Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.40970 del 21/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 12596 del 2017) proposto da:

S.F., (C.F.: *****), rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avv. Debora Caldini, e domiciliato “ex lege” presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione, in Roma, p.zza Cavour;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (C.F.: *****), in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso “ex lege” dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliato presso i suoi Uffici, in Roma, v. dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Lucca emessa ai sensi dell’art.

702-ter c.p.c. (rep. n. 1232/2017), depositata il 7 aprile 2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28 ottobre 2021 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

letta la memoria depositata dalla difesa del ricorrente ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c.

RITENUTO IN FATTO

1. Il sig. S.F. chiedeva l’ammissione al gratuito patrocinio ai fini della partecipazione, in qualità di persona offesa, al processo penale n. 6.800-14 NR mod. 44 – n. 22.937 – 14 RG dell’Ufficio GIP del Tribunale di Lucca, ma la relativa istanza gli veniva respinta.

Pertanto egli proponeva opposizione avverso tale provvedimento ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99 e art. 702-bis c.p.c. dinanzi al Tribunale monocratico di Lucca, che con ordinanza del 7 aprile 2017 la rigettava.

A fondamento dell’adottata pronuncia il citato Tribunale rilevava che l’opponente era risultato percettore di un reddito, per l’anno 2014, superiore al limite consentito per l’ammissione al gratuito patrocinio (come previsto dal citato D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76), dovendo in esso computarsi anche gli emolumenti imputabili ad arretrati e non assumendo rilievo che detto reddito consistesse nella pensione di invalidità a lui riconosciuta.

2. Avverso tale ordinanza il S. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo. Ha resistito con controricorso l’intimato Ministero della Giustizia. La difesa del ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo formulato il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76 deducendo l’illegittimità dell’impugnata ordinanza nella parte in cui, ai fini della determinazione del reddito da computare in funzione dell’ammissione al gratuito patrocinio, era stato erroneamente tenuto conto anche dei corrisposti arretrati pensionistici relativi, però, all’anno precedente (2013) rispetto a quello cui si riferiva l’istanza (2014), non considerando, inoltre, che lo stesso reddito derivava da un beneficio previdenziale riconducibile ad una pensione di invalidità.

Per l’eventualità della ritenuta infondatezza della censura il ricorrente ha eccepito l’illegittimità costituzionale dell’indicato D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76 con riferimento all’asserita violazione degli artt. 3,24,38 e 53 Cost., nella parte in cui la citata norma denunciata non prevede un criterio di calcolo degli arretrati previdenziali od assistenziali secondo il principio della “competenza” e non di “cassa”, come stabilito per i limiti di fruizione degli assegni sociali.

2. Rileva il collegio che, in primo luogo, occorre farsi carico dell’eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso avanzata dal controricorrente Ministero della Giustizia, sul presupposto che esso sarebbe difettante di legittimazione passiva, siccome da ritenersi appartenente all’Amministrazione finanziaria dello Stato (Agenzia delle entrate di riferimento o, in ogni caso, Ministero delle Finanze).

L’eccezione è infondata alla stregua della più recente giurisprudenza di questa Corte, ad avviso della quale, in tema di patrocinio a spese dello Stato, unico legittimato passivo nei procedimento di opposizione avverso il provvedimento di revoca dell’ammissione al beneficio o il provvedimento di diniego dello stesso è il Ministero della Giustizia, poiché esclusivo titolare del rapporto debitorio oggetto del procedimento stesso e, pertanto, analoga legittimazione non può riconoscersi, invece, all’Agenzia delle Entrate, la quale ha unicamente il compito di trasmettere la dovuta informativa reddituale (cfr. Cass. n. 21700/2015, Cass. n. 2517/2019 e, da ultimo, Cass. n. 22281/2020).

3. Passando all’esame dell’unico motivo proposto dal ricorrente si osserva come lo stesso debba essere ritenuto infondato e, di conseguenza, da rigettare.

Infatti – alla stregua dell’univoca giurisprudenza penale di questa Corte (v. Cass. pen. 44140/2014 e, più recentemente, Cass. pen. 30238/20219) – è indubbio che nell’ambito del reddito da valutare ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76 devono computarsi tutte le entrate risultanti dall’ultima dichiarazione e, che, pertanto, debbano essere in esse ricompresi anche eventuali redditi derivanti dal riconoscimento di arretrati comunque inseriti in quella dichiarazione.

Ma anche le Sezioni civili di questa Corte hanno avuto modo di chiarire (cfr. Cass. civ. n. 4429/2017 e Cass. civ. n. 15458/2020) che, in tema di patrocinio a spese dello Stato, il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 1, che individua il limite di reddito per essere ammessi a tale beneficio in quello risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi antecedente all’istanza di ammissione, va interpretato in correlazione con l’art. 76, comma 3 e art. 79, comma 1, lett. d) medesimo D.P.R., dai quali si desume che il presupposto sostanziale per l’ammissione è costituito dal reddito effettivamente percepito nell’anno di riferimento dell’istanza, dovendosi, al riguardo, tenere conto anche dei redditi non rientranti nella base imponibile (o perché esenti o perché non risultanti di fatto soggetti ad alcuna imposizione), nonché delle variazioni di reddito avvenute dopo la presentazione della dichiarazione predetta per tutta la durata del procedimento e sino alla sua definizione (con la conseguenza che deve disporsi la revoca dell’ammissione ove vengano meno le condizioni reddituali nel corso del giudizio, nonché, “a fortiori”, quando sia accertato il superamento della soglia prescritta per legge).

Si e’, perciò, ribadito che la condizione necessaria per ottenere l’ammissione al gratuito patrocinio è costituito dal reddito effettivamente percepito nell’anno antecedente all’istanza, e che, al fine della determinazione del limite massimo previsto dall’art. 76, comma 1 in discorso, devono essere considerati nel computo – ai sensi del comma 3 cit. articolo – gli eventuali redditi esenti dall’IRPEF o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ovvero ad imposta sostitutiva.

Bisogna, altresì, evidenziare – con riferimento all’ulteriore aspetto della possibile incidenza della natura previdenziale del reddito percepito dal ricorrente – che essa è insussistente ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio (non essendo prevista alcuna espressa disposizione normativa derogatrice sul punto) e se, quindi, esso, nel periodo temporale di riferimento, è superiore ad Euro 11.493,82 (come nella specie), tale beneficio non è concedibile, poiché la norma pone riferimento esclusivamente all’elemento del “reddito imponibile” (con l’aggiuntiva applicabilità del già indicato comma 3 dell’art. 76), a prescindere dalla natura del rapporto dal quale consegue.

Infine, quanto all’eccezione di asserita illegittimità costituzionale come prospettata nei richiamati termini dal ricorrente, essa va considerata manifestamente infondata sulla base dell’univoca interpretazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76 come operata dalla giurisprudenza di questa Corte (costituente “diritto vivente”), che ancora alla misura del reddito imponibile il criterio per l’ammissione al gratuito patrocinio, non facendo alcuna differenza circa la provenienza di tale reddito (cfr., per riferimenti, Corte Cost. n. 386/1998).

E’ pur vero – come sottolineato dalla difesa del ricorrente – che le Sezioni unite (con la sentenza n. 12796/2005) hanno stabilito che, ove non sia espressamente escluso da specifiche norme di legge, nel caso in cui l’erogazione dei benefici previdenziali o assistenziali sia rapportata ad un limite di reddito, ai fini della determinazione di tale limite, devono essere considerati anche gli arretrati, nelle quote maturate per ciascun anno di competenza e non nel loro importo complessivo, poiché nei suddetti benefici assumono rilievo il grado di bisogno della persona protetta, garantito dall’art. 38 Cost., e la sua capacità contributiva, valevole in generale ai sensi dell’art. 53 Cost., con la conseguenza che al beneficiario può essere chiesto di concorrere alla spesa in presenza di un incremento di reddito che possa essere assunto ad indice sicuro di superamento stabile dei previsti limiti, il che non sarebbe assicurato dal cosiddetto criterio di “cassa”. Tuttavia, il principio appena richiamato rileva ai soli fini del riconoscimento dei benefici previdenziali od assistenziali ma non ad altri scopi e, quindi, non sortisce alcuna influenza sull’applicazione della specifica disciplina prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002 per l’ammissione al gratuito patrocinio, ragion per cui deve ritenersi che l’eccezione di illegittimità costituzionale si basa anche su un erroneo presupposto interpretativo.

4. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere respinto con conseguente condanna del soccombente ricorrente al pagamento dei compensi del presente giudizio in favore della P.A. controricorrente, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento dei compensi del presente giudizio, che si liquidano in Euro 1.000,00, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 28 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2021

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