Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.409 del 13/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26744-2019 proposto da:

SPADARO VINI SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 32, presso lo studio dell’Avvocato GIUSEPPE FISCHIONI, rappresentata e difesa dall’Avvocato LEONARDO SALATO;

– ricorrente –

contro

E-DISTRIBUZIONE SPA, in persona del procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA PRATI DEGLI STROZZI 32, presso lo studio dell’Avvocato MAURIZIO LANIGRA, rappresentata e difesa dall’Avvocato MARIO FRANCESCO MANCUSO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 294/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 15/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIAIME GUIZZI STEFANO.

RITENUTO IN FATTO

– che la società Spadaro Vini S.r.l. ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 294/19, del 15 febbraio 2019, della Corte di Appello di Palermo, che – accogliendo il gravame esperito della società E-Distribuzione S.p.a. (già Enel Distribuzione S.p.a.) contro la sentenza n. 5360/14, del 29 ottobre 2014, del Tribunale di Palermo – ha rigettato la domanda dell’odierna ricorrente di condanna della predetta società E-Distribuzione S.p.a. al risarcimento dei danni da ritardata attivazione delle fornitura e somministrazione dell’energia elettrica e alla liquidazione dell’indennizzo che si assume previsto nel contratto di somministrazione corrente “inter partes”;

– che, in punto di fatto, la ricorrente riferisce di aver adito il Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo (poi dichiaratosi incompetente in favore del Tribunale di Palermo, innanzi al quale il giudizio veniva riassunto), lamentando il grave ritardo con cui la società Enel Distribuzione S.p.a. aveva attivato la fornitura e somministrazione dell’energia elettrica, tanto da costringerla a rinviare l’apertura di un impianto, sito in Alcamo, della propria azienda vitivinicola, e a ritardarne l’inizio dell’attività produttiva, con conseguente perdita di commesse e danno di immagine;

– che il giudice di prime cure, riconosciuta la responsabilità della convenuta, rigettava la domanda risarcitoria quanto alla dedotta perdita delle forniture di vino, accordando, invece, all’odierna ricorrente l’indennizzo di cui all’accordo negoziale intercorso tra le parti, condannando la convenuta a corrisponderle, per tale titolo, 76.308,70, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, pervenendo a tale importo computando la somma giornaliera di Euro 51,65 che la società erogatrice del servizio si era impegnata a pagare per ogni,orno di ritardo nell’attivazione della fornitura, moltiplicandola per i giorni lavorativi di ritardo dalla stipulazione del contratto fino all’ultimazione dei lavori di allacciamento;

– che, in particolare, il primo giudice escludeva la natura complessa dei lavori (circostanza preclusiva della corresponsione dell’indennizzo), non solo perchè ravvisava “l’assenza di prova specifica circa la natura complessa dei lavori di allacciamento”, ma anche in ragione del fatto che tale natura “è soggetta a precisi vincoli imposti dalla Delib. AEEG n. 201 del 1999, art. 7 (oggi trasfusa nella Delib. AEEG n. 333 del 2007) che pongono precisi obblighi di comunicazione all’ente fornitore”, nella specie ritenuti non adempiuti;

– che esperito gravame dalla convenuta soccombente, il giudice di appello – sebbene avesse anch’esso riconosciuto la società (nel Distribuzione “responsabile di inadempimento contrattuale”, non avendo, in particolare, “adempiuto alle obbligazioni dedotte nel contratto di fornitura e prodromiche all’esecuzione della stessa”, ovvero, segnatamente, “all’obbligo di realizzazione degli impianti necessari per l’adduzione dell’energia elettrica e di allacciamento della nuova utenza” – tuttavia lo accoglieva;

– che il giudice di appello, infatti, escludeva la condanna della società distributrice al risarcimento del danno, ritenendo lo stesso non provato (e, dunque, neppure liquidabile in via equitativa, atteso che l’applicazione dell’art. 1226 c.c. presuppone che sia stato previamente adempiuto l’onere di provare l’esistenza del pregiudizio risarcibile), negando anche il pagamento dell’indennizzo, e ciò in ragione della ritenuta natura complessa dei lavori, in relazione ai quali l’indennizzo non era contrattualmente previsto;

– che avverso la sentenza della Corte panormita la società Spadaro Vini S.r.l. ricorre per cassazione, sulla base – come detto – di un unico motivo;

– che esso denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1325 e 1326 c.c., “in relazione” all’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c.;

– che il ricorrente – nel censurare la sentenza impugnata, laddove ha escluso l’indennizzo in assenza dei presupposti di cui alla Delib. n. 201 del 1999, trattandosi di lavori complessi e non semplici – evidenzia come, una volta riconosciuta l’esistenza di un accordo negoziale e dichiarata la responsabilità da inadempimento contrattuale della società distributrice, la Corte territoriale non avrebbe potuto negare l’indennizzo;

– che, difatti, “se esiste un contratto tra le parti”, lo stesso “doveva essere applicato per intero e non parzialmente”, sicchè il giudice di appello “avrebbe dovuto riconoscere anche l’indennizzo previsto nello stesso contratto”, oppure, in caso contrario, “avrebbe dovuto ritenere non sussistente l’accordo negoziale”;

– che, d’altra parte, “sotto il profilo della qualificazione dei lavori, definiti complessi dalla Corte”, la decisione impugnata – secondo la ricorrente – “appare errata ed emessa in violazione dei principi di diritto sanciti dall’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c.”, in quanto la società convenuta, come rilevato dal primo giudice, “gravata dal relativo onere probatorio, non ha versato in giudizio alcuna prova”, circostanza sussistente anche nel giudizio di secondo grado, “considerato che in secondo grado non sono emersi elementi nuovi c/o diversi”;

– che, in definitiva, “la natura dei lavori va ricondotta all’accordo negoziale intervenuto tra le parti”, secondo cui gli stessi dovevano “essere eseguiti entro 15 giorni lavorativi (lavori semplici) dalla data di stipulazione del contratto”, donde “l’errata valutazione da parte della Corte di Appello del quadro normativo di riferimento e dell’attività istruttoria di tipo essenzialmente documentale acquisita al giudizio”

– che ha resistito all’impugnazione, con controricorso, la società E-Distribuzione chiedendo che lo stesso venga dichiarato inammissibile o infondato;

– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio per il 15 ottobre 2020.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso è inammissibile;

– che il motivo non coglie la “ratio decidendi” della sentenza impugnata, donde la sua inammissibilità, atteso che il rigetto della domanda di riconoscimento dell’indennizzo è stato motivato dal giudice di appello sul rilievo che tra i cd. “lavori semplici”, per i quali l’indennizzo è contemplato, rientrino esclusivamente gli interventi in “bassa tensione”, e non quelli – oggetto di causa – in “media tensione”;

– che secondo la Corte territoriale “l’Avviso inviato in data 30/01/2003” (ovvero, il documento standard in forza del quale si era formato il titolo negoziale in base al quale la società Enel distribuzione si era impegnata all’allacciamento, effettuato, però, solo dopo tre anni, donde il suo acclarato inadempimento) faceva riferimento alla debenza dell’indennizzo, per il ritardo, solo per lavori semplici, ovvero, secondo la definizione contenuta nella Delib. AEEG n. 201 del 1999, art. 1, lett. o), quelli consistenti “realizzazione, modifica o sostituzione a regola d’arte dell’impianto in bassa tensione di proprietà dell’esercente, su richiesta del cliente, eseguita con intervento limitato alla presa ed eventualmente al gruppo di misura”;

– che a tali lavori la sentenza impugnata ha escluso fossero da ricondurre quelli oggetto di causa, trattandosi di lavori su impianti in media tensione;

– che a fronte di tale affermazione l’odierna ricorrente si e limitata a sostenere che il primo giudice aveva escluso la natura complessa dei lavori oggetto di causa, su tali basi deducendo la violazione degli artt. 1218,1325 e 1326 c.c., “in relazione” all’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c.;

– che trova, dunque, applicazione il principio secondo cui “con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poichè in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4)” (Cass. Sez. 1, ord. 24 settembre 2018, n. 22478, Rv. 650919-01; nello stesso senso Cass. Sez. 3, cent. 31 agosto 2015, 17330, Rv. 636872-01; Cass. Sez. 1, ord. 24 settembre 2018, n. 22478, Rv. 650919-01);

– che, d’altra parte, neppure coglie nel segno la censura relativa alla violazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c., formulata con riferimento al mancato assolvimento, da parte della società convenuta, della prova della natura complessa dei lavori eseguiti, dal momento che, nella specie, la sentenza impugnata si è limitata a ritenere provata tale circostanza, senza affrontare la questione relativa all’individuazione del soggetto tenuto a fornire tale prova;

– che, pertanto, i riferimenti normativi sui quali la presente censura si fonda risultano non correttamente evocati;

– che, difatti, la violazione dell’art. 115 c.p.c. – secondo cui il giudice deve decidere la controversia devoluta al suo esame “iuxta alligata et probata padium” – “può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli” (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640194-01; in senso conforme, Cass. Sez. 1, ord. 26 settembre 2018, n. 23163, Rv. 650931-01);

– che, infine, la “violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, non invece laddove oggetto di censura” – come nel caso che occupa, essendo stata lamentata “l’errata valutazione”, da parte della Corte di Appello, “dell’attività istruttoria di tipo essenzialmente documentale acquisita al giudizio” – “sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360 c.p.c., n. 5)” (così, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 29 maggio 2018, n. 13395, Rv. 649038-01);

– che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile;

– che ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 1, nel testo modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11 (ed applicabile “ratione temporis” al presente giudizio, essendo stato il giudizio di primo grado instaurato con citazione notificata il 19 marzo 2011), va disposta l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese del presente giudizio;

– che, difatti, costituisce grave ed eccezionale ragione per la compensazione la peculiarità della presente vicenda, caratterizzata dal riconoscimento – da parte di entrambi i giudici di merito – di un inadempimento da parte della società Enel Distribuzione protrattosi per oltre tre anni (esattamente dal 30 gennaio 2003 al 22 maggio 2006), essendo l’accoglimento della domanda risarcitoria rimasto precluso soltanto dalla mancata prova del danno subito dall’utente, evenienza, peraltro, oggetto di divergente valutazione da parte del Tribunale e della Corte di Appello, valutazione la seconda delle quali non risulta qui sindacabile, per le ragioni già illustrate;

– che in ragione della declaratoria di inammissibilità del ricorso, va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile, compensando integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 -quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

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