LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Z.T., rappresentato e difeso per procura speciale in calce al ricorso dagli Avvocati Marco Ripamonti, Luca Chiodi, e Carlo Lepore, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Cassiodoro n. 6.
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del direttore, e Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 2.
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 3639 della Corte di appello di Milano, depositata il 6 dicembre 2016.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 3639 del 6.12.2016 la Corte di appello di Milano rigettò l’appello proposto da Z.T., titolare della ditta Jackpot, per la riforma della decisione di primo grado che aveva respinto la sua opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione con la quale l’Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato, Agenzia delle Dogane, gli aveva irrogato la sanzione amministrativa per la violazione dell’art. 110, commi 6, 7, 9 e 9 bis, T.U.L.P.S., per avere installato o comunque messo a disposizione nel proprio locale adibito a sala giochi n. 6 apparecchi videoterminali non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni di cui all’art. 110, comma 6 lett. b, citato. La Corte territoriale ritenne esistente la violazione contestata rilevando che dall’accertamento svolto era risultato che gli apparecchi installati consentivano il collegamento con una piattaforma telematica di raccolta di giochi a distanza, denominata *****, dove era possibile accedere a giochi d’azzardo (quali poker Texas hold’em), a scommesse on line (quali lotto, gratta e vinci) e giochi a rulli virtuali e che tali apparecchi non erano collegati alla rete telematica di cui al D.P.R. n. 640 del 1972, art. 14 bis, erano privi di codice identificativo verifica/videolottery, e non osservavano le prescrizioni di cui al decreto direttoriale AAMS del 22.2.2010. Precisò quindi che il fatto accertato a carico dello Z. integrava la fattispecie vietata dalla citata disposizione, la quale sanziona la messa a disposizione di ” qualunque specie di apparecchi videoterminali non rispondenti alle caratteristiche di cui al comma 6, lett. b”. Con atto notificato il 31.5.2017, Z.T. ricorre per la cassazione di questa decisione, sulla base di 5 motivi.
Resistono con controricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e il Ministero delle Finanze.
La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata.
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 110 T.U.L.P.S. in relazione al D.L. n. 223 del 2006, art. 38, ed al decreto del Ministero delle Finanze 17. 9. 2017, recante regolamento per la disciplina dei giochi di abilità a distanza con vincita in denaro.
Il ricorso censura la decisione impugnata per avere applicato la normativa destinata al gioco d’azzardo a quella degli skill games e dei PDC-PVR, che invece sono “giochi di abilità a distanza con vincita in denaro” e sono soggetti alla disciplina di cui all’art. 38 citato, richiamando per gli skill games la pronuncia di questa Corte, sezione terza penale, n. 28412 del 2012, che ha escluso che il gioco poker Texas hold’em sia un gioco d’azzardo. Si lamenta inoltre l’omessa considerazione del decreto del Ministero delle Finanze 17. 9. 2017, che specifica quali siano i giochi che i concessionari pubblici possono offrire agli utenti e rinvia ad una black list dei siti non autorizzati, tra cui non compaiono quelli elencati nel verbale di accertamento.
Il motivo appare inammissibile in quanto, come dedotto nel controricorso, non attacca l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha rigettato l’appello e ritenuto sussistente la violazione sulla base della considerazione che “la disposizione di cui all’art. 110, comma 9 lett. f ter TULPS ha introdotto una nuova ipotesi sanzionatoria, che sanziona chiunque consente, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, di effettuare giochi on line, in assenza dei prescritti provvedimenti autorizzativi, a prescindere dalla natura del gioco effettuato”. Il mezzo si limita invero a contestare tale decisione per avere qualificato i giochi utilizzabili attraverso la piattaforma ***** “giochi d’azzardo”, mentre la Corte territoriale ha ravvisato la fattispecie sanzionatoria “a prescindere dalla natura del gioco effettuato”.
Ne’ il motivo censura l’affermazione della Corte territoriale laddove ha rilevato l’esistenza della violazione per non essere gli apparecchi rispondenti alle prescrizioni di cui al comma 6, lett. b), in particolare per non essere gli stessi collegati alla rete telematica di cui al D.P.R. n. 640 del 1972, art. 14 bis. Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 12 disp. gen., in relazione all’art. 110, comma 9, lett. f-ter T.U.L.P.S. e al D.L. n. 223 del 2006, art. 38, comma 1, lett. b) ed al D.M. Finanze 17 settembre 2017, recante regolamento per la disciplina dei giochi di abilità a distanza con vincita in denaro, lamentando che la Corte milanese nell’interpretare l’art. 110, comma 9, lett. f-ter citato, non abbia tenuto conto della reale intenzione del legislatore e la connessione ed il significato delle parole utilizzate.
Il mezzo è inammissibile per genericità, non formulando critiche specifiche, diverse da quelle indicate nel motivo precedente, alla interpretazione accolta dalla Corte d’appello.
Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione della L. n. 73 del 2010, art. 2, comma 2 bis, assumendo che la Corte d’appello è caduta in errore laddove ha ritenuto che tale disposizione avrebbe modificato la normativa relativa ai c.d. punti di commercializzazione rendendo vietata la raccolta di giochi con vincita in denaro espletata presso sedi diverse da quelle autorizzate o con apparecchiature che non ne permettano la partecipazione telematica, atteso che tale normativa si applica al diverso caso dei giochi su base fisica e non a quelli, come nella fattispecie, su base da remoto. Si richiama a sostegno la sentenza n. 23640 del 2013 di questa Corte, III sez. penale, secondo cui il concessionario autorizzato può avvalersi di postazioni che riproducano il gioco e finalizzate alla relativa raccolta poste all’interno dei punti di commercializzazione e la circolare AAMS 8.6.2006, che ha precisato che il punto di commercializzazione può svolgere attività promozionale del gioco a distanza, fornendo anche la dotazione tecnologica e ricariche di conti gioco.
Il motivo risulta assorbito dal rigetto dei motivi precedenti, tenuto conto che le considerazioni sopra indicate svolte dalla sentenza impugnata appaiono di per sé idonee e sufficienti a sostenere e giustificare il rigetto dell’opposizione. Il quarto motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 9, assumendo che applicando la disciplina dei giochi d’azzardo anche agli skill games la Corte territoriale ha violato il principio di specialità, essendo questi ultimi soggetti al D.L. n. 223 del 2006, da considerarsi lex specialis.
Anche questa censura va dichiarata assorbita per le ragioni sopra indicate. Il quinto motivo di ricorso denunzia violazione o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 3, censurando la decisione per non avere esaminato il motivo di appello con cui la parte reiterava la deduzione difensiva circa l’insussistenza dell’elemento soggettivo della violazione, omettendo qualsiasi valutazione delle circostanze concrete addotte per dimostrare che egli aveva posto in essere la condotta sanzionata sulla base di un giustificato affidamento circa la sua legittimità.
Il motivo è fondato.
Dalla lettura della sentenza impugnata emerge infatti il vizio di omessa pronuncia denunziato dal motivo, non avendo la Corte territoriale esaminato la censura con cui l’atto di appello (pag. 28 e seguenti) lamentava che non fosse stata riconosciuta la mancanza dell’elemento soggettivo della violazione contestata.
I primi quattro motivi di ricorso vanno pertanto respinti, mentre va accolto il quinto. La sentenza è quindi cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di appello, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
rigetta i primi quattro motivi di ricorso, accoglie il quinto, cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Così deciso in Roma, il 23 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2021