Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.39236 del 10/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21778/2019 proposto da:

M.C., C.G.M., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA ATTILIO FRIGGERI 106, presso lo studio dell’avvocato MICHELE TAMPONI, che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato PASQUALE PIZZUTI;

– ricorrenti –

contro

GENERALI ITALIA SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PINTURICCHIO, 204, presso lo studio dell’avvocato ANNA PAOLA MORMINO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

P.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2289/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 04/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/06/2021 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

lette le conclusioni scritte rassegnate dal P.M., Dott. FRESA Mario.

FATTI DI CAUSA

M.C. e C.G.M. agirono nei confronti di P.B. e della sua assicuratrice r.c.a. Assitalia s.p.a. per ottenere il risarcimento dei danni conseguiti al decesso di C.F. (rispettivamente, coniuge e padre delle attrici) avvenuto a causa di un sinistro stradale – verificatosi il ***** – che aveva coinvolto la vettura di proprietà del P. in cui la vittima era trasportata.

Mentre il Tribunale dichiarò improponibile la domanda (L. n. 990 del 1969, ex art. 22), la Corte di Appello la rigettò nel merito, con sentenza che venne cassata dalla Corte di Cassazione.

In sede di rinvio, la Corte di Appello di Roma emise sentenza n. 5105/2004 con cui condannò i convenuti al risarcimento dei danni, quantificandoli in oltre 431.000,00 Euro e dichiarando l’assicuratrice tenuta solo fino a concorrenza dell’importo di 64.557,10 Euro, pari al massimale (di 50 milioni di Lire) maggiorato del danno da ritardato pagamento.

Passata in giudicato la sentenza, la M. e la C. si surrogarono al P. per ottenere dalla Ina Assitalia il risarcimento dei danni per mala gestio propria dell’assicuratrice, convenendo il giudizio la medesima e il P..

Il Tribunale rigettò la domanda accogliendo l’eccezione di giudicato sollevata dalla Compagnia, con sentenza che venne confermata dalla Corte di Appello.

Questa Corte – con la sentenza n. 16285 del 2016 – cassò la sentenza di secondo grado, ritenendo fondato il motivo con cui le ricorrenti avevano sostenuto che la sentenza n. 5105/2004 non aveva determinato un giudicato sull’azione di risarcimento per mala gestio propria, in quanto tale azione non era esperibile prima dell’anzidetta pronuncia.

Riassunto il giudizio in sede di rinvio, la Corte di Appello di Roma ha accolto l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Generali Italia s.p.a. (già Ina Assitalia), rilevando che:

l’azione risarcitoria per mala gestio propria può essere esercitata, oltre che dall’assicurato iure proprio, anche dal danneggiato ai sensi dell’art. 2900 c.c.;

avendo ad oggetto il riconoscimento di un diritto nascente direttamente dal contratto di assicurazione, l’azione è soggetta al termine di prescrizione di un anno, ai sensi dell’art. 2952 c.c., comma 3 (nel testo applicabile ratione temporis);

tale termine resta tuttavia sospeso a seguito della comunicazione, da parte dell’assicurato, della richiesta del danneggiato o della proposizione, da parte dello stesso, dell’azione giudiziaria, e ciò fino a quando il credito del danneggiato non sia divenuto liquido ed esigibile oppure non sia prescritto;

nello specifico, il termine di prescrizione dell’azione per mala gestio “e’ rimasto sospeso fino a quando il credito risarcitorio di M.C. e C.G.M. accertato con la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 5105 del 2004 è divenuto liquido ed esigibile”;

“il termine di prescrizione ha ripreso a decorrere, pertanto, per il P., dalla data della pronuncia di secondo grado depositata in data 29 novembre 2004, avendo la sentenza di appello efficacia esecutiva immediata ed essendo, tra l’altro, la stessa passata in giudicato il 12 marzo 2005, allo spirare del termine breve dell’impugnazione, essendo stata notificata la sentenza alla Compagnia il giorno 11 gennaio 2005”;

l’azione surrogatoria proposta dalla M. e dalla C. con atto di citazione notificato in data 27.3.2006 risultava pertanto tardiva “rispetto al termine di prescrizione annuale stabilito dal previgente art. 2052 c.c., scaduto il 29 novembre 2004 (ovvero il 12 marzo 2005 secondo la prospettazione della convenuta in riassunzione)”, da ciò conseguendo che la domanda doveva essere rigettata per intervenuta prescrizione del diritto azionato.

Hanno proposto ricorso per cassazione la M. e la C., affidandosi a sette motivi; ha resistito, con controricorso, la Generali Italia s.p.a..

Il Collegio ha proceduto in Camera di consiglio ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con L. n. 176 del 2020, in mancanza di richiesta di discussione orale.

Il P.M. ha depositato conclusioni ai sensi del citato art. 23, comma 8-bis, chiedendo l’accoglimento del ricorso in parte qua, con assorbimento dei restanti motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, le ricorrenti denunciano la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, rilevando che la Corte di Appello non ha chiarito “in alcun modo quale sarebbe stato il termine prescrizionale che le odierne ricorrenti avrebbero dovuto rispettare”; rilevano, infatti, che la medesima data del 29.11.2004 era stata indicata sia come termine iniziale della prescrizione che come termine finale in cui la stessa era maturata.

1.1. Il motivo è infondato: dall’esame della complessiva motivazione si evince chiaramente che l’indicazione del 29.11.2004 come termine finale è frutto di un errore materiale, giacché, essendo correlato alla scadenza del “termine di prescrizione annuale” decorrente dal 29.11.2004, esso non può che essere individuato nel 29.11.2005.

2. Il secondo motivo deduce la violazione o la falsa applicazione del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 144, comma 4, sull’assunto che l’azione diretta spettante al danneggiato nei confronti dell’impresa di assicurazione è soggettata al termine di prescrizione cui sarebbe soggetta l’azione verso il responsabile; termine biennale (ex art. 2947 c.c., comma 2) che – a tutto concedere – non era spirato prima del 29.11.2006.

2.1. Il motivo è manifestamente infondato, in quanto non tiene conto che l’azione svolta dalle odierne ricorrenti non è quella diretta spettante al danneggiato nei confronti dell’assicuratore del responsabile, bensì quella spettante allo stesso assicurato nei confronti della propria compagnia, che non muta natura per essere stata proposta in via surrogatoria.

3. Il terzo motivo denuncia “violazione o falsa applicazione dell’art. 2952 c.c., comma 4, in combinato disposto con l’art. 2900 c.c.”.

Assumono le ricorrenti che l’affermazione della Corte secondo cui il termine di prescrizione sarebbe cominciato a decorrere dal 29.11.2004, “avendo la sentenza d’appello efficacia esecutiva”, ovvero dal 12.3.2005, data nella quale sarebbe spirato il termine breve dell’impugnazione “essendo stata notificata la sentenza alla Compagnia il giorno 11 gennaio 2005”, è viziata da plurime violazioni dell’art. 2952 c.c., n. 4, in quanto:

il riferimento della norma al momento in cui il credito sia divenuto liquido ed esigibile deve intendersi effettuato “a liquidità ed esigibilità conseguenti a sentenza passata in giudicato, a nulla rilevando la circostanza (…) che la sentenza di appello ha efficacia esecutiva immediata”;

non rileva la circostanza che la sentenza fosse stata notificata alla compagnia assicuratrice in data 11.1.2005, giacché, trattandosi dell’azione per mala gestio propria che l’assicurato avrebbe potuto proporre nei confronti dell’assicurazione, assume rilevanza decisiva il fatto che fosse mancata la notifica al medesimo, “posto che la notifica della sentenza n. 5105/204 alla sola Compagnia non lo aveva in alcun modo privato del diritto di azionare la domanda per mala gestio propria”;

ne consegue che, “se il termine “lungo” veniva a scadenza il 30 gennaio 2006 (…), certamente tempestiva era l’iniziativa surrogatoria assunta dalle odierne ricorrenti il 27 marzo 2006", una volta delineatasi l’inerzia dell’assicurato, dovendosi considerare che “nessuna decadenza o prescrizione poteva dunque essere dedotta per esse, mostratesi assolutamente solerti e tempestive, pacifico essendo che ad un’ipotetica iniziativa avviata in precedenza sarebbe risultato eccepibile il difetto del presupposto dell’inerzia su cui l’art. 2900 c.c., fonda l’azione surrogatoria”;

3.1. Il motivo risulta fondato, in quanto:

e’ corretto l’assunto delle ricorrenti secondo cui la cessazione della sospensione del corso della prescrizione prevista dall’art. 2952 c.c., comma 2, consegue soltanto alla liquidità ed esigibilità del credito accertato con sentenza passata in giudicato;

ciò alla stregua di un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità al quale deve darsi continuità;

invero, questa Corte ha affermato che “nei rapporti tra assicuratore della responsabilità civile ed assicurato ai fini della cessazione della sospensione della prescrizione inerente ai diritti dell’assicurato, iniziatasi per effetto della comunicazione all’assicuratore della richiesta del terzo danneggiato o dell’azione da costui proposta, non è sufficiente una sentenza di condanna, anche se esecutiva, dell’assicurato al risarcimento del danno nei confronti del terzo danneggiato, ma è invece necessario, ove la determinazione quantitativa del credito dell’assicurato avvenga giudizialmente, che la sentenza sia passata in giudicato” (Cass. n. 1872/2006); più specificamente, si è ritenuto che, “in tema di assicurazione della responsabilità civile, anche quando l’azione nei confronti dell’assicuratore sia esercitata in via surrogatoria dal terzo danneggiato, ai fini della cessazione della sospensione della prescrizione inerente ai diritti dell’assicurato, iniziata per effetto della comunicazione all’assicuratore della richiesta del terzo o dell’azione dallo stesso proposta, non è sufficiente una sentenza, seppur esecutiva, di condanna dell’assicurato al risarcimento del danno nei confronti del danneggiato, ma è invece necessario, ove la determinazione quantitativa del credito dell’assicurato avvenga giudizialmente, che la sentenza sia passata in giudicato” (Cass. n. 10091/2014); nel senso della necessità della “definitiva liquidità ed esigibilità del credito” del terzo danneggiato si sono espresse anche Cass. n. 10595/2000, Cass. n. 15362/2006 e Cass. n. 4548/2014;

deve pertanto ritenersi che non rilevi, ai fini della cessazione della sospensione della prescrizione, il mero dato della pronuncia di una sentenza esecutiva (ex lege), richiedendosi anche la definitività dell’accertamento del credito risarcitorio;

nel caso di specie, la Corte si è limitata a rilevare (a pag. 10) che la sentenza era stata notificata alla Compagnia in data 11.1.2005, senza accertare se la stessa fosse stata notificata o meno anche al P. e senza prendere posizione sulla questione del mancato perfezionamento della notifica della sentenza nei suoi confronti;

un siffatto accertamento riveste carattere decisivo, giacché la cessazione della sospensione del corso della prescrizione e l’eventuale maturazione del termine annuale dovevano essere verificate in relazione alla posizione dell’assicurato cui le odierne ricorrenti si sono surrogate; atteso, infatti, che la prescrizione presuppone l’inerzia del titolare del credito, non appare predicabile una siffatta inerzia del P. (nell’esercizio dell’azione per mala gestio propria) prima che la sentenza di condanna fosse divenuta definitiva nei suoi confronti;

la sentenza impugnata va dunque cassata sul punto, con rinvio alla Corte di merito perché riesamini la questione della prescrizione alla luce dei principi sopra richiamati e avendo riguardo al momento in cui la sentenza n. 5105/2004 è divenuta definitiva nei confronti del P..

4. Il quarto motivo deduce, sotto il profilo dell’omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, la mancata considerazione del fatto che era mancata la notifica della sentenza n. 5105/2004 al P..

5. Col quinto motivo (che deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 144 e art. 2952 c.c., “in combinato disposto con gli artt. 2946 e 2947 c.c.”), le ricorrenti censurano la sentenza impugnata “nella parte in cui assimila l’azione risarcitoria per mala gestio propria ai “diritti derivanti dal contratto di assicurazione”, sostenendo che non trova “applicazione il termine prescrizionale breve di cui all’art. 2952 c.c., bensì quello ordinario, sancito in via generale dall’art. 2946 c.c., per la responsabilità da inadempimento di un”obbligazione e dall’art. 2947 c.c., per gli illeciti extracontrattuali”.

6. Il sesto motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2900 c.c. sul rilievo che “soltanto una volta configuratosi nella sua integrità la trascuratezza del debitore il creditore possa agire a lui surrogandosi”.

7. Il settimo motivo censura il regolamento delle spese di lite.

8. I motivi dal quarto al settimo restano assorbiti a seguito dell’accoglimento del terzo.

9. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigettati il primo e il secondo motivo, accoglie il terzo e dichiara assorbiti gli altri; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2021

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