Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.33765 del 12/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALSAMO Milena – Presidente –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23140/2016 proposto da:

FONDAZIONE CEUR – CENTRO EUROPEO UNIVERSITA’ E RICERCA (C.F.:

*****), con sede in *****, in persona dell’amministratore delegato pro tempore C.M. (C.F.: *****), nato a ***** e residente in *****, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Marco Masi del Foro di Bologna (C.F.: MSAMRC59S26F715Q) e Renato Caruso del Foro di Roma (C.F.: CRNRNT66B13H5013), ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, alla Via Cristoforo Colombo n. 436, come da mandato speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MILANO, (C.F.: *****), in persona del Sindaco pro tempore S.G., rappresentato e difeso, giusta mandato in calce al controricorso, dagli Avv.ti Antonello Mandarano (C.F.:

MNDNNL65H15E919Y), Ruggero Meroni (C.F.: MRNRGR54L08I709I), Enrico Barbagiovanni (C.F.: BRBNRC68T28FI5010), Salvatore Pezzulo (C.F.:

PZZSVT51T06M092Q), Irma Marinelli (C.F.: MRNRMI60C48F839H), Donatella Silvia (C.F.: SLVDTL67L4114411) e Anna Tavano (C.F.:

TVNNNA69P42F205R) dell’Avvocatura Comunale di Milano, nonché

dall’Avv. Giuseppe Lepore di Roma (c.f. LPRGPP65B14H501X), presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Polibio 15;

– controricorrente –

– avverso la sentenza n. 1292/2016 emessa dalla CTR Lombardia in data 08/03/2016 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Andrea Penta.

RITENUTO IN FATTO

La Fondazione CEUR proponeva impugnazione avverso la sentenza della CTP di Milano n. 1263/03/14 del 16.12.14, che aveva dichiarato quale dovuta l’ICI richiesta dal Comune di Milano per l’anno 2010 in relazione ai Collegio universitario riconosciuto e gestito dalla prefata fondazione.

L’appellante richiamava la normativa di settore e faceva presente di essere una fondazione senza scopo di lucro, con personalità giuridica riconosciuta direttamente dal MIUR, avente ad oggetto finalità didattico/educative/formative e ricettive.

La sentenza impugnata veniva indicata erronea per una falsa interpretazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, esercitando di fatto tutti i collegi universitari riconosciuti un complesso servizio di accoglienza, caratterizzato da fattori educativi e formativi, oggettivamente non commerciali, per cui l’ICI non era, a suo dire, dovuta, anche dal punto di vista soggettivo.

Si costituiva in giudizio il Comune di Milano, disquisendo sulla normativa da applicarsi in concreto e, in particolare, sostenendo come la stessa fosse da indicarsi solo nella legge istituiva dell’ICI, per cui dovevano escludersi dall’imposta solo gli immobili destinati esclusivamente ad attività culturali e assistenziali, come previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, per cui, oltre al requisito soggettivo di non essere un ente commerciale, occorreva un requisito oggettivo, ossia di non svolgere attività secondo modalità commerciali.

Con sentenza dell’8.3.2016, la CTR Lombardia rigettava l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

1) la semplice disamina del bando di concorso per l’attività recettiva della struttura gestita dall’ente appellante delineava un sintomatico elemento di finalità commerciale, laddove i posti di ospitalità erano tutti offerti a tariffa unica o intera oscillante tra i 12.000 e i 15.000 Euro annuali;

2) la struttura recettiva operava, pertanto, secondo modalità commerciali, per cui, essendo la norma di esenzione di stretta interpretazione giuridica, l’ICI appariva pienamente dovuta, risultando le tariffe applicate dal centro universitario addirittura di valore medio doppio rispetto ad un monolocale sito nella zona;

3) la sistemazione alberghiera appariva del tutto prevalente, a tal punto da far ritenere, a prescindere dal dato soggettivo, oggettivamente commerciale l’attività espletata dal centro gestito dall’ente appellante;

4) l’attività svolta era intrinsecamente ed estrinsecamente commerciale, rientrando in tale rapporto di commercialità anche gli ulteriori servizi offerti dal convitto, o comunque l’offerta di detti servizi non appariva idonea di per sé ad intaccare il quadro di oggettiva prestazione commerciale.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Fondazione Ceur Centro Europeo Università e Ricerca -, sulla base di tre motivi.

Il Comune di Milano ha resistito con controricorso.

In prossimità dell’adunanza camerale la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), della L. n. 240 del 2010, art. 5, del D.Lgs. n. 68 del 2012, artt. 13, 15, 16,17 e 23, della L. n. 1073 del 1962, art. 45, della L. n. 942 del 1966, art. 33, del R.D. n. 1592 del 1933, art. 191, del D.L. n. 69 del 1989, 34, della L. n. 165 del 1990, art. art. 8, della L. n. 390 del 1991, art. 25, della L. n. 165 del 1990, art. 1, della L. n. 390 del 1991, art. 25, della L. n. 338 del 2000, art. 1, della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 603, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), per non aver la CTR considerato che il D.L. 90 del 1990, art. 8, comma 3, prevede che le prestazioni aventi per oggetto lo svolgimento di attività didattica e culturale svolte dai collegi universitari legalmente riconosciuti, comprese le prestazioni relative all’alloggio e al vitto, “sono da ritenersi attività non commerciali a tutti gli effetti tributari”.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), D.L. n. 223 del 2006, art. 39 (conv. in L. n. 248 del 2006), e D.L. n. 1 del 2012, art. 91 bis (conv. in L. n. 27 del 2012), nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), per aver la CTR fatto rientrare nella presunta commercialità di uno dei servizi offerti (quello alberghiero) l’attività educativo-formativa svolta dal Collegio che, invece, non aveva esclusivamente natura commerciale.

3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), D.L. n. 1 del 2012, art. 91 bis (conv. in L. n. 27 del 2012) e D.M. n. 200 del 2012, art. 1, comma 1, lett. j) e p), nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), per non aver la CTR considerato che l’attività ricettiva si inseriva in un’attività complessa di contenuto educativo, formativo e culturale e per aver ritenuto che l’attività della Fondazione fosse svolta in modo concorrenziale con altri operatori del mercato.

4. I tre motivi, data la loro stretta connessione, meritano di essere trattati congiuntamente e si rivelano in parte inammissibili e in parte infondati. In particolare, nella parte in cui denunciano un vizio motivazionale, sono inammissibili, atteso che non viene denunciato l’omesso esame di un fatto storico, bensì l’aver omesso di scrutinare una disposizione normativa che, secondo l’assunto della ricorrente, avrebbe portata decisiva. D’altra parte, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Sez. 2, Sentenza n. 14802 del 14/06/2017; conf. Sez. 1, Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018 e Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019).

4.1. Quanto al merito della controversia, il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), riconosce l’esenzione dall’ICI a “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c), e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui alla L. 20 maggio 1985, n. 222, art. 16, lett. a)”.

L’esenzione è subordinata alla compresenza di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c), cui il citato art. 7 rinvia), e di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale (Sez. 5, Sentenza n. 4502 del 21/03/2012; conf. Sez. 5, Sentenza n. 14226 del 08/07/2015).

Ai fini del riconoscimento dell’esenzione prevista per l’esercizio di attività didattica universitaria, il requisito oggettivo costituito dalla natura non commerciale della stessa non può essere desunto in via esclusiva in base a documenti che attestino a priori il tipo di attività cui l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con modalità commerciali (Sez. 5, Sentenza n. 20776 del 26/10/2005, in una fattispecie analoga a quella in esame, ha affermato tale principio in tema di ritenuta debenza dell’imposta da parte di un ente privato gestore di un asilo infantile, a fronte dell’accertata carenza di prova della destinazione dell’attività scolastica a soggetti non abbienti o della destinazione dei ricavi eccedenti i costi a fini assistenziali; conf. Sez. 5, Ordinanza n. 17968 del 04/07/2019).

Inoltre, l’esenzione in esame può essere riconosciuta solo nei casi tassativamente previsti, stante il divieto non solo di applicazione analogica, ma anche d’interpretazione estensiva, posto in riferimento alla legge speciale dall’art. 14 preleggi” (Cass. n. 10646 del 2005), e presuppone che gli immobili abbiano la caratteristica oggettiva di essere “destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”, a prescindere dagli scopi dell’attività dell’ente proprietario, che possono essere anche finalità di promozione economica e sociale (Sez. 5, Sentenza n. 15552 del 02/07/2009).

E’ onere del contribuente dimostrare la sussistenza del requisito oggettivo.

4.2. Premesso che gli anni cui si riferisce la controversia sono il 2010 e il 2011 e che il D.L. n. 223 del 2006, art. 39, convertito nella L. n. 248 del 2006, che il D.L. 30 settembre 2005, n. 203, ha sostituito il comma 2 bis, dell’art. 7, comma 2 bis, conv. in L. 2 dicembre 2005, n. 248, ha esteso l’esenzione alle attività che non abbiano esclusivamente natura commerciale, l’esenzione di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), (nella formulazione precedente alla modifica introdotta dal D.L. n. 1 del 2012, art. 91 bis, conv. in L. n. 27 del 2012, riservata agli immobili destinati “esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali” di attività didattiche, ricettive e culturali), anche in base all’evoluzione di cui al D.L. n. 203 del 2005, art. 7, comma 2 bis, (come sostituito dal D.L. n. 223 del 2006, art. 39, comma 1), impone di considerare realizzate in senso “non esclusivamente commerciale” le attività oggetto di esenzione che, in ciascun ambito territoriale e secondo la normativa ivi vigente, per le concrete modalità di svolgimento, non siano orientate alla realizzazione di profitti.

Ne consegue che il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale ed abbia quelle finalità solidaristiche alla base delle ragioni di esenzione, mentre spetta al giudice di merito l’obbligo di accertare in concreto le circostanze fattuali, senza far ricorso ad astrazioni argomentative (Sez. 5, Sentenza n. 6711 del 02/04/2015).

Ciò in quanto l’art. 73 TUIR, comma 1, lett. c), fornisce la nozione di enti non commerciali, individuandoli negli “enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali”.

4.3. E’ dunque necessario accertare in concreto l’esclusione del carattere commerciale dell’attività.

In quest’ottica, si ritiene che lo svolgimento esclusivo nell’immobile di una delle attività previste dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), vada verificato con criteri di rigorosità, seguendo le indicazioni della circolare ministeriale n. 2/DF del 2009 e, dunque, appurando, soprattutto, l’importo delle rette, che deve essere significativamente ridotto rispetto ai “prezzi di mercato”, onde evitare un’alterazione del regime di libera concorrenza e la trasformazione del beneficio in un aiuto di Stato (Sez. 5, Sentenza n. 13970 del 08/07/2016).

E così Sez. 5, Ordinanza n. 22223 del 05/09/2019, sia pure con riferimento ad un immobile destinato a casa religiosa di ospitalità, ha ritenuto che, ai fini del riconoscimento dell’esenzione, sono irrilevanti le finalità solidaristiche che connotano le attività ricettive religiose, risultando necessario verificare se le stesse siano rivolte ad un pubblico indifferenziato o a categorie predefinite di utenti, che il servizio non sia offerto per l’intero anno solare, esigendosi altresì che l’ente (in quel caso ecclesiastico) applichi tariffe ridotte rispetto ai prezzi di mercato e che la struttura non funzioni come un normale albergo.

Sulla stessa lunghezza d’onda, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19072 del 16/07/2019 ha affermato che va accertata in concreto, con onere probatorio a carico del contribuente, l’accessibilità limitata della struttura, che non deve essere rivolta ad un pubblico indifferenziato, ma ai soli destinatari delle attività istituzionali (alunni e famiglie di istituti scolastici, iscritti a catechismo, appartenenti alla parrocchia, membri di associazioni, ecc.), nonché la discontinuità nell’apertura, in quanto l’attività ricettiva non può essere svolta per l’intero anno solare. Ed ancora, per Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10754 del 03/05/2017, l’esenzione non spetta ove la presenza in loco degli alloggi sia strumentale allo svolgimento, in via principale, di un’attività didattica avente natura oggettivamente commerciale, ovvero esercitata dietro pagamento di una retta che non si discosti nell’ammontare da quelle di mercato.

Inoltre, va richiamato il passaggio contenuto nella Circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze, 26 gennaio 2009, n. 2/DF (emanata anteriormente al periodo di imposta in esame e, quindi, direttamente applicabile), sulla base del quale, premesso che non è possibile individuare attività qualificabili come “non esclusivamente di natura commerciale”, quest’ultimo inciso deve essere riferito solamente alle specifiche modalità di esercizio delle attività in argomento, che consentano di escludere la commercialità allorquando siano presenti le finalità di solidarietà sociale sottese alla norma di esenzione. Infatti, la combinazione del requisito soggettivo e di quello oggettivo comporta che le attività svolte negli immobili ai quali deve essere riconosciuta l’esenzione dall’ICI non siano di fatto disponibili sul mercato o che siano svolte per rispondere a bisogni socialmente rilevanti che non sempre sono soddisfatti dalle strutture pubbliche e che sono estranee alla sfera di azione degli operatori privati commerciali. L’esenzione in esame, infatti, trae la sua giustificazione, da un lato nella “meritevolezza” dei soggetti e delle finalità perseguite, e, dall’altro, nella rilevanza sociale delle attività svolte.

4.4. Orbene, nel caso di specie la CTR ha evidenziato che la sistemazione alberghiera assicurata dalla struttura gestita dal centro universitario, applicando ai propri ospiti una tariffa unica o intera oscillante tra i 12.000 ed i 15.000 Euro annuali, appariva del tutto prevalente, a tal punto da far ritenere (a prescindere dal dato soggettivo) oggettivamente commerciale l’attività espletata dal centro, senza che l’offerta degli ulteriori servizi fosse idonea a scalfire questo quadro di oggettiva prestazione commerciale.

In definitiva, la CTR ha concretamente accertato la natura commerciale dell’attività, assumendo che il canone per l’alloggio, unitamente al vitto, costava più dei prezzi dei liberi alloggi nel Comune di Milano.

Premesso che, come anticipato, la prova delle condizioni che giustificano il riconoscimento dell’esenzione spetta a chi sostiene di averne diritto (cfr. Cass. n. 555 del 1994, 14992 del 2000, 12749 del 2 settembre 2002, 21728 del 17 novembre 2004, 7905 del 15 aprile 2005, 20776 del 26 ottobre 2005), nella fattispecie in esame, invece, la ricorrente si è limitata ad invocare le normative che, secondo il suo assunto, avallerebbero la sua impostazione, senza in alcun modo prendere posizione sul principale argomento posto dalla CTR alla base della sua decisione. In particolare, non ha, a titolo esemplificativo, neppure dedotto che gli alloggi siano riservati ai soli destinatari delle attività istituzionali e/o che l’attività ricettiva sia svolta solo per una parte dell’anno solare.

4.5. Per completezza espositiva, va evidenziato che, ai nostri fini, non e’, invece, pertinente il D.L. 2 marzo 1989, n. 69, art. 34, comma 8 bis, conv., con modificazioni, in L. 27 aprile 1989, n. 154, invocato dalla ricorrente a sostegno della propria posizione (cfr. pagg. 9 e 19 del controricorso), il quale prevede testualmente che “Le prestazioni aventi per oggetto attività didattica svolta in Italia da filiazioni di università o istituti di cultura superiore stranieri, comprese le prestazioni relative all’alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici, ancorché fornite da collegi o pensioni annessi o dipendenti, sono da ritenersi attività non commerciale a tutti gli effetti tributari. La disposizione ha effetto dal giorno dell’insediamento in Italia delle stesse istituzioni. Tuttavia non si fa luogo a rimborso di imposte già pagate. Dalla data di entrata in vigore della presente disposizione la stessa è applicabile a condizione che i requisiti prescritti risultino da conforme riconoscimento rilasciato dal Ministero della pubblica istruzione, sentito il Ministero degli affari esteri con effetto dall’anno di presentazione della richiesta”. Invero, il D.L. n. 69 del 1989, si riferisce prevalentemente alle imposte sui redditi e, quanto proprio all’art. 34, all’IVA, e non già all’imposta comunale sugli immobili e, comunque, è precedente rispetto alla disciplina speciale dettata dal D.Lgs. n. 504 del 1992 citato, art. 7, comma 1.

3. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita accoglimento.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato a carico della ricorrente incidentale.

P.Q.M.

La Corte:

– Rigetta il ricorso;

– condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.700,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge (se dovuti);

– dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, tenutasi con modalità da remoto, il 19 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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