Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32263 del 05/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28134/2015 proposto da:

M.L., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO D’ITALIA N. 102, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE MOSCA, rappresentato e difeso dagli avvocati FRANCESCA ATTINA’, VINCENZO VAITI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso il cui Ufficio domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

e contro

MA.GI.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 592/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 11/06/2015 R.G.N. 488/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/07/2021 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI.

RITENUTO

1. La Corte d’Appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da M.L., nei confronti del MIUR, avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Catanzaro.

Il giudice di primo grado aveva rigettato il ricorso del lavoratore finalizzato ad ottenere che fosse dichiarato il proprio diritto ad essere inserito nelle graduatorie provinciali di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994, dalle quali assumeva di essere stato ingiustamente cancellato con provvedimento del 22 luglio 2008.

2. La Corte d’Appello ha ricordato come il lavoratore avesse stipulato un contratto a termine per lo svolgimento delle mansioni di collaboratore scolastico, nell’anno scolastico 2000/2001, con il dirigente dell’Istituto *****.

Non era contestato che la stipula del contratto fosse avvenuta in violazione di quanto stabilito dal D.L. n. 240 del 2000, art. 1, comma 5, in quanto il M. non era inserito nelle graduatori di circolo o di istituto, e neppure in graduatorie di circoli viciniori.

Come già affermato dal Tribunale, in ragione dell’accertata nullità del contratto di lavoro erano venuti meno i requisiti per l’inserimento dell’appellante nella graduatoria, non potendo il lavoratore vantare la necessaria anzianità di servizio in un rapporto di pubblico impiego, ai sensi del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 554.

Ne’ a diverse conclusioni poteva pervenirsi in ragione dell’art. 2126 c.c., comma 1, che fa salvi gli effetti del contratto nullo limitatamente al solo periodo temporale in cui il rapporto ha avuto esecuzione, e non certo anche per il tempo futuro.

3. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il lavoratore, prospettando due motivi di ricorso.

4. Il MIUR ha depositato atto di costituzione per la partecipazione all’udienza.

5. Ma.Gi., che il ricorrente deduce essere interventore volontario nel giudizio di primo grado, è rimasto intimato.

CONSIDERATO

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 2126 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Espone il ricorrente che l’art. 2126, c.c., nel voler attribuire al contratto di lavoro nullo tutti gli effetti economici e giuridici che gli sono connaturati, attribuirebbe anche il diritto al punteggio per l’anzianità di servizio maturata.

1.1. Il motivo non è fondato.

L’art. 2126, c.c., comma 1, sancisce: “La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa”.

L’art. 2126, c.c., tutela il contenuto economico e previdenziale del rapporto di fatto, mentre non attribuisce rilevanza giuridica al suo svolgimento anche in funzione degli ulteriori sviluppi di carriera.

Dunque, nell’ambito di un rapporto di pubblico impiego la normativa di cui all’art. 2126 c.c., è posta a salvaguardia della prestazione lavorativa resa in fatto dal lavoratore, a prescindere dalla validità e dalla stessa esistenza del titolo costitutivo, coprendo non solo la prestazione nel sinallagma retributivo, ma anche agli ulteriori effetti pensionistici e previdenziali, che nella retribuzione e nel suo assoggettamento alla contribuzione trovano il momento genetico e ad essa sono legati in rapporto di consequenzialità.

Come questa Corte ha già affermato (Cass., n. 2673 del 2020), in presenza dell’illegittimità dell’assunzione, il rapporto di lavoro, in quanto affetto da nullità, può produrre effetti nei soli limiti indicati dall’art. 2126 c.c., applicabile anche alle Pubbliche Amministrazioni, e pertanto, ferma l’irripetibilità delle retribuzioni corrisposte in ragione della prestazione resa, sia pure in via di mero fatto, dello stesso non si può tenere conto ai fini di successive assunzioni o di avanzamenti di carriera, operando in tal caso la regola generale secondo cui quod nullum est nullum producit effectum.

Nella specie, quindi, correttamente la Corte d’Appello ha escluso che in ragione dell’art. 2126, c.c., il contratto nullo potesse produrre effetti ai fini dell’inserimento del lavoratore nelle graduatorie.

2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Assume il ricorrente che, con riguardo alla supplenza presso l’istituto *****, aveva avanzato solo una semplice domanda, senza aver rilasciato una dichiarazione falsa, come risultava dal decreto USP del 22 luglio 2008.

Tale circostanza escludeva che il contratto potesse ritenersi nullo per illiceità dell’oggetto o della causa. o che l’illegittimità potesse essere a lui imputabile.

Tali fatti decisivi erano stati oggetto di discussione tra le parti, e l’Amministrazione aveva omesso ogni contestazione e replica.

2.1. Il motivo è inammissibile.

La Corte d’Appello ha rigettato l’impugnazione in ragione della nullità del contratto di lavoro in quanto stipulato benché il M. non fosse inserito in graduatoria di circolo o di istituto, o in graduatorie di circoli o di istituti viciniori, come peraltro riconosce lo stesso lavoratore.

Dunque, nel richiamare quanto già osservato nella trattazione del primo motivo di ricorso, circa l’ambito di applicazione dell’art. 2126 c.c., si rileva che le ragioni (mancanza di falsa dichiarazione, mancanza di illiceità dell’oggetto o ella causa, non imputabilità della nullità) che il ricorrente deduce non rientrano nella ratio decidendi della pronuncia di appello, e la prospettazione di censure su tali profili sono quindi inammissibili per difetto di rilevanza.

3. Il ricorso deve essere rigettato.

4. Nulla spese in mancanza dello svolgimento di attività difensiva da parte dell’Amministrazione costituita.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021

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