LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7958-2019 proposto da:
D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 252, presso lo studio dell’avvocato ANDREA SALVIATI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore speciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI N. 320, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MALATESTA, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
S.M., D.N.P., D.N.R.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 5416/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/08/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’01/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.
FATTI DI CAUSA
1. D.A. e la società Nik Bar s.r.l. nel 2008 convennero dinanzi al Tribunale di Tivoli S.M., D.N.D. e la Unipol s.p.a., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti dagli attori in conseguenza di un sinistro stradale avvenuto il 28 ottobre 2006 e causato – secondo la prospettazione attorea – da un veicolo condotto dal primo, di proprietà del secondo ed assicurato contro i rischi della r.c.a. dalla terza.
2. Mentre il giudice di primo grado rigettò la domanda, la Corte d’appello, parzialmente accogliendo il gravame di D.A., attribuì a ciascuno dei conducenti coinvolti una responsabilità paritaria. Ritenne la Corte d’appello che S.M., alla guida di un mezzo agricolo, fu in colpa per aver effettuato una manovra di svolta a sinistra senza previamente accertarsi della provenienza a tergo del mezzo condotto dall’attore; ma che anche quest’ultimo fosse in colpa per non aver usato la massima prudenza prescritta dagli artt. 140 e 145 C.d.S. nell’approssimarsi ad una intersezione.
3. Ricorre avverso tale sentenza D.A. con ricorso fondato su due motivi.
Resiste con controricorso la Unipol.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 140,141,145 e 154 C.d.S..
Al di là di tali riferimenti normativi, nella sostanza il motivo censura il giudizio con cui la Corte d’appello ha ritenuto di attribuire a ciascuno dei conducenti una colpa paritaria.
Il ricorrente sostiene che la Corte d’appello ha adottato una decisione “incompatibile con tutte le risultanze istruttorie”; sostiene che la Corte d’appello è incorsa in una “vizio logico motivazionale” per avere “proposto una lettura incompatibile con tutte le risultane istruttorie”; che nessuna colpa poteva essere ravvisata nella condotta della vittima; che in ogni caso le colpe dei due conducenti e non erano equivalenti, ma si sarebbe dovuta ritenere prevalente quella di S.M..
2. Il motivo è inammissibile.
Lo stabilire, infatti, se il conducente di un veicolo a motore abbia o non abbia avuto la possibilità in concreto di prevedere l’altrui scorrettezza e porre in atto una manovra per prevenirla; così come lo stabilire se le prove raccolte consentano una certa ricostruzione della dinamica d’un sinistro stradale piuttosto che un’altra, costituiscono altrettante valutazioni di fatto, come tali riservate al giudice di merito e non sindacabili in sede di legittimità.
Pertanto allegare, come fa il ricorrente, che il giudice di merito ha adottato “Una lettura incompatibile con tutte le risultanze istruttorie” vuol dire proporre una censura contrastante col consolidato e pluridecennale orientamento di questa Corte, secondo cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito (ex permultis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448; Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677; Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486; Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214; e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi ribadito per sessant’anni: e cioè che “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione”).
2.1. Ad abundantiam, sarà comunque utile ricordare che il ricorrente è comunque in errore, là dove sostiene che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto colposa una condotta (eseguire un sorpasso in prossimità d’un crocevia) che tale non era.
Infatti l’art. 148 C.d.S., comma 12, vieta il sorpasso “in prossimità o in corrispondenza delle intersezioni”, con alcune limitate eccezioni la cui sussistenza, però, nel caso di specie non è stata nemmeno prospettata dal ricorrente.
3. Col secondo motivo il ricorrente prospetta il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.
Lamenta che la Corte d’appello avrebbe liquidato il danno biologico permanente senza aumentare in via equitativa la misura standard del valore monetario del punto di invalidità. Tale aumento (c.d. “personalizzazione”) nel caso di specie sarebbe stato invece necessario per tenere conto delle specificità del caso concreto.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Le Sezioni Unite di questa Corte, nell’interpretare il novellato art. 360 c.p.c., n. 5, hanno stabilito (molto tempo prima dell’introduzione del presente ricorso) come debba essere proposto un motivo di impugnazione col quale si deduca l’omesso esame d’un fatto decisivo.
Hanno a tal riguardo affermato che colui il quale intenda denunciare in sede di legittimità un errore consistito nell’omesso esame d’un fatto decisivo ha l’onere di indicare:
(a) quale fatto non sarebbe stato esaminato;
(b) quando e da chi era stato dedotto in giudizio;
(c) come era stato provato;
(d) perché era decisivo (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07(04/2014). Nel caso di specie, il secondo motivo di ricorso non ha assolto in modo esaustivo gli oneri di cui ai punti (a), (b) e (c) che precedono. Non indica infatti né quali circostanze di fatto vennero dedotte in primo grado, a supporto della domanda di “personalizzazione” del risarcimento ed in quali esatti termini; né come vennero provate; né se furono riproposte nell’atto di appello.
4. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.
PQM
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna D.A. alla rifusione in favore di UnipolSai s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 4.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;
(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 1 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2021