Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.37522 del 30/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17824-2020 proposto da:

I.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPIA NUOVA, 612, presso lo studio dell’avvocato VIRGINIA IANNUZZI, rappresentato e difeso in proprio;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso lo studio dell’avvocato ALDO DEL FORNO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati PAOLO SANTUCCI e MAURO PANZOLINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 198/2020 del TRIBUNALE di AVELLINO, depositata il 28/01/2020;ct udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 28/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

FATTI DI CAUSA

1. L’avv. I.M. ottenne dal Giudice di pace di Cervinara vari decreti ingiuntivi (nella specie, trentasette), ciascuno per la somma di Euro 2,80, nell’ambito di un contenzioso seriale, nei confronti di Poste Italiane s.p.a., relativi alla debenza o meno del compenso per la comunicazione di avvenuta notifica (CAN).

A sostegno del ricorso rilevò che Poste Italiane s.p.a. aveva eseguito, dietro suo impulso, la notificazione di atti a persone giuridiche, rimettendogli poi la comunicazione di avvenuta notifica (CAN), con obbligo di versamento del relativo importo, che l’avv. I. riteneva non essere da lui dovuto, e perciò indebito.

Avverso i decreti ingiuntivi emessi a tale titolo si oppose la Poste Italiane s.p.a. e il Giudice di pace di Cervinara accolse l’opposizione limitatamente all’addebito degli interessi, mantenendo però inalterata la condanna della società opponente al pagamento della somma portata da ciascun decreto ingiuntivo, e condannò Poste italiane s.p.a. al pagamento delle spese, liquidate in Euro 181,50 per ogni singolo decreto ingiuntivo.

2. La pronuncia è stata impugnata dalla Poste Italiane s.p.a. e il Tribunale di Avellino, con sentenza del 28 gennaio 2020, ha accolto il gravame e, in riforma della decisione del Giudice di pace, ha accolto l’opposizione, ha revocato tutti i decreti ingiuntivi opposti, ha rigettato le domande dell’avv. I. e l’ha condannato alla rifusione delle spese dei due gradi di giudizio.

Ha osservato il Tribunale che, alla luce della giurisprudenza di legittimità, in caso di notifiche a mezzo posta, il rapporto si instaura tra l’ufficiale giudiziario e l’agente postale, e non direttamente tra il notificante e quest’ultimo. Ne consegue che la Poste Italiane s.p.a. era da ritenere priva di legittimazione passiva in relazione alla domanda posta a fondamento del decreto ingiuntivo; il che conduceva all’accoglimento dell’opposizione ed alla revoca del decreto.

3. Contro la sentenza del Tribunale di Avellino propone ricorso l’avv. I.M. con atto affidato ad un motivo.

Resiste la Poste Italiane s.p.a. con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), violazione e falsa applicazione della L. 28 febbraio 2008, n. 31, art. 36, comma 2-quater, (rectius: del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modifiche, nella L. n. 31 del 2008).

Sostiene il ricorrente che la norma ora richiamata, letta in collegamento con l’art. 145 c.p.c., imporrebbe di considerare come perfezionate, nella specie, le notifiche a mezzo posta alle persone giuridiche, posto che il destinatario è da identificare non solo nel legale rappresentante di queste, ma anche con la persona addetta al servizio del destinatario. Poiché, quindi, le notifiche erano da ritenere regolari, l’agente postale non avrebbe dovuto inviare al ricorrente, con spese a suo carico, la c.d. comunicazione di avvenuta notifica (CAN). A sostegno della sua tesi, il ricorrente invoca, tra l’altro, il precedente costituito dall’ordinanza 26 maggio 2020, n. 9878, di questa Corte.

1.1. Il ricorso è inammissibile per una serie di concorrenti ragioni.

Osserva la Corte, innanzitutto, che esso è redatto con una tecnica non rispettosa dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 6); il ricorso, infatti, da un lato non contiene un’esposizione sommaria dei fatti di causa tale da mettere la Corte in condizioni di comprendere con precisione come si sia svolta la vicenda processuale; dall’altro, fa riferimento ad atti – in particolare l’asserito perfezionamento di notifiche in favore di persone giuridiche – senza aggiungere alcuna spiegazione che meglio dia conto dell’accaduto.

Oltre a ciò, il ricorso è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata. Il Tribunale, come si è detto, richiamando la precedente giurisprudenza di questa Corte, ha correttamente rilevato che in caso di notifica a mezzo posta il rapporto si instaura tra l’ufficiale giudiziario e l’agente postale, e non direttamente tra il notificante e quest’ultimo. Tale ratio decidendi non è stata, in effetti, contestata nel ricorso, nel quale il ricorrente insiste nel ribadire che la CAN non doveva essere a lui inviata.

2. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.

A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.100, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 28 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2021

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