Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.333 del 13/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16426-2013 proposto da:

ITALMOBILIARE SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI PIETRA 26, presso lo studio dell’avvocato DANIELA JOUVENAL, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato OSCAR PODDA;

– ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la decisione n. 2481/2012 della COMM. TRIBUTARIA CENTRALE di MILANO, depositata il 17/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2020 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.

RITENUTO

che:

La società Italmobiliare spa, con sede in *****, esponeva di avere indicato nel conto profitti e perdite del bilancio al 31.12.1986 tra i profitti la voce “interessi attivi su crediti verso l’erario” per Lire 5.291.978.500, e tra le perdite la voce “perdite da fusione” per Lire 7.755.667.156.

In sede di dichiarazione dei redditi per lo stesso anno 1986, poi, mentre gli interessi su crediti restavano tra i componenti positivi del reddito, la perdita da fusione veniva stralciata con una variazione in aumento di pari importo.

Successivamente, nel giugno 1987, la società presentava istanza di rideterminazione del reddito imponibile ai fini irpeg ed ilor per il 1986, chiedendo che sia gli interessi su crediti (in quanto ritenuti non imponibili alla luce della normativa vigente ratione temporis), che l’utile da fusione, derivante dall’operazione sopra menzionata, non fossero inclusi nelle componenti positive del reddito, con necessità di rideterminazione dell’imponibile e rimborso dei maggiori importi versati.

A seguito del silenzio-rifiuto dell’ufficio, nell’ottobre 1987 la società ricorreva contro lo stesso alla CTP di Milano, la quale accoglieva il ricorso in riferimento ad entrambe le voci (non imponibilità degli interessi attivi su crediti, e deducibilità del disavanzo da fusione).

L’ufficio proponeva appello, e la CTR della Lombardia, con sentenza del maggio 1995, accoglieva lo stesso.

La società ricorreva allora alla Commissione Tributaria Centrale, la quale, con sentenza del 2012, rigettava il ricorso e confermava la sentenza di secondo grado.

Per la cassazione della sentenza della CTC ricorre a questa Corte la società Italmobiliare sulla base di sei motivi, precisando che, operando per questo ricorso la disciplina transitoria di cui al D.P.R. n. 546 del 1992, art. 75, (trattandosi di causa pendente davanti alla CTC al momento di entrata in vigore del nuovo contenzioso tributario, nel 1996), l’impugnazione è proposta come ricorso straordinario in cassazione, il quale, dopo la novella della L. n. 40 del 2006, è possibile non solo per violazione di legge, ma anche per gli altri motivi di cui all’art. 360 c.p.c..

L’ufficio non si è costituito.

La società ricorrente ha depositato memoria del 4.3.2020 ed ulteriore memoria del 29.7.2020.

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo la società ricorrente deduce violazione di giudicato interno (sulla non tassabilità degli interessi ai sensi della normativa anteriore al Tuir), violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in quanto la sentenza della CTC sottopone a nuovo giudizio, pur in assenza di appello sul punto, il giudizio della Commissione Tributaria di secondo grado per cui gli interessi su crediti di imposta percepiti da un soggetto IRPEG non erano tassabili ai sensi della normativa vigente anteriormente all’entrata in vigore del T.U.I.R. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Con il secondo motivo deduce omessa pronuncia (sulla non retroattività del Tuir) o, in subordine, omessa motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio (non conformità della dichiarazione fiscale al nuovo Tuir). Nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., a seguito di omessa pronuncia in relazione alla non applicabilità nella fattispecie del D.P.R. n. 42 del 1988, art. 36, comportante, a certe condizioni non ricorrenti nella fattispecie, la retroattività delle norme del T.U. n. 917 del 1986, in particolare di quelle relative alla tassabilità degli interessi sui crediti di imposta attribuiti a soggetti IRPEG (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Con il terzo motivo deduce omessa motivazione (per sommario mero rinvio alla motivazione della sentenza impugnata ed omessa considerazione dei motivi di appello). Nullità della sentenza per assenza di motivazione o motivazione “apparente”, in quanto la sentenza si limita a sommariamente rifarsi a quanto (ritenuto) giudicato in secondo grado, senza contraddire i motivi di appello, con violazione o falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 37, comma 2, e/o dell’art. 112 c.p.c., e/o dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e/o dell’art. 111 Cost., comma 6, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, o, in subordine, omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (non conformità al T.U. 1986 della dichiarazione fiscale relativa all’esercizio chiuso il 31.3.1986, per intervenuta modifica della stessa a seguito di istanza correttiva e di rimborso del 12.6.1987) (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Con il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione della normativa relativa alla tassazione degli interessi sui crediti di imposta. Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 597 del 1973, artt. 41 e 44, e del D.P.R. n. 598 del 1973, art. 5 (in quanto si è erroneamente ritenuto che tali articoli consentano di assoggettare ad imposta i soggetti IRPEG per gli interessi su crediti di imposta ad essi spettanti), nonchè del T.U.I.R., art. 56, e del D.P.R. n. 42 del 1988, art. 36 (in quanto si è erroneamente ritenuto che la nuova disciplina relativa alla imposizione degli interessi su crediti di imposta fosse retroattivamente applicabile alla fattispecie, per effetto di una dichiarazione dei redditi erroneamente ritenuta “conforme” alla nuova normativa, anche se modificata prima dell’entrata in vigore del T.U. e delle norme transitorie ad esso relative), (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Con il quinto motivo deduce omessa motivazione (per sommario mero rinvio alla motivazione della sentenza impugnata ed omessa considerazione dei motivi di appello). Nullità della sentenza per assenza di motivazione a seguito di motivazione apparente, in quanto la sentenza si limita a sommariamente rifarsi a quanto (ritenuto) giudicato in secondo grado, senza contraddire i motivi di appello, con violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 37, comma 2, e/o dell’art. 112 c.p.c., e/o dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e/o dell’art. 111 Cost., comma 6, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, o, in subordine, omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (esistenza minusvalore circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (esistenza minusvalore da rilevare in contabilità di partecipazione di società incorporande) (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Con il sesto motivo deduce violazione e/o falsa applicazione a) delle norme anteriori al Tuir comportanti determinazione del reddito imponibile delle società per azioni, ed in particolare: D.P.R. n. 598 del 1973, art. 5, comma 1, D.P.R. n. 597 del 1973, art. 52, (relativo alla determinazione del reddito di impresa), D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 57, (relativo a perdite e minusvalenze), D.P.R. n. 597 del 1973, artt. 53,62 e 64, (relativi alla valutazione dei titoli), D.P.R. n. 598 del 1973, art. 16, (relativo al regime impositivo delle plusvalenze, non iscritte ed iscritte, in caso di fusione, ma non del disavanzo di fusione); b) del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 123, comma 2, (relativo anche al disavanzo di fusione, ma non applicabile retroattivamente alla presente fattispecie); c) del D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, art. 36, (che stabilisce le condizioni di applicazione retroattiva delle norme del T.U.I.R. del 1986, non ricorrenti nella fattispecie), art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

In merito alla questione processuale preliminare, su cui il ricorrente si sofferma specificamente in una pagina del ricorso, va osservato che, a seguito della riforma del contenzioso tributario e la soppressione della Commissione Tributaria Centrale, per le cause ancora pendenti, al 1 aprile 1996, davanti alla stessa, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 75, ha previsto che continuasse a valere la disciplina procedurale prevista dal D.P.R. n. 636 del 1972, e successive integrazioni e modificazioni.

Per quel che concerne il quesito relativo all’ammissibilità del ricorso per Cassazione avverso le sentenze della Commissione tributaria centrale, questa Corte (sez. V, n. 12931 del 2008) aveva affermato che: “il ricorso per Cassazione avverso le decisioni della Commissione tributaria centrale (rese nel regime del processo tributario disciplinato dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636) è proponibile solo ai sensi dell’art. 111 Cost., sicchè sono deducibili, con tale rimedio straordinario, soltanto i vizi di violazione di legge e non anche quelli di omessa insufficiente o contraddittoria motivazione” (Cassazione civ., sez. trib., 5 agosto 2002, n. 11684, si veda nello stesso senso Cass. 14 aprile 2008, n. 9785; Cass. 15 aprile 2005, n. 7910, e di recente Cass. 17 gennaio 2013, n. 1055).

Questo, però, solo per i ricorsi anteriori al 2006, come precisato anche da alcune delle suddette decisioni, quali sez. V n. 1055 del 2013 e sez. V, n. 15920 del 2011, secondo cui:

“Il ricorso per cassazione avverso le decisioni della Commissione tributaria centrale è proponibile (nel regime vigente “pro tempore”, anteriore alle modifiche di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006) solo ai sensi dell’art. 111 Cost., sicchè sono deducibili, con tale rimedio straordinario, soltanto i vizi di violazione di legge e non anche quelli di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”.

Da ciò si può concludere che per i ricorsi proposti dopo il 2006 si possono dedurre anche gli altri vizi dell’art. 360 c.p.c..

Nel merito dei motivi, i primi quattro motivi attengono alla questione della non tassabilità degli interessi sui crediti di imposta.

Gli stessi si possono trattare congiuntamente, atteso il tema comune; di essi, il quarto è fondato atteso che il principio di diritto espresso nella sentenza impugnata della CTC è errato.

Questa Corte, infatti, si è pronunciata ancora di recente sul tema, affermando (sez. V, n. 29879 del 2017):

In tema di reddito d’impresa, gli interessi maturati sui crediti di imposta del contribuente nei confronti dell’Amministrazione, nel vigore del D.P.R. n. 597 del 1973, non vanno inclusi nell’imponibile, perchè hanno natura compensativa e, quindi, non sono qualificabili nè come reddito di capitale nè come reddito di impresa; diversamente, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 56, sottopone ora a tassazione tutti gli interessi comunque conseguiti da soggetto che produce reddito di impresa ed opera retroattivamente per i periodi di imposta precedenti, ai sensi del D.P.R. n. 42 del 1988, art. 36, a condizione che sia stata presentata dichiarazione conforme alla disciplina di cui al predetto art. 56. Tale retroattività non opera nel caso in cui il contribuente, prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 917 del 1986, abbia fatto venir meno, con la presentazione dell’istanza di rimborso, la conformità alla nuova disciplina, attesa l’emendabilità della dichiarazione dei redditi anche con l’istanza di rimborso, alla stregua del principio della ritrattabilità della dichiarazione affetta da errore, testuale o extra testuale, di fatto o di diritto (configurabile nella fattispecie), il quale comporti l’assoggettamento del dichiarante ad oneri fiscali più gravosi di quelli che per legge devono applicarsi.

E’ anche molto chiara in questo senso sez. V, n. 10705 del 2019, che si riferisce, come la presente vicenda, all’anno di imposta 1986.

Queste sentenze confermano la tesi sostenuta dal ricorrente nel motivo di ricorso.

Nel caso di specie, è pacifico che il Tuir (che prevede la tassabilità) è entrato in vigore l’1.1.1988, mentre il contribuente, dopo avere presentato la dichiarazione dei redditi per il 1986, il 12.6.1987 (e quindi prima dell’entrata in vigore del Tuir) presentava istanza di rideterminazione del reddito e rimborso.

Si versa, quindi, nell’ipotesi in cui questa Corte ha affermato che la nuova disciplina del Tuir (che prevede la tassabilità degli interessi) non opera retroattivamente.

Oltre a questo profilo di merito, poi, la motivazione della CTC, che – essendo stata depositata nel maggio 2012 – è valutabile alla luce dell’art. 360 c.p.c., n. 5, anteriore alla riforma di quello stesso anno, è molto sintetica; di tutti questi aspetti (dedotti dal ricorrente) non si occupa, ma esaurisce l’esame della questione affermando che gli interessi sono incremento patrimoniale, quindi concorrono alla formazione del reddito, e che oggi il Tuir ne prevede la tassabilità anche retroattivamente a seguito del D.P.R. n. 42 del 1988, art. 36.

Non affronta, quindi, il problema della richiesta di modifica della dichiarazione intervenuta nel frattempo.

Anche il quinto ed il sesto motivo possono essere trattati congiuntamente, e, relativamente al tema di cui si occupano, emerge già a prima vista una criticità nella motivazione della sentenza impugnata, la quale è al limite dell’apodittico laddove esaurisce l’argomento affermando soltanto che: “deve riconoscersi che la differenza di fusione partecipa alla formazione del reddito tassabile a tenore del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 16, comma 2”.

La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata, con rinvio della causa alla CTR della Lombardia, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla CTR della Lombardia, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

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