LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 78194/2014 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t,. costituita, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
F.L.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 151/26/13 della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione distaccata di Foggia, pronunciata il 7 ottobre 2013, depositata l’11 ottobre 2013 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 20 ottobre 2020 dal Consigliere Dott.ssa Giudicepietro Andreina.
RILEVATO
CHE:
l’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi avverso F.L. per l’annullamento della sentenza n. 151/26/13 della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione distaccata di Foggia, pronunciata il 7 ottobre 2013, depositata l’11 ottobre 2013 e non notificata, che ha rigettato l’appello dell’Ufficio, in controversia relativa all’impugnazione dell’avviso di accertamento per gli anni di imposta 2003 e 2004, emessi ai fini Irpef, Irap ed Iva, con cui l’amministrazione finanziaria disconosceva una serie di costi, non documentati e non inerenti, e determinava maggiori ricavi (in particolare, per l’anno 2004, derivanti dalla mancata indicazione dei costi relativi al personale);
il contribuente è rimasto intimato;
il ricorso è stato fissato per la Camera di Consiglio del 20 ottobre 2020, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agsoto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.
CONSIDERATO
CHE:
con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e del (T.u.i.r.) D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;
con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 24, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;
la ricorrente evidenzia come il contribuente, solo con la memoria illustrativa, abbia introdotto l’eccezione relativa all’illegittimità dell’accertamento in ordine alla ripresa a tassazione per l’anno 2004 di maggiori ricavi pari al costo della manodopera con la maggiorazione del 20%;
i motivi sono fondati e vanno accolti;
in particolare, in accoglimento del secondo motivo, pregiudiziale rispetto al primo, deve rilevarsi l’inammissibilità dell’eccezione sull’incidenza della spesa per il personale sulla determinazione del reddito di impresa, che è stata sollevata dal contribuente solo con una memoria integrativa, depositata in primo grado;
ciò in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti col ricorso introduttivo, i quali costituiscono la “causa petendi” entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2 (vedi Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22662 del 24/10/2014 in tema di giudizio di appello);
come è stato detto, “nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma dell’impugnazione dell’atto fiscale, l’indagine sul rapporto sostanziale è limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado. Ne consegue che il giudice deve attenersi all’esame dei vizi di invalidità dedotti in ricorso, il cui ambito può essere modificato solo con la presentazione di motivi aggiunti, ammissibile, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 24, esclusivamente in caso di deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15051 del 02/07/2014; vedi anche Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9637 del 13/04/2017);
in conseguenza dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso, l’esame del primo deve limitarsi alla censura relativa alla statuizione, con cui il giudice di appello ha ritenuto che la parte contribuente avesse efficacemente dimostrato, con le ricevute fiscali prodotte in giudizio, i corrispettivi delle vendite effettuate, senza incorrere nel divieto di utilizzazione dei documenti non esibiti in sede amministrativa, attesa la genericità della richiesta dell’amministrazione di “esibizione di documentazione comprovante gli incassi”;
nell’appello dell’Ufficio, come riportato in ricorso, si deduceva l’indeducibilità di alcuni costi per mancata prova dell’inerenza all’attività di impresa (costi relativi a pagamenti Telepass, alberghi e ristoranti);
su tale motivo di appello la C.t.r. effettivamente ha omesso di pronunciarsi, limitandosi ad affermare che i documenti comprovanti i corrispettivi delle vendite erano utilizzabili, senza alcuna valutazione in ordine al requisito dell’inerenza dei costi relativi a pagamenti Telepass, alberghi e ristoranti, la cui prova spetta al contribuente;
pertanto, la Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.t.r. della Puglia, sezione staccata di Foggia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.t.r. della Puglia, sezione staccata di Foggia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021