Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.41010 del 21/12/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13533-2018 proposto da:

G.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AGRI 1, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE NAPPI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO PICCHI;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, (DIREZIONE AFFARI LEGALIDI ROMA DI POSTE ITALIANE), presso lo studio MASSIMO FICELI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ELISABETTA CROCIANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1117/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 09/11/2017 R.G.N. 135/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/09/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

RILEVATO

Che:

1. con sentenza n. 23093/2016 la Corte di cassazione accolse il motivo di ricorso con il quale G.L. aveva censurato la decisione di secondo grado per avere accertato la sua decadenza ex art. 1186 c.c. dal beneficio del pagamento rateale della somma che sulla base di accordo conciliativo del 4 luglio 2006 la G. si era impegnata a restituire a Poste Italiane s.p.a.;

2. con l’accordo in oggetto le parti, a fronte di sentenza favorevole ottenuta dalla G. nel giudizio da questa instaurato per la declaratoria di illegittimità del termine apposto al contratto con Poste Italiane s.p.a. e per la conseguente riammissione in servizio alle dipendenze della società, avevano rinegoziato le rispettive posizioni; previa rinunzia di entrambe alla coltivazione del giudizio, Poste Italiane s.p.a. si era infatti impegnata all’assunzione a tempo indeterminato della G. e quest’ultima alla restituzione, secondo un piano rateale, delle somme percepite in forza della sentenza, somme quantificate in Euro 41.458,30; la G. aveva corrisposto la prima rata ma, intervenuto nel febbraio 2007 il suo licenziamento, aveva omesso di corrispondere le rate successive;

3. con sentenza n. 1117/2017 la Corte di appello di Firenze quale giudice della riassunzione, revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dalla società, ha determinato la somma al pagamento della quale ha condannato la G. in Euro 33.166,64, oltre accessori;

3.1. la Corte distrettuale, esclusi i presupposti di operatività per il verificarsi della decadenza dal beneficio del termine ai sensi dell’art. 1186 c.c., osservato che alcuna previsione in tal senso risultava dall’accordo conciliativo, pacifico l’avvenuto pagamento della prima rata e il mancato pagamento delle rate successive, ha rilevato che alla data di deposito del decreto ingiuntivo – il 17.4.2009- la società Poste Italiane non aveva titolo per richiedere il pagamento della intera somma per cui il decreto ingiuntivo andava revocato; premesso che il ricorso in opposizione introduce un vero e proprio giudizio di merito in ordine alla pretesa azionata e che tale giudizio nello specifico aveva ad oggetto la sussistenza del diritto di credito azionato in via monitoria dalla società, ha osservato che essendo ormai ampiamente scaduto il termine previsto per il pagamento della somma pattuita in sede di conciliazione la G. era comunque dovuta al versamento dell’intero residuo;

4. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso G.L. sulla base di un unico motivo illustrato con memoria depositata ai sensi dell’art. 380- bis.1. c.p.c.; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso.

CONSIDERATO

Che:

1. con l’unico motivo parte ricorrente deduce violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2 e art. 394 c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere, sul presupposto che nelle more del giudizio fosse scaduto ampiamente il termine previsto per il pagamento della somma pattuita in sede di conciliazione, condannato l’opponente al pagamento della intera somma residua; la sentenza rescindente aveva demandato al giudice del rinvio esclusivamente di accertare se dagli atti di causa emergeva o meno la prova dello stato di insolvenza della debitrice ovvero la diminuzione delle garanzie offerte, presupposti questi ultimi che soli avrebbero potuto giustificare la pretesa di Poste Italiane di ritenere la G. decaduta dal beneficio; la Corte distrettuale era andata oltre i limiti del devoluto, laddove aveva proceduto a verificare la sussistenza dei fatti costitutivi della intera pretesa azionata, senza quindi considerare che il giudizio di rinvio è un giudizio chiuso;

2. preliminarmente deve essere respinta l’istanza di rinvio della causa fondata dalla difesa della ricorrente sulla necessità di verificare gli esiti della eventuale rimessione alle Sezioni Unite della questione di cui alla ordinanza interlocutoria n. 13556/2021, avente ad oggetto la qualificazione dell’opposizione a decreto ingiuntivo come impugnazione o giudizio ordinario di cognizione; nel primo caso – si sostiene – verrebbe meno il presupposto giuridico in virtù del quale la Corte distrettuale ha esteso la propria valutazione al merito della causa;

2.1. invero il tema della qualificazione della opposizione a decreto ingiuntivo è posto nella richiamata ordinanza interlocutoria in funzione della verifica relativa all’applicabilità o meno, nella specifica fattispecie, del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4 – che, come noto, nel caso di mutamento del rito fa salvi gli effetti sostanziali e processuali prodottisi secondo le norme di rito seguito prima del mutamento -, in caso di opposizione dichiarata tardiva; non è invece messo in discussione, come sembra, viceversa, sostenere l’istante, il fatto che la opposizione a decreto ingiuntivo introduca un giudizio a cognizione ordinaria avente ad oggetto il merito della pretesa azionata; tale rilievo assorbe le ulteriori considerazioni attinenti alla esigenza di ragionevole durata del processo che rende inopportuna in relazione ad un ricorso per cassazione quale quello in esame, avente ad oggetto una sentenza emessa in sede di rinvio, l’ulteriore differimento della decisione;

3. nel merito il motivo è infondato;

3.1. è pacifico che Poste Italiane ha agito in via monitoria per il recupero dell’intero residuo importo di cui le parti avevano pattuito la restituzione rateale come da verbale di conciliazione in sede sindacale del 7 aprile 2006; ciò nel presupposto che il mancato pagamento di alcune rate aveva determinato la perdita del beneficio del termine pattuito in favore della parte debitrice;

3.2. fatti costitutivi della pretesa azionata erano, quindi, la esistenza del titolo (accordo conciliativo) alla base del credito restitutorio e l’inadempimento della obbligazione da parte della lavoratrice; ciò nel presupposto della immediata esigibilità dell’intero per effetto della dedotta decadenza dal beneficio del termine ex art. 1186 c.c.;

3.3. in coerenza con l’oggetto della domanda azionata la sentenza rescindente, nel ricostruire le modalità di pagamento rateali del piano di restituzione concordato tra le parti, ha dato espressamente atto delle somme che risultavano dovute rispettivamente al momento dell’emissione del decreto ingiuntivo (mancato pagamento di quanto dovuto sino a tutto aprile 2009), della sentenza di primo grado (mancato pagamento di quanto dovuto sino a tutto il febbraio 2011) e della sentenza di appello (mancato pagamento di quanto dovuto sino a tutto il 12 febbraio 2013) ed evidenziato che a tale data non risultavano ancora scadute le rate mensili dovute sino a tutto il mese di gennaio 2014 (sentenza, pag. 4 secondo capoverso);

3.4. tanto premesso, l’accertamento del giudice del rinvio, non limitato alla sola verifica dei presupposti di applicabilità o meno dell’art. 1186 c.c. in tema di decadenza dal beneficio del termine, non esula dalla verifica demandata, funzionale all’accertamento della sussistenza del diritto di credito azionato in via monitoria da Poste Italiane, avente ad oggetto la intera somma oggetto dell’obbligazione restitutoria assunta dalla lavoratrice, restando ininfluente la circostanza che solo nel corso del giudizio si siano verificate le condizioni (mancato pagamento di tutte le rate successive alla prima) per l’integrale accoglimento della domanda;

l’inadempimento, infatti, costituisce una condizione dell’azione che in quanto tale può maturare anche in corso di causa (Cass. 10490/2004, Cass. n. 1751/12980);

4. in base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto;

5. il sopravvenire solo in corso di causa della condizione dell’azione rappresentata dal mancato pagamento delle rate successive alla prima, in violazione dell’impegno assunto dalla F. in sede di conciliazione, giustifica la compensazione delle spese di lite;

6. Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535/2019).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2021

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