LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 27348/2020 proposto da:
F.M., rappresentata e difesa dall’avv. Ferroni Francesco;
– ricorrente –
contro
G.G.J. e G.R.L.;
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze, depositata il 26.6.2020;
Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 18.11.2021, dal Presidente Orilia Lorenzo.
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
1 Nella lite promossa da G.G.J. e G.R.L. contro F.M. per ottenere il riconoscimento del diritto di proprietà su un fondo in Viareggio e conseguentemente il rilascio, oltre al rendiconto e ai danni, la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza 1176/2020, resa pubblica il 26.6.2020, per quanto interessa in questa sede, ha confermato la sentenza non definitiva 1368/2015 favorevole agli attori sul riconoscimento della proprietà dell’immobile e sulla contrapposta domanda riconvenzionale di acquisto per usucapione formulata dalla convenuta.
Ricorre per cassazione la F. con unico motivo.
I Lewis restano intimati.
Il consigliere relatore ha proposto l’inammissibilità del ricorso per difetto di specificità dei motivi e difetto di interesse.
Il ricorso è stato quindi avviato all’adunanza camerale per la definizione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
In prossimità dell’adunanza la ricorrente ha depositato una memoria.
2 La F. denunzia la violazione degli artt. 102 e 354 c.p.c. dolendosi della mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di altro soggetto comproprietario dell’immobile.
Il motivo è inammissibile.
2.1- Come già rilevato nella proposta, la censura “e’ evidentemente carente del requisito di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, occorrendo far richiamo al principio, affermato dalle sezioni unite con la sentenza n. 8077/2012, secondo cui anche in relazione alla deduzione di errores in procedendo, ancorché il giudice di legittimità non debba limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice dia pubblicazione 03/12/2021 merito ha vagliato la questione, ma sia investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, è però necessario che la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (cfr. S.U. cit. e tra le varie, anche Sez. 2, Ordinanza n. 23754 del 2018 in motivazione, nonché Sez. 2 -, Ordinanza n. 134 del 08/01/2020 Rv. 656823).
La ricorrente aveva pertanto il preciso onere di indicare quale fosse il titolo di proprietà del soggetto che si assume pretermesso (e tale non è certo un generico “documento rappresentante l’albero genealogico familiare”). Tale onere non risulta adempiuto e non è consentito alla Corte di Cassazione sopperire a tale carenza attraverso la ricerca dei documenti idonei nell’incarto processuale”.
2.2- Sempre nella proposta, si è richiamato il principio secondo cui “e’ inammissibile per difetto di interesse il motivo di ricorso per cassazione con il quale la parte soccombente si dolga della mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari, quante volte essa non avrebbe potuto trarre alcun vantaggio dalla partecipazione al giudizio dei litisconsorti pretermessi, per essere risultate infondate tutte le altre censure mosse alla sentenza impugnata e per non potersi neppure astrattamente ipotizzare, in relazione all’atteggiarsi delle singole situazioni, che la partecipazione al giudizio dei litisconsorti sarebbe stata suscettibile di risolversi in una decisione di contenuto diverso e favorevole alla stessa parte soccombente. L’inutile reiterazione del giudizio l’altro contraria alle esigenze di economia strumentali all’attuazione del principio della durata del processo sancito dal novellato art. comma 2, u.p., che impone un’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni del codice di rito in chiave ancora più accentuatamente funzionale (cfr., sul punto, i diffusi rilievi di Cass. sez. un, n. 24883/2008), anche nel senso della tendenziale preclusione della rinnovazione di atti certamente insuscettibili di offrire risultati diversi da quelli già dati (Sez. 3, Sentenza n. 2461 del 2009 Sez. 2 -, Ordinanza n. 24071 del 26/09/2019)”.
Le argomentazioni poste a base della proposta del relatore appaiono al Collegio senz’altro condivisibili, ma si rendono necessarie alcune considerazioni ulteriori in risposta ai rilievi mossi dalla ricorrente con la memoria difensiva, con cui si addebita alla proposta del relatore da un lato un eccesso di formalismo (in ordine alla verifica del requisito della specificità dei motivi di ricorso con riferimento alla documentazione comprovante l’esistenza di altro comproprietario litisconsorte necessario legittimato a contraddire sulla domanda di usucapione) e dall’altro le si rimprovera una carenza di formalismo (con riferimento alla ritenuta superfluità della integrazione del contraddittorio).
Quanto al primo rilievo, relativo alla verifica della legittimazione a contraddire alla domanda di usucapione, va osservato che la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto (cfr. Sez. U, Sentenza n. 2951 del 16/02/2016 Rv. 638371). Data pubblicazione 03/12/2021 Nel caso di specie, né dal ricorso, né dalla sentenza impugnata risulta che i Giuliani (convenuti in riconvenzionale dalla F. sulla contrapposta domanda di usucapione) avessero riconosciuto “espressamente” l’esistenza anche di altro comproprietario del bene, o che avessero svolto difese incompatibili con la negazione dell’esistenza di altro comproprietario: la loro linea difensiva nei giudizi di merito risulta infatti incentrata esclusivamente sulla dimostrazione del loro diritto di proprietà sul bene e sulla assenza di prova, da parte della convenuta, di un possesso utile all’usucapione.
Quanto al tema dell’interesse ad agire, è il caso di aggiungere – sulla scia di un precedente specifico di questa Corte riguardante proprio una vicenda in tema di usucapione e litisconsorzio (cfr. Sez. 2, Ordinanza n. 24071 del 26/09/2019, puntualmente citata nella proposta, ma di fatto ignorata nel suo contenuto in memoria: cfr. pagg.9 e ss.) che la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i comproprietari di un bene oggetto di domanda di usucapione è funzionale, in primo luogo, alla tutela dei comproprietari, onde consentire loro di difendersi in un giudizio di accertamento di una situazione giuridica confliggente con quella preesistente (cfr. Cass. 5559/94); in secondo luogo, alla tutela dello stesso attore, onde impedire che, all’esito del giudizio, la sentenza che riconosca il diritto dal medesimo azionato risulti inutiliter data, in quanto inopponibile ai litisconsorti necessari pretermessi; che, a fronte di una sentenza di secondo grado che abbia invece rigettato la domanda di usucapione, non può ritenersi sussistente alcun interesse alla rinnovazione del giudizio in contraddittorio con i comproprietari pretermessi, ne né in capo a questi ultimi, né in capo all’attore; che, quanto ai comproprietari pretermessi, la suddetta sentenza non pregiudica in alcun modo i loro diritti, giacché essi, in sostanza, sono virtualmente vittoriosi nel giudizio in cui sono stati pretermessi; che, quanto all’attore, per costui è irrilevante, in ragione del contenuto della sentenza (di accertamento negativo del suo diritto), la non opponibilità della stessa ai litisconsorti necessari pretermessi.
E, sempre sulla scia del citato precedente, è il caso di osservare che l’odierna ricorrente non denunzia limitazioni al pieno dispiegamento del suo diritto di difesa ed al suo diritto al contraddittorio per effetto della mancata partecipazione al giudizio del litisconsorte pretermesso. In definitiva, l’unico interesse alla ripetizione del processo riconoscibile in capo all’odierna ricorrente è individuabile non nella esigenza di rimediare ad un vulnus recato al suo diritto di difesa ed al suo diritto al contraddittorio dalla mancata partecipazione al giudizio del litisconsorte necessario pretermesso, ma nella mera speranza che un nuovo giudizio si concluda con esito diverso da quello già celebrato (cfr. ordinanza Sez. 2, Ordinanza n. 24071 /2019 cit.).
Solo per completezza, la mancanza di un interesse meritevole di tutela ex art. 100 c.p.c. la si desume anche dalla precisa scelta difensiva di trascurare completamente proprio nell’atto di appello la questione del litisconsorzio, introdotta solo con la comparsa conclusionale.
Il ricorso pertanto va dichiarato inammissibile.
Essendo l’altra parte rimasta intimata, non va emessa pronuncia sulle spese.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2021
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