Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.403 del 13/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 12346/2019 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato Paolo Campostrini, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 798/2018 della Corte d’appello di Caltanissetta, depositata il 20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/11/2020 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Caltanissetta, con ordinanza ex art. 702-bis c.p.c., del 6 febbraio 2017, rigettava il ricorso proposto da M.S., di nazionalità pakistana (il quale aveva dichiarato di essere espatriato a causa delle minacce ricevute dopo aver denunciato alla polizia un terrorista), avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento del suo status di rifugiato nonchè del suo diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14, o a quella umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

2. la Corte d’appello di Caltanissetta, a seguito dell’impugnazione proposta dal richiedente asilo, fra l’altro e per quanto qui di interesse: i) riteneva di condividere il giudizio di non credibilità già espresso dalla commissione territoriale e dal Tribunale, in assenza, peraltro, di una critica argomentata rispetto a una simile valutazione; ii) reputava che nella regione del Punjab, da cui il migrante proveniva, non sussistessero i presupposti necessari per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), non essendovi in quell’area un conflitto armato tale da ingenerare una situazione di violenza indiscriminata; iii) constatava la mancanza di allegazioni idonee a giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria, in termini di assenza in patria di un sistema capace di assicurare il rispetto delle regole, dell’ordine pubblico e dei diritti in rapporto alla specifica vicenda personale; iv) osservava inoltre, da un lato, che la documentazione prodotta era inidonea a dimostrare il ricorrere dei presupposti della protezione umanitaria, dall’altro, che l’inattendibilità del racconto non dava contezza delle ragioni di allontanamento dal paese di origine e impediva, di conseguenza, di ravvisare una condizione di vulnerabilità in conseguenza del rimpatrio;

3. per la cassazione della sentenza di rigetto dell’appello, pubblicata in data 21 febbraio 2019, ha proposto ricorso M.S. prospettando tre motivi di doglianza;

il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO

che:

4. il primo motivo di ricorso assume, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, la nullità della sentenza della Corte d’appello in ragione dell’assenza o apparenza di motivazione, con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, art. 132 c.p.c. e art. 111 Cost.: la Corte di merito (in tesi con motivazione illogica, che confondeva l’irrilevanza del narrato con la non credibilità dello stesso) avrebbe ritenuto non credibile il racconto del migrante limitandosi a richiamare il giudizio già espresso in merito dal Tribunale, il quale a sua volta aveva fatto propria la valutazione in proposito compiuta dall’organo amministrativo;

in questo modo nessuno dei due organi giudicanti avrebbe autonomamente analizzato il contenuto del racconto del migrante, esponendo il percorso logico-giuridico che lo aveva portato ad apprezzare le dichiarazioni in termini di non verosimiglianza;

5. il motivo è inammissibile;

la Corte di merito ha escluso che le vicende narrate assumessero rilievo ai fini del decidere, stante la loro non verosimiglianza, vuoi per la condivisibilità dei motivi già offerti in proposito dalla commissione territoriale e dal Tribunale, vuoi per la mancanza di “una critica argomentata sul perchè il Tribunale avrebbe errato nel ritenere non credibile il racconto”;

si tratta di due rationes decidendi, distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggere la decisione;

a fronte delle plurime ragioni offerte, il ricorrente non ha sollevato alcuna censura rispetto all’ultimo dei motivi illustrati, rendendo così inammissibile l’intera impugnazione proposta (si vedano in questo senso Cass. 11222/2017, Cass. 18641/2017);

6. il secondo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 257 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), art. 3, comma 3 e art. 14: la Corte d’appello avrebbe omesso tanto l’esame di fatti decisivi, oggetto di dichiarazioni e produzioni documentali del ricorrente, anche in relazione alla sua vulnerabilità, quanto la valutazione attuale della situazione socio-politica del Pakistan e del Punjab, per come descritta nei report citati in comparsa conclusionale o rinvenibili in rete;

in questo modo i giudici distrettuali avrebbero tratto conclusioni del tutto generiche, omettendo una valutazione oggettiva dei fatti, in violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria e della condizione di violenza indiscriminata esistente nella regione di provenienza del migrante;

la credibilità non sarebbe stata poi analizzata rispetto alla domanda di protezione sussidiaria;

7. il motivo risulta, nel suo complesso, inammissibile;

7.1 la Corte distrettuale, una volta esclusa la credibilità del racconto, si è limitata ad apprezzare il ricorrere dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), in quanto la valutazione delle ipotesi previste dalle lettere precedenti era preclusa dalla non verosimiglianza delle dichiarazioni del migrante;

la doglianza, nel predicare l’assenza di un esplicito apprezzamento della non credibilità delle dichiarazioni anche rispetto alla protezione sussidiaria, non considera la portata, generale, della valutazione di non credibilità compiuta dal giudicante e i conseguenti effetti, in termini di inutilizzabilità delle dichiarazioni, che la stessa aveva sulla domanda di asilo, nelle sue varie articolazioni;

in questo modo la censura non coglie ratio decidendi che sul punto sorregge la decisione, come il ricorso per cassazione deve invece necessariamente fare;

7.2 ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018);

la Corte d’appello si è ispirata a simili criteri, prendendo in esame una pluralità di informazioni aggiornate sulla situazione esistente nella regione del Punjab risalenti agli anni 2016 e 2017;

la critica in realtà, sotto le spoglie dell’asserita violazione di legge, cerca di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti internazionali apprezzati dai giudici distrettuali, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/2018);

7.3 la consultazione delle fonti asseritamente trascurate risultava poi di nessuna decisività;

nessuna di esse, infatti, descrive l’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato esistente nella regione del Punjab e quindi è rilevante ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c);

inoltre, rispetto alla protezione sussidiaria, la mancanza di credibilità del racconto impediva la contestualizzazione di una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona del migrante all’interno del contesto descritto dalle fonti in discorso, mentre in merito alla protezione umanitaria l’assenza dell’allegazione di una condizione di vulnerabilità rendeva impossibile ricollegare la situazione generale di cui si lamenta la mancata considerazione a una specifica condizione personale del richiedente;

8. il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 32, comma 3, in relazione all’art. 8 CEDU, artt. 2 e 10 Cost.: la Corte distrettuale, oltre a non avere analizzato la credibilità del narrato con riferimento alla specifica istanza di protezione umanitaria, non avrebbe adeguatamente valorizzato la condizione di integrazione sociale del richiedente asilo, comprovata dalla sua significativa situazione lavorativa, oltre che dall’apprezzabile apprendimento della lingua italiana;

questa condizione di integrazione doveva essere bilanciata necessariamente con lo stato di oggettivo pericolo esistente in Pakistan e con la situazione reale del ricorrente;

9. il motivo è inammissibile;

è vero che i giudici distrettuali erano chiamati a valutare, secondo il regime applicabile ratione temporis (Cass. 4890/2019), la sussistenza del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, all’esito di una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio potesse determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel paese d’accoglienza (Cass. 4455/2018);

il che tuttavia presupponeva che il migrante allegasse e dimostrasse tanto le ragioni che l’avevano spinto ad allontanarsi dal paese di origine, quanto la situazione di integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, dato che la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 27336/2018);

rispetto al primo aspetto la Corte territoriale ha constatato la mancanza dell’allegazione di alcun “elemento idoneo a profilare una specifica condizione di vulnerabilità dell’appellante”, oltre che la non credibilità del suo racconto (all’esito di una valutazione, come detto, di portata generale);

sotto il secondo profilo i giudici di merito hanno, invece, ritenuto che la documentazione prodotta fosse inidonea a dimostrare la condizione di raggiunta integrazione;

a fronte di questi accertamenti – che rientrano nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito – la doglianza esprime un dissenso motivazionale sulle considerazioni compiute e intende, nella sostanza, sollecitare una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito (Cass. 8758/2017);

10. per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

la costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. e al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

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