Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.378 del 13/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRICOMI Laura – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9758/2017 proposto da:

Garlsoon 1 S.r.l. in Liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Cavour n. 17, presso lo studio dell’avvocato Canfora Maurizio, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Caratozzolo Enrico, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Magiste Real Estate S.p.a. in corcordato preventivo, in persona dei liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Vescovio n. 21, presso lo studio dell’avvocato Manferoce Tommaso, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Fabiani Massimo, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

R.F., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Giuseppe Mazzini n. 15, presso lo studio dell’avvocato Gabrielli Enrico, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Orestano Andrea, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e sul ricorso successivo:

Guber S.p.a., Tyche S.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, Piazza Cavour n. 17, presso lo studio dell’avvocato Del Nostro Patrizia, che le rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti successivi –

contro

Magiste Real Estate S.p.a. in corcordato preventivo, in persona dei liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Vescovio n. 21, presso lo studio dell’avvocato Manferoce Tommaso, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Fabiani Massimo, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

R.F., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Giuseppe Mazzini n. 15, presso lo studio dell’avvocato Gabrielli Enrico, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Orestano Andrea, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 23/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/10/2020 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

RILEVATO

che:

Le società Garlsson 1 srl in liquidazione, Guber spa e Tyche spa impugnavano, ex art. 111 Cost., comma 7, con distinti ricorsi davanti a questa Corte, il decreto di liquidazione dei compensi, del 23.12.2016, emesso dal tribunale di Roma in favore dei tre liquidatori giudiziali del concordato preventivo di Magiste Real Estate spa che era stato aperto con decreto del 10.4.07 ed omologato con decreto da parte del medesimo tribunale fallimentare di Roma del 31.1.08.

Quali società ammesse alla procedura e, quindi, creditrici della proponente, la Garlsson 1 srl per un credito originariamente ammesso al passivo di Euro 91.957,00, la Guber spa per un credito originariamente ammesso al passivo per complessivi Euro 525.293,42 e la Tyche spa per un credito originariamente ammesso al passivo per Euro 5.831.260,91 hanno tutte proposto ricorso in cassazione con un unico identico, illustrato da memoria, motivo riferito alla violazione dei criteri per la liquidazione dei compensi dovuti ai tre liquidatori giudiziali per l’attività prestata nell’ambito dell’indicata procedura concorsuale che erano stati fissati con il decreto di omologa del concordato preventivo della società Magiste Real Estate srl (n. 31/08): 1) si sarebbe dovuto tener conto – nella determinazione dell’ammontare – del solo attivo; 2) senza maggiorazioni; 3) nella liquidazione bisognava tenere conto dei compensi percepiti, da parte dei medesimi liquidatori, quali componenti del CdA della società proponente (di nomina giudiziale).

Hanno resistito con controricorso sia la procedura concordataria di Magiste Real Estate spa, sia il Dott. R.F., in proprio, quale uno dei tre liquidatori chiamati in causa.

CONSIDERATO

che:

In via preliminare, va disposta la riunione dei ricorsi in esame, ex art. 335 c.p.c., perchè proposti avverso la medesima sentenza.

Con un primo ricorso della società Garlsson 1 srl, in liquidazione che definiremo principale (perchè notificato per primo), e con un secondo ricorso delle società Guber spa, Tyche spa che definiremo incidentale (perchè notificato per secondo), è stato dedotto con un unico identico motivo, illustrato da memoria, per quanto riguarda la Garlsson 1 srl, il vizio di violazione di legge, in particolare dell’art. 5 commi primo, terzo e quarto del D.M. 25 gennaio 2012, n. 30, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perchè il tribunale di Roma, alla luce del decreto di omologa n. 31/08 aveva erroneamente quantificato l’importo relativo ai compensi dei Liquidatori giudiziali, nell’ambito della procedura di concordato preventivo della società Magiste Real Estate spa, con lesione del diritto di credito vantato da ciascuna delle società ricorrenti nei confronti della stessa Magiste Real Estate spa e che, a causa di detta erronea quantificazione, i crediti vantati non avevano trovato la giusta soddisfazione.

Con una prima eccezione preliminare, le controricorrenti eccepiscono il difetto d’interesse a ricorrere delle ricorrenti, perchè le stesse non avevano allegato e provato il pregiudizio che alle medesime era derivato dal provvedimento impugnato.

L’eccezione è infondata, poichè l’interesse ad impugnare sorge dal mero fatto che una liquidazione vi sia stata e, poichè si assume che sia avvenuta in violazione dei criteri di legge, è implicito che una sua eccessiva quantificazione abbia concretamente ridotto le aspettative della restante platea dei creditori – tra cui le ricorrenti – che sugli stessi beni liquidati basano la soddisfazione dei rispettivi crediti.

Con una seconda eccezione preliminare, le controricorrenti eccepiscono il difetto di legittimazione delle società ricorrenti per essere tale legittimazione radicata unicamente in capo al rappresentante della massa dei creditori del concordato preventivo, che in difetto del liquidatore, in caso di conflitto, si radicherebbe in capo al Commissario giudiziale ovvero al Comitato dei creditori. L’eccezione è infondata, in quanto ogni singolo creditore può assumersi leso nelle sue ragioni creditorie da una liquidazione eccessiva di altro creditore, tanto più se prededucibile, come nella specie.

Con una terza eccezione preliminare, le controricorrenti eccepiscono il difetto dei presupposti per il ricorso straordinario di cui all’art. 111 Cost., comma 7, perchè il provvedimento impugnato era soggetto a reclamo dinanzi alla Corte d’appello ai sensi della L. Fall. art. 26, che è norma di carattere generale rispetto ai provvedimenti di prima istanza, quali quello oggetto del presente giudizio.

L’eccezione è infondata.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “In tema di concordato preventivo e di amministrazione controllata, il decreto con il quale il tribunale liquida il compenso al commissario giudiziale ha natura decisoria e carattere definitivo, non essendo soggetto a reclamo; ne conseguono, da un lato l’impugnabilità ai sensi dell’art. 111 Cost. e, dall’altro, la non revocabilità da parte dell’autorità giudiziaria che lo ha emesso, la quale ha consumato, con l’adozione del medesimo, il proprio potere decisionale al riguardo” (Cass. n. 22010/07, v. Cass. n. 1394/19, in tema di decreto di liquidazione che liquida il compenso finale al curatore).

Nella specie, pertanto, l’unico mezzo per contestare i criteri seguiti dal tribunale nella contestata liquidazione era il ricorso per cassazione (come anche confermato dalla L. Fall., art. 39, richiamato per il liquidatore giudiziale dalla L. Fall., art. 182, comma 2).

Con una quarta eccezione preliminare, le controricorrenti eccepiscono la tardività dell’impugnazione, sia in riferimento alla L. Fall., art. 26, commi 3 e 4, sia in riferimento all’art. 325 comma 2 c.p.c., in quanto il provvedimento impugnato era stato depositato in cancelleria il 23.12.2016, mentre i due distinti ricorsi erano stati notificati l’uno il 14 aprile 2017 e l’altro il 18 aprile 2017.

Il motivo è infondato, con riferimento alla L. Fall., art. 26, in quanto il decreto di liquidazione è pacificamente – come visto – ricorribile per cassazione, mentre, il termine perentorio di sessanta giorni per la proposizione del ricorso straordinario avverso il decreto di liquidazione del compenso degli organi della procedura decorre dalla comunicazione o notificazione agli interessati eseguita dall’ufficio competente cui può dirsi equipollente soltanto la comunicazione ad opera del cancelliere (sia pur “brevi manu” per presa visione del provvedimento), mentre il “dies a quo” non può essere in nessun caso individuato in relazione alla conoscenza di fatto del provvedimento stesso, desunta “aliunde” e nella specie neppure dedotta (v. sul punto, diffusamente, Cass. n. 7946/10, in ipotesi di amministrazione controllata); pertanto, nella specie, vale il termine “lungo” semestrale di cui all’art. 327 c.p.c. (v. Cass. n. 5990/2020, in tema di decreto di liquidazione in favore di CTU).

In alternativa, avendo le ricorrenti ricevuto l’autorizzazione ad estrarre copia del decreto di liquidazione in data 5.4.17 (v. p. 4 di entrambi i ricorsi), i 60 gg. non possono che decorrere da tale data. Nel merito il ricorso è, da una parte, infondato, quanto alla dedotta violazione dei criteri fissati nel decreto di omologa, in quanto non risulta essersi formato alcun giudicato basato su tale decreto che ben può essere successivamente modificato in corso di procedura, in quanto non ha efficacia di giudicato su diritti soggettivi (qual è quello ad ottenere i compensi per l’opera prestata dai liquidatori) di chi non era neppure parte di quel provvedimento (infatti, il decreto di omologazione ha ad oggetto solo l’omologazione del concordato e non le ulteriori disposizioni che rappresentano solo misure di natura ordinatoria, quali sono appunto quelle che hanno ad oggetto la misura dei compensi, v. Cass. n. 20298/14, Cass. sez. un. 19506/08, in motivazione, in particolare, p.5.2). Il medesimo ricorso è, invece, inammissibile, quanto al profilo della violazione dei parametri utilizzati dal tribunale per la liquidazione dei compensi dei liquidatori perchè mira ad una rivalutazione del merito della decisione, che appare rispettosa dei parametri fissati dalla legge per la liquidazione dei compensi ai liquidatori (infatti, non esorbita dalle tariffe neppure se riguardasse compensi in favore di un solo liquidatore – invece che tre – ed anche tenendo conto dei compensi percepiti dai tre liquidatori come membri del CdA di Magiste Real Estate e senza tenere conto del rimborso spese forfetario, pure previsto per legge) e la cui applicazione è sufficientemente motivata.

Infine, va rilevato come le società ricorrenti, più che una violazione di legge (insussistente in riferimento ai parametri legali) deducono, di fatto, la violazione di una precedente decisione (il decreto di omologa): pertanto, il motivo è, altresì, inammissibile perchè propone come censura la violazione di una norma di legge e non la violazione di un precedente giudicato (nella specie, insussistente, come sopra spiegato), ai sensi dell’art. 2909 c.c..

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna le società ricorrenti in solido a pagare a ciascuna parte controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

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