Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.40864 del 20/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17182-2020 R.G. proposto da:

ROBINSON CLUB ITALIA s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, M.M., rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. Adolfo LARUSSA, ed elettivamente domiciliata in Roma, al viale Carso, n. 57, presso lo studio legale dell’avv. Luigi MARINO;

– ricorrente –

contro

COMUNE di UGENTO, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. Pietro QUINTO, ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Barnaba Tortolini, n. 30, presso Alfredo PLACIDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 486/23/2020 della Commissione tributaria regionale della PUGLIA, depositata il 20/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/10/2021 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

RILEVATO

che:

1. La ROBINSON CLUB ITALIA s.p.a., titolare di una struttura alberghiera e villaggio turistico, con separati ricorsi, successivamente riuniti dalla CTP di Lecce, impugnava l’avviso di pagamento notificatole in data 07/11/2012, nonché la cartella di pagamento notificatale in data 19/03/2014, con cui il Comune di Ugento richiedeva il pagamento della TARSU relativa all’anno d’imposta 2012.

2. Con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Puglia accoglieva l’appello proposto dal Comune avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, sostenendo che alla società contribuente spettasse la riduzione, peraltro riconosciuta dallo stesse ente impositore, del 10 per cento della tariffa prevista dal regolamento comunale per le attività di carattere stagionale, come quella in concreto espletata dalla contribuente, ma non la riduzione di un terzo della predetta tariffa stante “la natura discrezionale del potere attribuito all’Amministrazione per la determinazione del suddetto parametro di riduzione”.

3. Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui replica l’intimato con controricorso.

4. Sulla proposta del relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

5. La ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

1. Con il motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 62, comma 2, e 66, censurando la sentenza per avere escluso il diritto della società contribuente, che espleta la propria attività soltanto nel periodo dal 1 maggio al 31 ottobre di ogni anno, all’esenzione dalla TARSU per il suddetto periodo o alla riduzione di un terzo.

2. Il motivo, diversamente da quanto eccepito dal controricorrente, è ammissibile in quanto con lo stesso viene correttamente dedotta la falsa applicazione della disposizione censurata, che, com’e’ noto, consiste nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione” (Cass. n. 640 del 2019), com’e’ nel caso in esame.

3. Venendo al merito, ritiene il Collegio che entrambe le censure dedotte nell’unico motivo di ricorso siano infondate e vadano rigettate.

4. Pare opportuno premettere, in fatto, che nel caso di specie è incontestabile, avendo la ricorrente riprodotto fotograficamente nel ricorso la “licenza per villaggio turistico”, che questa le era stata rilasciata dal Comune di Ugento per “apertura stagionale dal 01 Maggio al 31 ottobre di ogni anno”.

5. In diritto va osservato che la tassa in questione è dovuta – in forza del disposto del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, commi 1 e 2 – per effetto dell’occupazione o della detenzione di locali ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibite, fatta eccezione: per le aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni; per i locali e le aree che, per la loro natura o il particolare uso cui sono stabilmente destinate, o perché risultino in obiettive condizioni di inutilizzabilità, non possono produrre rifiuti. Siffatte esclusioni non sono peraltro automatiche, giacché la norma succitata – ponendo una presunzione iuris tantum di produttività, superabile solo dalla prova contraria del detentore dell’area – dispone, altresì, che le circostanze escludenti la produttività e la tassabilità debbano essere dedotte dal contribuente o nella denuncia originaria o in quella in variazione, ed essere debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi rilevabili direttamente, o a mezzo di idonea documentazione (Cass. n. 19459 del 2003; Cass. n. 19173 del 2004; Cass. 33426 del 2018, in motivazione) 6. Orbene, la mancata utilizzazione della struttura alberghiera per alcuni mesi dell’anno di per sé non può corrispondere alla previsione di esenzione dal tributo di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2. La norma citata, infatti, indica come causa di esclusione dell’obbligo del tributo le condizioni di “obiettiva” impossibilità di utilizzo dell’immobile, che – di certo – non possono essere individuate nella mancata utilizzazione dello stesso legata alla volontà o alle esigenze del tutto soggettive dell’utente (Cass. 18316/04, 17524/09), e neppure al mancato utilizzo di fatto del locale o dell’area, non coincidendo – com’e’ evidente – le prime ed il secondo con l’obiettiva non utilizzabilità dell’immobile, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2 (così in Cass. n. 22756 del 2016, che richiama Cass. n. 9633 del 2012 e Cass. n. 22770 del 2009), ben potendo lo stesso essere utilizzato per esigenze proprie del gestore o del personale. Si e’, infatti, affermato che la tassa è dovuta ove sussista la obiettiva possibilità di usufruire del servizio a prescindere dalla fruizione, essendo il presupposto del tributo costituito dalla occupazione o conduzione di locali a qualsiasi uso adibiti (Cass. n. 33426 del 2018, in motivazione).

7. Il caso in esame è invece espressamente disciplinato dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 66, che contempla dei temperamenti all’imposizione per le situazioni che obiettivamente possono comportare una minore utilizzazione del servizio, come nel caso dell’uso stagionale, previsto da tale disposizione, comma 3, lett. b), prevedendo espressamente in quest’ipotesi la riduzione “di un importo non superiore ad un terzo” della tariffa unitaria, essendo rimesso alla discrezionalità dell’ente impositore (Cass. n. 22523 del 2017) la fissazione dell’entità della riduzione in una misura comunque non superiore al limite massimo di riduzione di un terzo fissato dalla norma.

8. Orbene, la citata disposizione, per quanto detto al precedente punto 4, è sicuramente applicabile alla società contribuente, esercente attività stagionale, ma, come correttamente rilevato dalla CTR, la riduzione spettante alla stessa è del 10 per cento della tariffa unitaria, come disposto dal relativo regolamento comunale.

9. Da quanto detto consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2021

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