Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.40957 del 21/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8405-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

UCSA SPA CON SOCIO UNICO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI SANT’ANGELA MERICI N. 96, presso lo studio dell’avvocato ANDREA PANZAROLA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GABRIELE GUALENI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3524/17/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 29/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata dell’08/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA CAPRIOLI.

Ritenuto che:

L’Agenzia delle Entrate, nell’ambito di una verifica condotta per i periodi di imposta 2011/2015 nei confronti delle Cooperative facenti parte del Consorzio UCSA notifica l’avviso di accertamento in data ***** (a distanza di 7 giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione) con il quale contestava per l’anno di imposta 2011 la modalità con cui le Cooperative subappaltatrici avevano determinato la retribuzione dei soci lavoratori affermando che in tali casi erano state registrate indennità di trasferta di ammontare superiore al dovuto al fine di nascondere “emolumenti reddituali” con la conseguenza che le Cooperative avrebbero effettuato alterazioni della busta paga al fine di ridurre la base imponibile contributiva tramite la previsione di diarie e indennità di mensa. L’Ufficio riteneva da tali premesse che UCSA sarebbe stata corresponsabile con le singole Cooperative appaltatrici nelle buste paghe per la mancata effettuazione di ritenute non operate sugli stipendi dei lavoratori regolarmente assunti e retribuiti dalle predette Cooperative.

La società Usca s.p.a. proponeva ricorso avverso l’avviso n. ***** nonché avverso n. ***** avanti alla CTP di Milano la quale con sentenza n. 1975/2018 lo accoglieva parzialmente limitatamente al primo.

L’Ufficio impugnava detta sentenza avanti alla CTR della Lombardia la quale con la pronuncia n. 3254/2019 lo rigettava.

Il Giudice del gravame riteneva che l’avviso di accertamento emesso ante tempus riportava a giustificazione dell’urgenza una motivazione non sussistente ossia la reiterazione di fatti implicanti reato non essendo punibili le operazioni non assoggettate a ritenuta ma solo l’omesso versamento di ritenute in base ad imponibili dichiarati.

Aggiungeva poi che la comunicazione del reato era stata già trasmessa prima della notifica dell’avviso di accertamento sicché non aveva alcuna correlazione funzionale con l’atto.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo illustrato da memoria cui resiste con controricorso la contribuente.

Considerato che:

Si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12 comma 7, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si contesta l’interpretazione data dalla CTR alla norma indicata in epigrafe ritenuta non conforme agli indirizzi espressi dalla giurisprudenza di legittimità laddove ha escluso la sussistenza di valide ragioni giustificatrici per l’emanazione anticipata dell’accertamento sulla base della considerazione che la condotta reiterata del contribuente non sarebbe penalmente rilevante.

Il motivo è fondato.

Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio (Cass. Sez. U, n. 18184 del 20/7/2013; Cass., sez. 5, ordinanza n. 27623 del 30/10/2018; Cass. n. 10388 del 12/4/2019).

Va, al riguardo, ribadito il principio secondo cui, in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la scadenza del termine di decadenza dell’azione accertativa non rappresenta una ragione di urgenza tutelabile ai fini dell’inosservanza del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 (Cass. n. 8749 del 10/4/2018), ben potendo, invece, l’amministrazione offrire come giustificazione dell’urgenza la prova che l’esercizio nell’imminenza della scadenza del termine sia dipeso da fattori ad essa non imputabili che hanno inciso sull’attività accertativa fino al punto da rendere comunque necessaria l’attivazione dell’accertamento, a pena di vedere dissolta la finalità di recupero delle imposte non versate dal contribuente.

In questa prospettiva è stato chiarito che, in tema di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, tra le ragioni di urgenza che giustificano l’emissione dell’avviso di accertamento prima dello spirare del termine dilatorio di sessanta giorni previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, può rientrare la commissione, da parte del contribuente, di reiterate violazioni delle leggi tributarie aventi rilevanza penale ovvero la partecipazione dello stesso ad una frode fiscale (Cass., 2 luglio 2018, n. 17211; Cass. n. 26650 del 2020).

Con specifico riferimento alle ragioni che possono consentire l’anticipazione della notifica dell’atto impositivo, questa Corte ha ritenuto che può essere sufficiente, se specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario controverso, l’allegazione della sua partecipazione ad una frode perpetrata ai danni dell’Erario (cfr. Cass. 7 settembre 2018, n. 21815; Cass., ord., 2 luglio 2018, n. 17211; Cass., ord., 24 giugno 2014, n. 14287; Cass. 5 febbraio 2014, n. 2587).

Tale circostanza, infatti, se dimostrata, potrebbe richiedere un’anticipata notifica dell’atto impositivo, al fine di evitare il pericolo di una perdita fiscale per l’erario o, comunque, di circoscrivere gli effetti pregiudizievoli di tale perdita, ovvero di evitare la protrazione di una condotta in essere o, comunque, la reiterazione della stessa che presenti carattere gravemente illecito, anche in considerazione dell’entità dell’importo oggetto del recupero fiscale fatto valere con l’atto notificato (Cass. n. 1289 del 2020).

Ciò posto, nel caso di specie, le ragioni di urgenza erano state ravvisate nel pericolo derivante da violazioni comportanti l’obbligo di denuncia per reati tributari in considerazione che l’ammontare delle ritenute non eseguite né versate per l’anno di imposta 2011 eccedeva i limiti di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 bis.

In questo quadro la CTR avrebbe dovuto verificare, alla luce delle circostanze dedotte dall’Ufficio se la condotta complessivamente tenuto dai contribuenti descritta nel processo verbale e nell’avviso fosse in astratto configurabile come reato nonché la sussistenza di una situazione di pericolo di perdita del credito fiscale correlata alle reiterazioni di plurime violazioni di natura tributaria.

Accertamento questo non eseguito dal Giudice di appello il quale ha svolto una verifica in concreto della sussistenza del fatto reato andando al di là dell’ambito cognitorio allo stesso riservato.

Il motivo va accolto e la sentenza va cassata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per un nuovo esame.

PQM

La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione anche per le spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2021

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