LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23325/2015 proposto da:
Assessorato Regionale Beni Culturali e Identità Siciliana, in persona dell’Assessore pro tempore, domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ex lege;
– ricorrente –
contro
Teco s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Somalia 250, studio dell’avvocato Francesco Punzo, presso l’avvocato Paolo Lo Verde, che lo rappresenta e difende in forza di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 85/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 23/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12/11/2020 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza dell’11/12/2006 il Tribunale di Palermo ha respinto, con aggravio di spese, le domande avanzate dalla Teco s.r.l. nei confronti dell’Assessorato ai Beni culturali e ambientali della Regione Sicilia (Soprintendenza per i beni culturali di Palermo), rivolte a ottenere il risarcimento dei danni conseguiti, dapprima, all’illegittimo diniego del prescritto nulla osta per la costruzione di un edificio nel Comune di ***** e, poi, per l’ingiustificato ritardo nell’emissione del provvedimento in seguito all’annullamento del parere negativo della Soprintendenza da parte del Giudica amministrativo.
2. Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello la Teco s.r.l., a cui ha resistito l’Assessorato appellato.
La Corte di appello di Palermo con sentenza non definitiva n. 85 del 23/1/2013, in riforma dell’impugnata sentenza e in accoglimento del gravame, ha condannato l’Assessorato al risarcimento dei danni nella misura da determinarsi in prosecuzione di giudizio.
Quindi la stessa Corte, con sentenza definitiva n. 1497 del 24/9/2014, ha liquidato i danni a favore della Teco in Euro 82.941,59 oltre accessori, condannando l’Assessorato al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
3. Avverso le predette sentenze non definitiva n. 85/2013, oggetto di riserva di impugnazione con atto del 9/3/2013, e definitiva n. 1487/2014, non notificata, ha proposto ricorso per cassazione l’Assessorato regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana con atto spedito per notifica a mezzo posta il 24/9/2015 e diretto alla Teco presso il difensore domiciliatario, avv. Paolo Lo Verde, presso il suo studio in *****, svolgendo cinque motivi.
L’Assessorato ricorrente ha dedotto:
con il primo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 1, difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo;
con il secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione di legge con riferimento all’art. 2907 c.c. e all’art. 99 c.p.c.;
con il terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione di legge con riferimento agli artt. 1372 e 2043 c.c. e art. 81 c.p.c.;
con il quarto motivo ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione di legge con riferimento all’art. 2043 c.c.;
con il quinto motivo il ricorrente impugna consequenzialmente anche la sentenza definitiva n. 1497/2014.
In data 7/12/2015 la Teco s.r.l. ha notificato all’Assessorato ricorrente controricorso, chiedendo di dichiarare l’inammissibilità o l’improcedibilità del ricorso per cassazione per inesistenza della notifica con conseguente decadenza dall’impugnazione.
La controricorrente ha fatto presente di aver appreso della proposizione del ricorso avversario, solo perchè aveva formulato istanza alla Corte di appello di Palermo per l’attestazione del passaggio in giudicato della sentenza n. 1497 del 24/9/2014, ricevendo così informazione dell’istanza ex art. 369 c.p.c., proposta dalla ricorrente, e di aver successivamente consultato i registri informatici della Corte di Cassazione.
La controricorrente ha sostenuto che il ricorso per cassazione avrebbe dovuto essere proposto nel termine annuale scadente il 26/10/2015, tenuto conto della sospensione feriale, e ha osservato che con ogni probabilità il ricorrente aveva tentato, ma non eseguito, la notifica a un indirizzo, quello di ***** che era quello del precedente studio palermitano del difensore, da tempo (nel 2011) trasferitosi in *****, come risultava dall’intestazione di numerosi atti difensivi scambiati nel corso del giudizio di appello.
Avverso le predette sentenze, non definitiva n. 85/2013 e definitiva n. 1487/2014, l’Assessorato regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana ha proposto ricorso per cassazione in rinnovazione con atto spedito per notifica a mezzo posta il 15/2/2016 e diretto alla Teco s.r.l. presso il difensore domiciliatario avv. Paolo Lo Verde presso il suo studio in *****, riproponendo i predetti cinque motivi.
Con atto notificato il 29/2/2016 ha proposto controricorso la Teco s.r.l., ribadendo la richiesta di dichiarazione di inammissibilità e improcedibilità del ricorso avversario.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. E’ necessaria una breve puntualizzazione preventiva dei fatti, processuali e storici, rilevanti per la decisione circa la tempestività del ricorso per cassazione dell’Assessorato.
1.1. La Teco s.r.l. con l’atto di appello notificato nel 2008 ha eletto domicilio presso lo studio palermitano, sito in *****, del proprio difensore avvocato Paolo Lo Verde, appartenente al Foro di Termini Imprese con studio in *****.
1.2. Nel corso del procedimento di appello, nel 2011, lo studio (secondario, evidentemente) di Palermo dell’avv. Lo Verde è stato trasferito in *****.
Tale circostanza non è stata oggetto di specifica comunicazione o di rinnovazione della domiciliazione; tuttavia la nuova ubicazione dello studio in questione risultava dalle indicazioni apposte a margine degli ultimi atti difensivi del procedimento (prima comparsa conclusionale del 9/11/2012; deduzioni alla c.t.u. del 31/10/2013, seconda comparsa conclusionale dell’8/5/2014).
1.3. Il termine ex art. 327 c.p.c., per la proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza non notificata della Corte di appello di Palermo del 24/9/2014 era annuale, trattandosi di giudizio promosso nel 1998.
Tenuto conto della sospensione feriale, il termine scadeva il 24/10/2015, cadente di sabato, e quindi ex art. 155 c.p.c., il 26/10/2015.
L’Assessorato ha tentato la notifica del ricorso per cassazione in data 24/9/2015.
Tale tentativo non ha sortito risultato utile, come riconosce piuttosto sinteticamente l’Assessorato nell’ultima pagina del ricorso per rinnovazione (“la notificazione non si perfezionava in ragione del trasferimento dello studio dell’Avv. Lo Verde avvenuto medio tempore”); con la memoria 27/10/2020 e con l’allegato 1 (avviso di ricevimento) con essa prodotto viene chiarito che in data 30/9/2015 l’avv. Lo Verde era risultato “trasferito”.
Il plico restituito al mittente è pervenuto a Roma (Ufficio Postale Centrale – Centro di *****) il 12/10/2015 (esito della spedizione allegato al secondo controricorso).
L’atto in rinnovazione è stato notificato solo il 15/2/2016.
1.4. Questa Corte ha recentemente affermato che qualora la notificazione dell’impugnazione presso il procuratore costituito non sia andata a buon fine, per non avere l’ufficiale giudiziario reperito detto procuratore nel luogo indicato dall’istante, la questione della conoscenza o conoscibilità del diverso recapito del procuratore medesimo, anche se il trasferimento non sia stato comunicato da controparte, non ha alcun rilievo giuridico, atteso che la rinnovazione della notificazione deve avvenire entro la scadenza del termine fissato per l’impugnazione. Detto termine, in quanto perentorio, non è prorogabile, nè soggetto a sospensione o interruzione se non nei casi previsti dalla legge, sicchè decorre durante il tempo necessario per le ricerche del nuovo recapito del procuratore destinatario, restando a carico dell’istante il rischio di decadenza per mancato rispetto del termine stesso (Sez. 5, n. 14083 del 07/06/2017, Rv. 644416 – 02).
Del resto – si è osservato – la notificazione di un atto di appello non compiutasi, perchè tentata presso il precedente recapito del difensore della controparte che abbia trasferito altrove il suo studio, è inesistente in rerum natura, ossia per totale mancanza materiale dell’atto, non avendo conseguito il suo scopo consistente nella consegna dell’atto al destinatario; essa non è pertanto suscettibile di sanatoria ex art. 156 c.p.c., comma 3, a seguito della costituzione in giudizio dell’appellato, nè di riattivazione del relativo procedimento, trattandosi di vizio imputabile al notificante in considerazione dell’agevole possibilità di accertare l’ubicazione dello studio attraverso la consultazione telematica dell’albo degli avvocati (Sez. 6 – 1, n. 17336 del 27/06/2019, Rv. 654717 – 01).
1.5. Nella fattispecie l’avv. Lo Verde apparteneva al Foro di Termini Imprese e il suo studio era in *****: pertanto la sua elezione di domicilio presso il suo (secondo) studio di *****, oggetto del trasferimento, era fuori dal circondario di assegnazione e non godeva quindi delle guarentigie scaturenti dalla pubblicità dello studio professionale.
Secondo le Sezioni Unite di questa Corte in tema di impugnazione, la notifica presso il procuratore costituito o domiciliatario va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro, da parte del notificante, delle risultanze dell’albo professionale, dovendosi escludere che tale onere di verifica attuabile anche per via informatica o telematica – arrechi un significativo pregiudizio temporale o impedisca di fruire, per l’intero, dei termini di impugnazione.
Ove, peraltro, la notifica in detti luoghi abbia avuto ugualmente esito negativo per caso fortuito o forza maggiore (per la mancata od intempestiva comunicazione del mutamento del domicilio o per il ritardo della sua annotazione ovvero per la morte del procuratore o, comunque, per altro fatto non imputabile al richiedente attestato dall’ufficiale giudiziario), il procedimento notificatorio, ancora nella fase perfezionativa per il notificante, può essere riattivato e concluso, anche dopo il decorso dei relativi termini, mediante istanza al giudice ad quem, corredata dall’attestazione dell’omessa notifica, di fissazione di un termine perentorio per il completamento della notificazione ovvero, ove la tardiva notifica dell’atto di impugnazione possa comportare la nullità per il mancato rispetto dei termini di comparizione, per la rinnovazione dell’impugnazione ai sensi dell’art. 164 c.p.c. (Sez. U., n. 3818 del 18/02/2009, Rv. 607092 01; vedasi anche Sez. 6 – 3, n. 24660 del 19/10/2017, Rv. 645929 – 01).
La successiva sentenza delle Sezioni Unite n. 17352 del 24/07/2009 (Rv. 609264 – 01) ha precisato che qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, semprechè la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie.
1.6. Nella specie, tuttavia l’avv. Lo Verde, pur non avendo comunicato il trasferimento in modo formale, aveva pur sempre indicato il nuovo recapito nell’intestazione degli atti processuali successivi scambiati con la controparte.
La parte ricorrente, anche in difetto di formale comunicazione, era quindi in possesso di utili elementi per rendersi conto preventivamente alla notificazione del trasferimento dello studio del difensore domiciliatario e regolarsi di conseguenza, visto che la cosa risultava da vari atti processuali scambiati nel corso del procedimento.
Nel caso difetta perciò il requisito del fallimento della notificazione per circostanze non imputabili al richiedente.
E’ stato infatti ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione notificato tempestivamente presso il precedente indirizzo del difensore della controparte nonostante la conoscenza o conoscibilità dell’intervenuto trasferimento dello studio (nella specie, risultante dagli atti difensivi e dalla corrispondenza posteriore), non potendosi applicare il principio secondo il quale è legittima la ripresa del procedimento notificatorio in esito all’insuccesso di un precedente tentativo di notificazione, che postula la non imputabilità al richiedente della mancata esecuzione della precedente notificazione (Sez. 1, n. 16040 del 29/07/2015, Rv. 636507 – 01).
1.7. In ogni caso, anche superando il predetto profilo, la riattivazione del procedimento notificatorio non è stata posta in essere tempestivamente dall’attuale ricorrente.
1.7.1. In primo luogo, come risulta dimostrato da parte controricorrente, nel silenzio serbato sul punto da parte ricorrente, la difesa dell’Assessorato è stata presumibilmente posta in condizione di conoscere l’esito negativo della notifica in una data in cui disponeva ancora di un congruo margine temporale prima della scadenza del termine ex art. 327 c.p.c. e ben avrebbe potuto attivarsi senza incorrere in alcuna decadenza.
Infatti l’Assessorato con la propria memoria (pag. 7) si limita a genericamente a sostenere che la raccomandata a/r pervenuta dalla Sicilia all’Ufficio Postale Centrale – Centro di ***** (12/10/2015 ut supra) era stata consegnata “successivamente” all’Avvocatura Generale dello Stato, senza però indicare la data e tantomeno se questa data era o meno anteriore alla scadenza del termine per impugnare (26/10/2015).
Tale difetto di specificità impedisce al ricorrente di dimostrare di aver riattivato tempestivamente il procedimento notificatorio ed ancor prima di essere stato informato dell’esito negativo della notificazione in un momento in cui non avrebbe più potuto notificare tempestivamente il ricorso per cassazione.
1.7.2. In secondo luogo, non sussiste certamente nella fattispecie l’ulteriore requisito della celere e tempestiva attivazione poichè il ricorrente ha lasciato decorrere circa quattro mesi (12/10/201515/2/2016) prima della rinnovazione.
Secondo la sentenza delle Sezioni Unite, n. 14594 del 15/07/2016 (Rv. 640441 – 01) in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c. (e cioè trenta giorni per il ricorso per cassazione) salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa.
1.7.3. Nella memoria illustrativa l’Assessorato ricorrente, per sottrarsi al principio sancito dalla sentenza delle Sezioni Unite invoca la teorica del c.d. prospective overruling perchè la sua notifica in riattivazione era avvenuta prima della pubblicazione della sentenza n. 14594 del 2016.
Anche a non voler insistere sul dirimente aspetto dell’anteriorità della restituzione del plico non notificato alla scadenza del termine per impugnare, occorre considerare che la sentenza n. 14594 del 2016 non ha operato alcun revirement giurisprudenziale ma ha solo conferito concretezza applicativa al principio giurisprudenziale preesistente, che già esigeva dall’autore della notificazione fallita una solerte attivazione in tempi ragionevoli.
Già la sentenza delle Sezioni Unite n. 17352 del 2009 aveva proclamato che l’iniziativa per la ripresa del procedimento notificatorio doveva intervenire entro un tempo ragionevole, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per venire a conoscenza dell’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie.
Specificamente in termini si è espressa l’ordinanza della Sez. 6 – L, n. 8445 del 05/04/2018, Rv. 647572 – 01, che ha ritenuto tardiva la notifica avvenuta oltre i termini di cui all’art. 327 c.p.c., a seguito dell’esito negativo di una prima notifica, nel caso in cui la parte non abbia riattivato il processo notificatorio entro la metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., misura questa assunta detta come parametro di tempestività, ai fini dell’individuazione del tempo ragionevole per la ripresa del procedimento, dalla più recente giurisprudenza. In tal modo, la giurisprudenza, infatti, ha solo definito i contorni del criterio del c.d. “tempo ragionevole” già in precedenza enunciato, senza che ciò possa qualificarsi come un’ipotesi di overruling rilevante ai fini della rimessione in termini, non costituendo un mutamento di orientamento repentino ed inopinato, che richieda una tutela dell’affidamento incolpevole della parte nella regola in precedenza enunciata.
Infatti l’affidamento qualificato in un consolidato indirizzo interpretativo di norme processuali, come tale meritevole di tutela con il prospective overruling, è riconoscibile solo in presenza di stabili approdi interpretativi della Suprema Corte, eventualmente a Sezioni Unite, i quali soltanto assumono il valore di communis opinio tra gli operatori del diritto, se connotati dai caratteri di costanza e ripetizione, mentre la giurisprudenza di merito non può valere a giustificare il detto affidamento qualificato, atteso che alcune pronunce adottate in sede di merito non sono idonee ad integrare un diritto vivente.
Il prospective overruling è finalizzato a porre la parte al riparo dagli effetti processuali pregiudizievoli (nullità, decadenze, preclusioni, inammissibilità) di mutamenti imprevedibili della giurisprudenza di legittimità su norme regolatrici del processo sterilizzandoli, così consentendosi all’atto compiuto con modalità ed in forme ossequiose dell’orientamento giurisprudenziale successivamente ripudiato, ma dominante al momento del compimento dell’atto, di produrre ugualmente i suoi effetti, mentre non è invocabile nell’ipotesi in cui il nuovo indirizzo giurisprudenziale di legittimità sia ampliativo di facoltà e poteri processuali che la parte non abbia esercitato per un’erronea interpretazione delle norme processuali in senso auto-limitativo, non indotta dalla giurisprudenza di legittimità, derivando l’effetto pregiudizievole direttamente ed esclusivamente dall’errore interpretativo della parte. (Sez. U, n. 4135 del 12/02/2019, Rv. 652852 – 01).
2. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile per intempestività.
Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte;
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate nella somma di Euro 7.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 12 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021