Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.40281 del 15/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20231/2018 proposto da:

B.S.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via Magna Grecia n. 65, presso lo studio della Dott.ssa Cristiano Giulia, rappresentato e difeso dall’avvocato Cristiano Giuseppe, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.M., in proprio e quale rappresentante dei figli B.S.A. e B.S.G., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato La Rocca Giuseppe, giusta procura in calce ai controricorso;

– controricorrente –

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/10/2021 dal cons. FALABELLA MASSIMO.

FATTI DI CAUSA

1. – I.M. ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Caltagirone del 19 gennaio 2016 con cui era stata accolta solo in parte, per la somma di Euro 3.025,57, la domanda dell’appellante – di rimborso di spese straordinarie per il mantenimento della prole, quantificate nella misura di complessivi Euro 32.229,84 per gli anni tra il 2005 e il 2015 – proposta nei confronti dal coniuge da cui era divorziata, B.S.S..

La Corte di appello di Catania, con sentenza pubblicata il 6 aprile 2018, ha accolto parzialmente il gravame e, in riforma della sentenza impugnata, ha condannato B.S., costituito nella fase di gravame, al pagamento della somma di Euro 23.718,32, oltre interessi legali.

Per quel che qui rileva, la Corte distrettuale ha osservato che il titolo che assumeva rilievo ai fini del mantenimento della prole era costituito dalla sentenza di divorzio pronunciata dalla Corte di appello il 2 luglio 2012: la sentenza era stata resa in esito a un giudizio introdotto in primo grado il 18 giugno 2008 e regolava pacificamente il mantenimento della prole da quella data. Il giudice del gravame ha osservato che nella detta pronuncia era spiegato che dovevano intendersi per spese straordinarie, da ripartirsi al 50% tra i genitori, non soltanto le spese mediche e scolastiche, ma tutte quelle spese, con l’esclusione degli esborsi voluttuari, che si rendevano necessarie nell’interesse dei figli: in particolare, rientravano tra le spese straordinarie anche quelle di istruzione che potevano considerarsi non necessariamente soltanto imprevedibili, ma anche imponderabili e di significativa rilevanza rispetto al contributo fisso stabilito, e la cui inclusione forfettaria nell’assegno avrebbe alterato il principio di proporzionalità e costretto comunque “la madre a far fronte alle suddette esigenze da sola, alterando il principio di proporzionalità nella contribuzione, o i figli a privarsi di altri indispensabili apporti”. Con riguardo al periodo antecedente al 18 giugno 2008, la Corte di merito ha rammentato che le condizioni della separazione, omologate nel 2006, stabilivano un assegno mensile per i figli nella misura di Euro 500,00, senza nulla prevedere quanto alle spese straordinarie. Ha aggiunto che il giudice di primo grado aveva ritenuto che, anche in assenza di un titolo specifico, sussistesse comunque l’obbligo di rimborso del 50% delle spese straordinarie sostenute e che tale criterio appariva corretto, dovendosi salvaguardare il principio di proporzionalità: in tal senso, secondo il giudice del gravame, dovevano considerarsi spese straordinarie, per la loro rilevanza e imponderabilità, le tasse universitarie e le spese di locazione dell’alloggio per studenti.

2. – Contro la sentenza della Corte di appello di Catania ricorre, con due motivi, B.S.S.. Resiste con controricorso I.M..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo è denunciata la violazione o falsa applicazione della L. n. 890 del 1970, art. 6, oltre che egli artt. 316, 316 bis, 337 bis, 337 quater, 113,115 e 116 c.p.c.. La Corte di appello avrebbe errato nel ritenere che il mantenimento dei figli sia regolato dal principio di proporzionalità, in forza del quale il giudice è libero di modulare il regolamento del regime della contribuzione scegliendo la soluzione più adatta al caso concreto. E’ inoltre è osservato come secondo la Corte distrettuale sarebbero straordinarie, o meglio separatamente rimborsabili, quelle spese imprevedibili oppure rilevanti come peso economico, tali da esorbitare dal budget domestico: per valutare se, poi, un certo tipo di spesa sia compresa o meno nell’assegno fisso, dovrebbe guardarsi al titolo, onde verificare come il giudice ha regolato il mantenimento della prole. E’ ricordato però che la Corte di Catania, in considerazione delle nuove esigenze economiche dei figli, aveva aumentato l’assegno di mantenimento a carico dell’istante ritenendo che l’iscrizione all’università della figlia A. e lo svolgimento del tirocinio del figlio G. nuovi motivi che giustificavano l’aumento dell’assegno di mantenimento in questione. E’ dedotto che, guardando al titolo dell’attribuzione patrimoniale, le spese in questione non potevano considerarsi di natura straordinaria.

Il secondo motivo pure prospetta la violazione o falsa applicazione della L. n. 890 del 1970, art. 6, oltre che egli artt. 316, 316 bis, 337 bis, 337 quater, 113,115 e 116 c.p.c.. Premette il ricorrente che la Corte di appello aveva ritenuto infondata la contestazione mossa dal ricorrente riguardo al dovere di concordare le spese relative alla scelta del percorso di studi e i costi connessi all’università. Il fatto che i figli abbiano raggiunto la maggiore età e non siano in condizioni di autosufficienza economica – osserva l’istante – non esclude che i genitori, tenuti comunque a mantenere i figli, siano obbligati a concordare le spese da affrontare per sostenerne le scelte. Ne discenderebbe che la parte la quale richieda il rimborso di spese sostenute per i figli abbia l’onere di provare di aver provveduto a consultare preventivamente l’altro coniuge: nel caso di specie risulterebbe invece pacifico che I.M. non abbia neanche affermato di aver mai interpellato il marito. Si deduce poi che la scelta del percorso universitario è bensì rimessa al figlio maggiorenne, ma che è dovere dei genitori mantenerlo agli studi se proficui e compatibili con il tenore di vita della famiglia (precisazione, questa, contenuta nella sentenza impugnata). Ebbene la controparte non avrebbe mai dedotto, nel corso del giudizio, che la figlia A., che aveva 29 anni, avesse completato gli studi di giurisprudenza e che il figlio G., di 33 anni, avesse conseguito la laurea magistrale o avesse intrapreso l’attività professionale. E lamentato, infine, che non risultava effettuata alcuna verifica, da parte dei giudici di merito, quanto al tenore di vita della famiglia compatibile con le spese in questione.

Il primo motivo è fondato E’ pacifico che la sentenza di divorzio regolasse il mantenimento della prole con effetto retroattivo dal momento dell’introduzione del giudizio: la relativa affermazione della Corte di merito (pag. 5 della sentenza impugnata) non risulta censurata.

Secondo la giurisprudenza di questa S.C., in tema di mantenimento della prole, devono intendersi spese “straordinarie” quelle che, per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli, cosicché la loro inclusione in via forfettaria nell’ammontare dell’assegno, posto a carico di uno dei genitori, può rivelarsi in contrasto con il principio di proporzionalità sancito dall’art. 155 c.c. e con quello dell’adeguatezza del mantenimento, nonché recare grave nocumento alla prole, che potrebbe essere privata, non consentendolo le possibilità economiche del solo genitore beneficiario dell’assegno “cumulativo”, di cure necessarie o di altri indispensabili apporti (Cass. 23 gennaio 2020, n. 1562; Cass. 8 giugno 2012, n. 9372).

Nella specie, la Corte di appello, con la sentenza del 9 luglio 2012, oltre a rilevare che l’obbligo di entrambi i genitori di concorrere al 50% dell’impegno economico correlato alle spese straordinarie non era riferito alle sole spese mediche e scolastiche, ha rideterminato l’assegno cui era tenuto il ricorrente per il mantenimento di A. e G. nella misura di Euro 700,00 mensili per ciascuno dei due figli. Tale incremento, rispetto all’originario importo di Euro 500.00 stabilito in sede di separazione, è stato giustificato dalle maggiori esigenze dei figli stessi, visto che A. era “studentessa universitaria a Catania” e G. aveva esigenze economiche “connesse allo svolgimento del tirocinio professionale, non costituente attività retribuita”.

Nel quadro della nominata statuizione, dunque, gli esborsi imposti dalle richiamate condizioni non assurgono a oneri economici che, nella loro imprevedibilità o imponderabilità, esulano dall’ordinario regime di vita dei figli. La sentenza impugnata avrebbe dovuto confrontarsi con l’intera decisione assunta in tema di cessazione degli effetti civili del matrimonio dalla Corte di appello il 9 luglio 2012 e verificare, conseguentemente, se, alla luce del disposto incremento dell’assegno di mantenimento, tutte o alcune delle voci di spesa sostenuta prima dell’inizio del giudizio di divorzio assumessero il connotato della straordinarietà, nel senso sopra indicato.

Quanto al secondo motivo, esso resta assorbito, in quanto è stato formulato in via subordinata, per il caso in cui il primo motivo non fosse ritenuto fondato.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Oscuramento dei dati personali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 1a Sezione Civile, il 13 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2021

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