LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2435-2019 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
R.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO DA MASCELLI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1879/14/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA, depositata l’08/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.
FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato d un motivo, contro R.D., impugnando la sentenza della CTR Puglia indicata in epigrafe che ha accolto l’appello proposto dal contribuente, esercente l’attività di dottore commercialista, annullando la cartella di pagamento relativa ad IRAP per l’anno 2010. Secondo la CTR gli oneri per beni strumentali non costituiva indice di un’autonoma organizzazione, risultando la spesa congrua in relazione alla percentuale dei compensi, nemmeno risultando costi per dipendenti, collaboratori o soggetti terzi. Secondo la CTR lo svolgimento dell’attività professionale presso lo studio individuale e contemporaneamente presso uno studio associato non poteva ritenersi indice rilevante dell’autonoma organizzazione, mancando elementi che collegassero l’attività dello studio a quella individuale in modo da poterne inferire che il secondo si avvalesse dell’apporto del primo, non risultando sul punto decisiva l’ubicazione nello stesso stabile dei due studi professionali.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
La parte intimata ha resistito con controricorso, pure depositando memoria.
La ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1. La CTR avrebbe tralasciato di considerare che l’onere di dimostrare l’assenza dei presupposti idonei a giustificare l’assenza dell’autonoma organizzazione incombeva sul contribuente nè avrebbe realmente verificato l’effettiva esistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, tralasciando di considerare che il contribuente aveva sostenuto spese processionali per arredare camera da letto e cucina e dunque l’impossibilità di considerare detti costi come eccedenti l’id quod plerumque accidit.
Parimenti insoddisfacente risulterebbe l’esame relativo allo svolgimento dell’attività del contribuente tanto nello studio professionale che in quello associato.
Il motivo è inammissibile.
La CTR non ha mostrato di fondare il proprio ragionamento sulla base di un’errata considerazione dei principi in tema di onere della prova, avendo puntualmente esaminato tutti gli elementi probatori raccolti e da questi escludendo la sussistenza del detto requisito dell’autonoma organizzazione in relazione all’importo dei costi per beni strumentali, ritenuti congrui rispetto all’importo dei compensi maturati ed all’assenza di collegamento tra studio associato e studio individuale. La sola esistenza dell’attività svolta in entrambe le forme non poteva dunque giustificare la sussistenza del detto requisito. Il sindacato che la ricorrente intenderebbe sollecitare a questa Corte trasmoda dunque nel merito e non è ovviamente a questa consentito.
Sulla base delle superiori considerazioni il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore del resistente in Euro 4500,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15%, da distrarre in favore del procuratore distrattario che ne ha fatto richiesta.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021