Nel giudizio avente ad oggetto l’usucapione di beni immobili, è litisconsorte necessario il creditore garantito da ipoteca iscritta anteriormente alla trascrizione della domanda, in quanto titolare di un diritto reale – risultante dai pubblici registri ed opponibile erga omnes – di cui l’usucapione produce l’estinzione.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n. 37607 del 30/11/2021
(Dott. GORJAN Sergio – Presidente; Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere)
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO
1. Con atto in data 8.6.2006 T.S. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Velletri, sezione distaccata di Anzio, l'”Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero della Diocesi di Albano”.
Esponeva che aveva posseduto animo domini, ininterrottamente, pacificamente e pubblicamente, per oltre venti anni, il terreno in Comune di ***** – al fol. *****, partt. ***** – catastalmente intestato all’istituto convenuto.
Chiedeva accertarsi e dichiararsi l’intervenuto acquisto da parte sua, per usucapione, del terreno con ogni conseguente ordine al conservatore dei RR.II..
2. Si costituiva l'”Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero della Diocesi di Albano”.
Deduceva che era del tutto estraneo alla pretesa ex adverso azionata; che il terreno era oggetto del dominio utile, tra gli altri, di C.A. ovvero dei suoi eredi o aventi causa.
Instava per la declaratoria di inammissibilità dell’avversa domanda.
3. Spiegavano volontario intervento F.F. ed F.E..
Deducevano che la madre, C.A., aveva dapprima acquistato il dominio utile del terreno, con rogiti del 4.12.1964 e del 13.4.1965, indi lo aveva ad essi donato, con atto del 21.10.1992.
Deducevano che avevano domandato l’affrancazione del terreno; che l’attore giammai aveva avuto il possesso del terreno ed, al più, ne aveva avuto la disponibilità nel quadro di rapporti di tipo locativo.
Instavano per il rigetto dell’avversa domanda.
4. Con la memoria ex art. 183 c.p.c., l’istituto convenuto puntualizzava che, in esecuzione della conciliazione siglata con F.F. ed F.E., questi ultimi avevano provveduto al versamento in data 16.4.2007 delle somme dovute per l’affrancazione.
5. All’esito dell’istruzione probatoria, con sentenza n. 471/2011 il tribunale dichiarava l’intervenuto acquisto della piena proprietà del terreno da parte di T.S.; condannava il convenuto e gli intervenuti alle spese di lite.
6. Proponevano appello F.F. ed F.E..
Resisteva T.S..
Veniva dichiarato contumace l'”Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero della Diocesi di Albano”.
7. Con sentenza n. 4174/2016 la Corte d’Appello di Roma rigettava il gravarne e condannava in solido gli appellanti alle spese del grado.
Evidenziava la corte che F.F. ed F.E., successori della livellaria C.A., avevano espressamente spiegato intervento, così come avevano ribadito a pagina 5 dell’atto di appello, a sostegno delle conclusioni rassegnate dall'”Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero della Diocesi di Albano” e dunque per evitare che la sentenza emessa nei confronti dell'”Istituto Diocesano” potesse esplicare effetti pregiudizievoli nei loro confronti.
Evidenziava quindi – la corte – che senza dubbio in primo grado gli appellanti avevano avuto posizione di interventori ad adiuvandum dell'”Istituto Diocesano”; che del resto unicamente con la conclusionale d’appello gli appellanti avevano qualificato il loro intervento in giudizio ai sensi dell’art. 111 c.p.c., quali successori a titolo particolare dell'”Istituto Diocesano”.
Evidenziava pertanto la corte che, in qualità di interventori ad adiuvandum, F.F. ed F.E. non erano autonomamente legittimati ad esperire appello avverso la sentenza di prime cure.
8. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso F.F. ed F.E.; ne hanno chiesto sulla scorta di sei motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.
T.S. ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.
L'”Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero della Diocesi di Albano” ha riservato ogni difesa all’udienza di discussione.
9. I ricorrenti hanno depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria il controricorrente.
10. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 105 c.p.c., comma 2.
Deducono che ha errato la corte d’appello a qualificare ad adiuvandum il loro intervento.
Deducono che, in forza della titolarità del dominio utile in capo alla loro dante causa, hanno contrastato in modo diretto la pretesa dell’attore e per nulla hanno rimesso all'”Istituto Diocesano” la difesa dei loro interessi.
11. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 957,1140,1173 e 1321 c.c..
Deducono che ha errato la corte d’appello a qualificare il loro rapporto con l'”Istituto Diocesano” come traente titolo da un contratto obbligatorio.
Deducono che siffatta configurazione contrasta con il progressivo assorbimento del rapporto livellario nell’enfiteusi.
Deducono dunque che, contro il possesso ad usucapionem preteso ex adverso, hanno addotto un diritto reale di godimento.
12. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 102 c.p.c..
Deducono che l'”Istituto Diocesano” ha eccepito l’esistenza sul terreno di un dominio utile in capo ad C.A., ovvero ai suoi eredi o aventi causa.
Deducono quindi che si versa in una ipotesi di litisconsorzio necessario; che hanno spiegato volontario intervento per ragioni di economia processuale, siccome sarebbero stati legittimati all’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., comma 1.
13. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 111 c.p.c..
Deducono che, in dipendenza dell’affrancazione avvenuta in corso di giudizio, sono, contrariamente all’assunto della corte d’appello, intervenuti in qualità di successori a titolo particolare nel diritto controverso.
14. Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 163 c.p.c., comma 3, n. 3.
Deducono che la corte d’appello non ha pronunciato in ordine alla eccezione di inammissibilità della domanda attorea per genericità dell’oggetto.
Deducono che invero T.S. ha domandato l’usucapione di una non meglio identificata porzione della particella n. *****.
15. Con il sesto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione degli artt. 1141,1158,1164 e 2697 c.c. e dell’art. 112 c.p.c..
Deducono che la corte d’appello non ha pronunciato in ordine alle eccezioni sollevate nella comparsa di intervento e riproposte come motivi d’appello, con le quali era stata addotta l’insussistenza e la mancata dimostrazione del possesso ad usucapionem preteso dall’iniziale attore.
16. Il primo motivo, il secondo motivo ed il terzo motivo sono significativamente connessi; se ne giustifica la disamina contestuale; i medesimi motivi in ogni caso sono fondati e meritevoli di accoglimento; il loro buon esito assorbe e rende vana la disamina degli ulteriori motivi.
17. Va condiviso il rilievo dei ricorrenti – specificamente veicolato dal secondo motivo – a tenor del quale il diritto soggettivo azionato merce’ l’intervento all’uopo esperito ha natura di diritto reale di godimento (cfr. Cass. (ord.) 15.2.2018, n. 3689, secondo cui il “livello” ha natura di diritto reale di godimento su bene altrui, assimilabile all’enfiteusi anche in punto di disciplina. Cfr. in motivazione Cass. sez. un. 15.1.2021, n. 617, ove leggesi: “come più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, il “livello” si identifica in un diritto reale di godimento assimilabile all’enfiteusi”).
Su tale scorta va recepito l’aggiuntivo rilievo dei ricorrenti – specificamente veicolato dal terzo motivo – a tenor del quale, siccome l’iniziale attore aveva assunto di aver usucapito “una “proprietà sostanziale” del terreno in contrasto con la “proprietà formale” dell’Istituto Diocesano (…) e, avendo di converso l’Istituto Diocesano eccepito l’insistenza sul terreno dell'”utile dominio” in capo ad C.A. e ai suoi eredi aventi causa, sussistevano già di per sé i presupposti” (così ricorso, pag. 19) per la loro partecipazione al giudizio in veste di litisconsorti necessari.
E parimenti va condiviso l’ulteriore rilievo dei ricorrenti – specificamente veicolato dal primo motivo – secondo cui hanno “assunto una posizione parallela a quella dell’Istituto convenuto, facendo valere la titolarità dell’utile dominio e, in modo diretto nei confronti dell’attore, l’ius possidendi ad entrambi spettante” (così ricorso, pag. 15).
18. In questo quadro dunque devesi riconoscere ai ricorrenti veste di litisconsorti necessari, appieno legittimati ad esperire appello avverso la statuizione di prime cure.
Del resto, questa Corte spiega che, nel giudizio avente ad oggetto l’usucapione di beni immobili, è litisconsorte necessario il creditore garantito da ipoteca iscritta anteriormente alla trascrizione della domanda, in quanto titolare di un diritto reale – risultante dai pubblici registri ed opponibile erga omnes – di cui l’usucapione produce l’estinzione (cfr. Cass. 13.11.2019, n. 29325).
In questi termini, evidentemente, risulta smentito l’assunto del controricorrente secondo cui “il titolare di un diritto minore (sia esso di godimento, di garanzia, od altro), derivante dal proprietario solo formale, non è affatto parte necessaria del giudizio di usucapione” (così controricorso, pag. 8).
19. Per altro verso, a nulla vale che il controricorrente adduca che il Tribunale di Velletri con la statuizione n. 471/2011 aveva espressamente qualificato come adesivo dipendente l’intervento spiegato in prime cure da F.F. ed E. e che costoro non hanno provveduto a censurare “siffatto capo autonomo della sentenza” (così controricorso, pag. 4).
E’ da ritenere, invero, che F.F. ed E., col proporre appello, abbiano viceversa, per ciò solo, inteso censurare, inteso sottrarsi alla qualificazione dell’intervento operata dal primo giudice, se è vero, come è vero, che l’interventore adesivo dipendente (ad adiuvandum) non ha un’autonoma legittimazione ad impugnare (cfr. Cass. (ord.) 6.2.2018, n. 2818; Cass. sez. un. 17.4.2012, n. 5992).
D’altronde, si spiega che il principio “tantum devolutum quantum appellatum” preclude al giudice di appello l’indagine sui punti della sentenza di primo grado non direttamente investiti dal gravame, ma solo in quanto essi non siano compresi nel “thema decidendum” neanche per implicito, perché non necessariamente connessi con i temi censurati (cfr. Cass. sez. lav. 6.5.1995, n. 4953; più di recente, cfr. Cass. sez. lav. 3.4.2017, n. 8604).
20. Da ultimo, non merita seguito la prospettazione del controricorrente secondo cui la questione della violazione delle norme in tema di litisconsorzio necessario sarebbe “nuova” in questa sede (cfr. controricorso, pagg. 7 – 8).
21. La questione viceversa non è nuova.
I ricorrenti – già e comunque partecipi del giudizio di primo grado – in fondo sollecitano questa Corte a qualificare correttamente la loro posizione nel processo, sollecitazione che, a fronte della denegata legittimazione ad impugnare il primo dictum e dunque a dar corso – di propria iniziativa – al giudizio di secondo grado, non avrebbe potuto che svilupparsi per la prima volta in questa sede.
22. In accoglimento del primo, del secondo e del terzo motivo la sentenza n. 4174/2016 della Corte d’Appello di Roma va cassata con rinvio alla stessa corte in diversa composizione.
In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
23. Non sussistono i presupposti processuali perché, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i ricorrenti siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, il secondo motivo ed il terzo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa – in relazione e nei limiti degli accolti motivi – la sentenza n. 4174/2016 della Corte d’Appello di Roma; rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 8 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2021
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