Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.351 del 13/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9297/2017 proposto da:

TRAVERTINI CAUCCI S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Daniele Grimaldi ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Carla Gambardella in Roma, Via N. Ricciotti n. 11;

– ricorrente –

Contro

TRE ESSE ITALIA S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Renato Cicerchia ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Stefano Guidotti in Roma, Via Panisperna n. 95;

– controricorrente –

nonchè

COMUNE DI GUIDONIA MONTECELIO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5698/8/16 della Commissione tributaria Regionale di Roma, depositata il 3/10/2016;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2020 dal Consigliere Dott. Stefano Pepe.

RITENUTO

Che:

1. Con due distinti avvisi di accertamento ICI n. 13561 e 13562, notificati il 28.12.2012, il Comune di Guidonia Montecelio contestava l’omesso versamento ICI, negli anni 2009 e 2010, relativa a sei lotti di terreni di proprietà della Travertini Caucci S.p.a., distinti in catasto alla Sezione LEF foglio *****, p.lle *****, *****, ***** e foglio *****, p.lle *****, *****, ***** tutti destinati alla coltivazione di cava di travertino.

2. La contribuente impugnava gli avvisi rilevando la non imponibilità ai fini ICI dei terreni destinati a cava, non potendosi essi assimilare a area edificabile o terreno agricolo in quanto ricadenti in zona D/3 e risultando, comunque, la valutazione operata dal Comune di tali terreni eccessiva.

3. La CTR con la sentenza n. 5698/8/2016, depositata il 3/10/2016, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava la pronuncia di primo grado che aveva respinto i ricorsi introduttivi della contribuente.

4. Avverso tale sentenza la Travertini Caucci S.p.a. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

5. La Tre Esse Italia S.r.l. ha depositato controricorso.

6. Il Comune di Guidonia Montecelio non si è costituito.

7. In prossimità della camera di consiglio la ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo la Travertini Caucci S.p.a. deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 2, comma 1, lett. b), con riferimento alla normativa regionale in tema di attività estrattiva (L.R. Lazio n. 17 del 2004, art. 7 e Reg. di attuazione n. 5 del 2005), nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.

La ricorrente ritiene che erroneamente la CTR ha ritenuto l’area oggetto di accertamento edificabile sulla base del PRG del Comune di Guidonia Montecelio, laddove dalla documentazione prodotta (certificati di destinazione urbanistica) e dalle sopra indicate norme regionali risultava consentita la sola costruzione di edifici strumentali all’attività estrattiva i quali, peraltro, al termine della coltivazione della cava, andavano smantellati al fine di far conseguire ai terreni in esame la loro originaria destinazione agricola.

Con specifico riferimento al dedotto omesso esame circa un fatto decisivo, esso consisterebbe nel non aver la CTR considerato l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi imposto dalla normativa regionale indicata; normativa la cui portata applicativa avrebbe portato ad escludere la natura edificatoria dell’area oggetto di esame.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, u.c..

La società contribuente lamenta che la CTR, dopo aver qualificato edificabile l’area oggetto di giudizio, ha ritenuto non eccessiva la determinazione del relativo valore oggetto della delibera assunta D.Lgs. n. 446 del 1997, ex art. 59, sul presupposto della sua mancata impugnazione in sede amministrativa da parte della ricorrente. Al contrario, la CTR avrebbe dovuto, in ragione dell’art. 7 cit., disapplicare d’ufficio tale delibera avendo la ricorrente contestato, sin dal primo grado di giudizio, i valori con essa attribuiti all’area oggetto di accertamento.

3. Con il terzo motivo viene censurata la sentenza della CTR per violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, commi 1 e 5, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

In particolare, la CTR, nel ritenere congruo il valore dell’area attribuito dal Comune ai fini del calcolo della base imponibile ICI, non aveva tenuto conto dei vincoli di edificabilità previsti e dei costi di ripristino dell’area ritenendo gli stessi come sopravvenienze rilevanti ai fini della quantificazione del tributo solo nel momento della futura cessazione dell’attività estrattiva.

4. Il primo motivo è, in parte, infondato e, in parte, inammissibile.

La questione sottoposta all’esame del Collegio attiene alla possibilità o meno di qualificare come edificabile, ai fini della individuazione della base imponibile ICI, un’area destinata alla coltivazione di una cava inserita nel PRG nella zona D/3.

Il D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 2, individuano quale presupposto per il pagamento dell’imposta il possesso (termine da non intendersi nell’accezione di cui all’art. 1140 c.c.) di un fabbricato, di un’area fabbricabile e di un terreno agricolo.

Secondo l’art. 2 per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o iscrivibile al catasto dei fabbricati, per area fabbricabile, deve intendersi, ai fini che in tale sede rilevano, lett b) “(…) l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità. (…)” e, infine per terreno agricolo si intende il terreno adibito all’esercizio delle attività indicate nell’art. 2135 c.c..

Il suddetto art. 2 è stato oggetto dell’intervento di diverse disposizioni con le quali il legislatore ha voluto fornire un’interpretazione autentica della definizione di area fabbricabile, al cui esito le Sezioni Unite di questa Corte n. 25506 del 2006 hanno affermato il principio secondo cui “In tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore del decreto L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11 quaterdecies, comma sedicesimo, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005,n. 248, e dell’art. 36, comma 2, del decreto L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio d determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo “ius aedificandi” o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 59, comma 1, lett. f). L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio”.

Il concetto di edificabilità è, quindi, strettamente collegato a quello di potenzialità edificatoria.

L’area classificata come D/3 nel piano regolatore generale, come quella oggetto del presente scrutinio, adibita ad attività estrattiva secondo lo strumento urbanistico, non può certamente qualificarsi come agricola, ma non per questo è esente dal tributo, posto che è suscettibile di edificazione, ancorchè limitata alla realizzazione di fabbricati strumentali (cfr. ex plurimis e da ultimo Cass. n. 31079 del 2019).

Non vale ad escludere la suddetta qualificazione la circostanza che l’area sia in concreto, destinata a cava e ad attività di estrazione, avendo rilievo esclusivamente la potenzialità edificatoria del terreno. A volere ritenere diversamente si introdurrebbe nell’ordinamento un’ipotesi di esenzione dall’imposta non prevista dalla legge, attività preclusa all’organo giudicante stante la tassatività dei casi di esenzione.

La CTR ha, dunque, correttamente qualificato come edificabile l’area oggetto degli avvisi di accertamento adibita dalla ricorrente ad attività di cava.

Quanto al dedotto vizio di omesso esame, la relativa censura risulta inammissibile in quanto essa si risolve, per come formulata dalla ricorrente, in una richiesta rivolta al Collegio di una diversa valutazione, ai fini della determinazione del valore dell’area, delle fonti normative che imponevano alla contribuente il ripristino dello stato dei luoghi al termine dell’attività estrattiva. Risulta, pertanto, evidente l’estraneità della censura in esame rispetto al mezzo utilizzato, violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, il quale introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico.

5. Il secondo motivo non è fondato.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5, prevede che “le commissioni tributarie, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, salva l’eventuale impugnazione nella diversa sede competente”. Il potere di disapplicazione dell’atto è, dunque, collegato al vizio di illegittimità. Diversamente, nel caso di specie viene contestata la determinazione del valore economico di un’area edificabile ai fini ICI effettuata del D.Lgs. n. 446 del 1997, ex art. 59, da parte degli enti locali e, dunque, la scelta nel merito compiuta fagli organi comunali in materia di ICI:

E’, dunque, evidente che tale censura non investe profili di legittimità del regolamento afferente alla determinazione dei suindicati valori, con la conseguenza che la relativa delibera di approvazione non può essere disapplicata, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5, laddove la cennata determinazione è frutto di una scelta discrezionale del Comune, effettuata nei limiti della potestà impositiva ad esso attribuita dall’ordinamento e non vietata da alcuna norma statale.

In sostanza, il giudice di merito, qualora non avesse ritenuto congrui i valori indicati dal Comune con la suindicata delibera avrebbe potuto giungere ad una diversa valutazione del valore dell’area oggetto di giudizio utilizzando i criteri legali di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5.

6. Il terzo motivo è fondato.

Ai fini della determinazione della base imponibile per le aree edificabili il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, prevede che “per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1 gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche”.

Dalla disposizione in esame si evince il carattere di periodicità dell’imposta, dovendo essa essere calcolata “al 1 gennaio dell’anno di imposizione”, al quale è collegato quello dell’attualità, in quanto è rispetto a tale data che deve essere determinato il valore dell’area tenuto conto dei criteri sopra indicati.

Tale disciplina risulta ispirata alla ratio di commisurare l’imposta all’effettiva capacità contributiva del contribuente essendo, per quel che rileva nella presente fattispecie, evidentemente diversa la posizione fiscale di chi è nell’attuale possesso di un’area edificabile sottoposta a vincoli o oneri rispetto a chi non è soggetto a tali limiti.

La CTR ha obliterato i cennati caratteri dell’imposta.

Secondo i giudici di merito, infatti, il valore dell’area indicato negli avvisi di accertamento impugnati si doveva ritenere congruo sul presupposto che il vincolo di inedificabilità e i costi di ripristino dell’area costituivano sopravvenienze che “rileveranno ai fini della nuova e conseguente qualificazione del tributo” e, quindi, assumevano valore ai fini della determinazione del suddetto valore solo a seguito della cessazione dell’attività estrattiva di cava. Diversamente, i vincoli di inedificabilità e i costi di rispristino dell’area dovevano essere assunti quali aventi un’incidenza immediata sul valore economico del bene, assumendo rilievo, quanto ai primi, la loro idoneità a limitarne le potenzialità edificatorie e, quanto ai secondi, il fatto che essi risultano legati a una circostanza futura incerta nel quando ma non nell’an. 7. In conclusione, deve essere accolto il terzo motivo di ricorso con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale di Roma per il riesame, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

Accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

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