condanna della società a ripristinare il suddetto rapporto nonché a corrispondere al lavoratore la somma di otto mensilità globali di fatto, oltre accessori.
3. La Corte di appello di L’Aquila, sul gravame proposto dalla Baltour srl, in riforma della pronuncia di primo grado ha, invece, rigettato la domanda.
4. A fondamento della decisione la Corte territoriale ha rilevato che sia il D.L. n. 76 del 2013, art. 7, comma 1, lett. a) che aveva sostituito il comma 1 bis del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 sia il successivo D.L. n. 34 del 2014, art. 1 non avevano modificato il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 22 che escludeva, per i contratti di somministrazione a tempo determinato, le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, commi 3 e ss.; né tale interpretazione contrastava con quella secondo cui il predetto art. 22 fosse limitato solo alle ipotesi di successione di contratti di somministrazione a tempo determinato; in ordine, poi, alla dedotta violazione del limite percentuale di contingentamento, previsto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1, seconda parte come modificato dal D.L. n. 34 del 2014, la Corte di merito ha sottolineato che il D.L. n. 34 del 2014, art. 1, comma 1, lett. b) septies aveva aggiunto, al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5 il comma 4 septies secondo cui per la violazione del limite percentuale era prevista la sola applicazione della sanzione amministrativa; infine, ha precisato che, ratione temporis, non poteva tenersi conto della disciplina normativa di cui al D.Lgs. n. 81 del 2015, entrato in vigore il 25.6.2015, ben oltre la scadenza dei contratti intercorsi tra le parti (31.1.2015).
5. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione V.L. affidato a tre motivi.
6. La Baltour srl srl ha resistito con controricorso, depositando memoria.
CONSIDERATO
CHE:
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, commi 3 e 4 nel testo vigente ratione temporis, a seguito delle modifiche apportate dal D.L. n. 76 del 2013, art. 7 e del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 22 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Sostiene il V. che erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto che il divieto di effettuare assunzioni successive non operasse in caso di alternanza tra un contratto di somministrazione di lavoro ed un contratto a termine e ciò anche a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 76 del 2013, art. 7 al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 (introduzione della acausalità e richiamo espresso sia al contratto a termine che a quello in somministrazione ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003).
3. Secondo il ricorrente, infatti, il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, commi 3 e 4, aveva esteso la disciplina relativa alla apposizione del termine non solo ai contratti a tempo determinato, ma anche ai contratti di somministrazione. Deduce, pertanto, che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, nell’intero periodo 2013-2015, il datore di lavoro non poteva stipulare un contratto di somministrazione ed un contratto a termine in maniera contigua, superando i limiti di legge, e che non era applicabile il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 22 (che escludeva l’applicabilità del citato D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5) sia perché si riferiva al rapporto tra somministratore e lavoratore, ma non al rapporto tra utilizzatore e lavoratore, sia perché disciplinava il susseguirsi dei soli contratti di somministrazione e non anche l’alternanza tra contratto di somministrazione e contratto a termine.
4. Con il secondo motivo si censura la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, nonché del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 nel testo vigente ratione temporis a seguito delle modifiche apportate dal D.L. n. 76 del 2013, art. 7 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte di merito riformato la pronuncia di primo grado, in merito alla avvenuta violazione del limite di 12 mesi introdotto dal D.L. n. 76 del 2013, art. 7 da intendersi riferito alla sommatoria dei periodi lavorati i somministrazione e a tempo determinato diretto, senza fornire alcuna motivazione sul perché non fosse condivisibile, sul punto, quanto sostenuto dal giudice di primo grado.
5. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione dell’art. 2/A (percentuale di utilizzo) del CCNL Autoferrotranvieri del 14.12.2004 e dell’art. 1419 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere rilevato la Corte di merito che la Baltour srl aveva violato i limiti di utilizzo delle forme contrattuali a tempo determinato previsti dal Contratto Collettivo Aziendale del’8.8.2014, sul presupposto che non si verteva in ipotesi di somministrazione irregolare e/o fraudolenta e che, relativamente al contratto a tempo determinato dell’1.6.2014, la violazione era sanzionata solo con pena amministrativa. Si deduce l’erroneità delle argomentazioni della gravata pronuncia perché il contratto di somministrazione era stato stipulato prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 74 del 2014 e che la sanzione amministrativa introdotta dal D.L. n. 74 del 2014 era prevista per la violazione del solo limite di contingentamento introdotto dal citato decreto Legge ma non anche per quelli previsti e disciplinati dalla contrattazione collettiva.
6. Il primo motivo è fondato.
7. E’ opportuno ribadire, per una migliore comprensione della vicenda in esame, alcuni dati di fatto e le modifiche avvenute circa la normativa in materia.
8. In punto di fatto, è incontestato che V.L. ha lavorato, alle dipendenze della Baltour srl, con la qualifica di operatore di esercizio, parametro 140 CCNL, ininterrottamente, senza alcuna soluzione di continuità, dall’11.10.2013 al 31.1.2015: ciò in virtù di un primo contratto di somministrazione a tempo determinato, dall’11.10.2013, fino all’11.1.2014, prorogato una prima volta fino al 31.1.2014 e una seconda volta, fino al 31.5.2014, e di un contratto a termine acausale dall’1.6.2014 al 31.10.2014, poi prorogato fino al 31.1.2015.
9. In punto di diritto, deve specificarsi che il primo contratto è stato stipulato vigente la disciplina del D.L. n. 76 del 2013, convertito con modificazioni dalla L. n. 99 del 2013, entrato in vigore il 28.6.2013, mentre il secondo contratto è stato stipulato allorquando era intervenuto il D.L. 21 marzo 2014, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. n. 78 del 2014, entrato in vigore il 21.3.2014.
10. La prima questione che deve essere risolta – relativamente al caso in esame che presenta, senza dubbio, profili di singolarità per la particolarità della situazione, in cui si sono succeduti senza soluzione di continuità un contratto di somministrazione a tempo determinato (due volte prorogato) ed un contratto a termine (anche esso prorogato) in presenza di modifiche legislative poi definitivamente, a loro volta, superate dall’entrata in vigore (25.6.2015) di un ulteriore intervento legislativo costituito dal D.Lgs. n. 81 del 2015 che ha rivisitato integralmente la materia – è quella di individuare la disciplina normativa che regola la fattispecie.
11. Ritiene il Collegio che quella applicabile sia costituita dal D.L. n. 76 del 2013, convertito con modificazioni dalla L. n. 99 del 2013, per l’identità soggettiva tra le parti contrattuali, per l’identità funzionale in relazione alle mansioni svolte e per la continuità del rapporto lavorativo senza alcuna interruzione tra le due tipologie contrattuali intercorse.
12. Invero, in tema di successione di contratti a termine, di cui si deduca la violazione dei limiti posti dalla legge proprio per la loro continuata prossimità, la disciplina che regola la serie non può che essere quella del primo contratto, in relazione alla quale tutta la fattispecie progressiva deve essere parametrata.
13. Una segmentazione della regolamentazione legislativa, nelle more intervenuta, in presenza di un rapporto continuo, tra le stesse parti e avente ad oggetto la medesima prestazione lavorativa, contrasterebbe con la unicità del rapporto che si invoca e che, in caso di conversione, in virtù di una fictio iuris più volte affermata dalla giurisprudenza di legittimità, si verrebbe ad instaurare con decorrenza dal primo contratto, come del resto ribadito dallo stesso D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5 comma 4 di cui si lamenta la violazione.
14. E’, pertanto, la normativa vigente alla data di stipulazione del primo contratto con decorrenza 11.10.2013, con i relativi limiti, che cristallizza la disciplina regolante il caso de quo.
15. Ciò premesso, il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 bis come modificato dal D.Lgs. n. 76 del 2013, art. 7, comma 1, lett. a) testualmente prevedeva:
“Il requisito di cui al comma 1 non è richiesto: a) nell’ipotesi del primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici mesi, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma di contratto a tempo determinato, sia nel caso di prima missione di un lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 20, comma 4; b)…”.
16. il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, commi 3 e 4 nella loro versione ratione temporis applicabile, statuivano:
3. “Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell’art. 1, entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. Le disposizioni di cui al presente comma non trovano applicazione nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali di cui al comma 4 ter nonché in relazione alle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
4. “Quando si tratta di due assunzioni successive a termine, intendendosi quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto”.
17. Orbene, è opportuno porre attenzione, ai fini di sostenere la validità della argomentazione secondo cui la normativa in oggetto, in quello specifico frangente storico, vietasse la contiguità nella riassunzione dei lavoratori che avevano stipulato un contratto di somministrazione a tempo determinato seguito, senza soluzione di continuità, da un contratto a tempo determinato acausale per un periodo complessivo superiore a 12 mesi, ai riferimenti testuali sia del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 bis che contemplava espressamente entrambe le tipologie contrattuali, sia del D.Lgs. n. 368 del 2001, commi 3 e 4 che richiamavano chiaramente le riassunzioni ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 (di cui l’art. 1 bis costituiva appunto un completamento) e facevano riferimento generico ai concetti di “contratti di durata” e di “rapporto di lavoro”, lasciando, quindi, intendere che andassero considerate indistintamente tutte le riassunzioni a termine.
18. Ne’ è invocabile, per sostenere il contrario assunto, la disposizione di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 22, comma 2 nella parte in cui veniva esclusa l’applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, commi 3 e ss. perché essa disciplinava la sola successione di più contratti di somministrazione a termine e riguardava unicamente il rapporto tra somministratore e utilizzatore.
19. Alla stregua di quanto esposto, il primo motivo deve essere accolto, con assorbimento della trattazione degli altri; la gravata sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di appello di L’Aquila in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame avendo riguardo ai principi sopra esposti e provvederà alle determinazioni delle spese di lite anche del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti i restanti; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di L’Aquila, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 7 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021
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