Ai sensi dell'art. 2 della l. n. 47 del 2017 si qualifica come "minore straniero non accompagnato", ai fini dell'applicazione degli istituti di tutela apprestati dall'ordinamento, il minore che, non solo sia privo di assistenza materiale, ma che sia anche privo di soggetti che ne abbiano la rappresentanza legale in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano, allo scopo di garantirne l'interesse superiore e di esercitare la capacità di agire per suo conto, ove necessario. Nella categoria dei minori stranieri non accompagnati, in particolare, rientra anche quella dei minori affidati di fatto dai loro genitori residenti all'estero ad un parente che sia in grado di prendersene cura in Italia.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso per conflitto di competenza d’ufficio iscritto al n. R.G.
9677/2020 sollevato dal Tribunale di Venezia avverso l’ordinanza n. R.G. 33/20 depositata il 4/3/2020, nel procedimento relativo a:
Q.V.;
– ricorrente –
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12.10.2021 dal Consigliere Relatore Dott. SCOTTI UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE;
lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DOTT.SSA ZENO IMMACOLATA, che chiede dichiararsi la competenza del Tribunale per i minorenni di Venezia.
FATTI DI CAUSA
1. Il Sindaco pro-tempore del Comune di Cordigliano con provvedimento del 21.12.2019, ha disposto, L. 4 maggio 1983, n. 184, ex art. 4, comma 1, l’affido intra-familiare del minore di nazionalità albanese, Q.V., nato il *****, allontanatosi dal suo paese con il consenso dei genitori per trasferirsi temporaneamente in Italia, presso l’abitazione della sorella e del marito di lei, i quali avevano espresso il loro consenso al riguardo.
Il giudice tutelare del Tribunale di Treviso, pronunciandosi sulla richiesta di esecutività del predetto provvedimento, con decreto del 9.1.2020 ha dichiarato la propria incompetenza, trasmettendo gli atti al Tribunale per i minorenni di Venezia per l’apertura della tutela e la nomina di un tutore.
Il Giudice trevigiano ha affermato che, a norma del D.Lgs. n. 220 del 2017, art. 2, comma 2 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 26, comma 5, poiché il minore privo di genitori nel territorio nazionale doveva essere considerato, ex art. 2 della L. n. 47 del 2017, “minore straniero non accompagnato”, l’apertura della tutela era rimessa al Tribunale per i minorenni, mentre era da escludere l’applicabilità della disciplina di cui alla L. n. 184 del 1983, artt. 4 e 9. Ciò perché il minore era privo degli esercenti la responsabilità genitoriale sul territorio nazionale, non potendosi ritenere valido per il nostro ordinamento l’atto notarile di delega della responsabilità genitoriale sottoscritto dai genitori del minore.
Nel fascicolo del Tribunale di Treviso, oltre all’ordinanza sindacale, sono contenute la traduzione giurata dell’atto notarile redatto il 4.12.2019 e la relazione dei servizi sociali; questi ultimi, dopo avere sentito il minore, hanno positivamente valutato la sua situazione alloggiativa e relazionale presso il nucleo familiare della sorella, le condizioni economiche di quest’ultima e del marito, i progetti di istruzione e di integrazione formulati per il ragazzo e la situazione della sua famiglia di origine in Albania, concludendo per l’idoneità della coppia affidataria a prendersi cura del minore. Data pubblicazione 29/12/2021 La relazione è corredata dall’atto di assenso della sorella del minore e del marito “a provvedere alla cura ed al mantenimento” del ragazzo loro affidato “sottoposto alla roonsabilità genitoriale dei genitori residenti in Albania”, a garantirgli “valide condizioni ambientali e relazionali, utili per la sua maturazione plico-fisica e per la sua socializzazione”, a “prendere in caso di assoluta urgenza, i necessari provvedimenti, diretti ad attuare ogni intervento medico e/ o chirurgico necessario e a darne immediate comunicazioni ai genitori e al servizio sociale comunale”.
Con ordinanza del 4.3.2020 il Tribunale per i minorenni di Venezia ha contestato che la condizione del minore Q.V. potesse essere qualificata come di “minore straniero non accompagnato” ai sensi della L. n. 47 del 2017, art. 2, e, conseguentemente, che sussistesse la sua competenza per l’apertura della tutela del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 26, comma 5, come modificato dal D.Lgs. n. 220 del 2017, art. 2, comma 2.
Il Tribunale lagunare ha ritenuto che la definizione contenuta nella L. n. 47 del 2017, art. 2, nell’utilizzare la congiunzione “e” tra le parole “assistenza” e “rappresentanza”, richiedesse la concorrenza di entrambe le condizioni e cioè che il minore si trovasse sul territorio nazionale, non solo privo degli esercenti la responsabilità genitoriale, ma anche che fosse totalmente privo di assistenza, essendo i due profili “inscindibilmente connessi”›, ai fini dell’applicazione degli istituti della tutela apprestati dall’ordinamento. Diversamente, il legislatore avrebbe utilizzato, anziché la congiunzione “e”, la “o” disgiuntiva. Nel caso di specie, ha rilevato il Tribunale per i minorenni, il ragazzo era collocato presso la sorella e non poteva certamente considerarsi “privo di assistenza” e quindi “minore straniero non accompagnato”.
Il Tribunale per i minorenni di Venezia ha aggiunto che il minore, pur privo dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul territorio nazionale, era comunque affidato alla sorella, da considerarsi “adulto per lui legalmente responsabile” ai sensi dell’art. 2 della L. 47/2017; nel caso di specie, infatti, non era applicabile la legge italiana, ma la legge albanese, che consente l’affido del minore ad un parente (nel caso di specie la sorella), con il solo limite del rispetto per il nostro ordinamento dei principi di ordine pubblico, che in questo caso non apparivano violati, essendo il minore pienamente tutelato nella realtà familiare.
Infine il Tribunale per i minorenni di Venezia ha osservato che il concetto di minore straniero non accompagnato era stato elaborato, oltre che nella L. n. 47 del 2017 e nel D.Lgs. n. 142 del 2015, già nell’ambito della legislazione relativa all’immigrazione (artt. 32 e 33 T.U.), nel c.d. “decreto accoglienza”, riguardante i richiedenti protezione internazionale, nel D.Lgs. n. 25 del 2008 e D.Lgs. n. 251 del 2007, nel D.L. n. 13 del 2017 e D.L. n. 113 del 2018 (attuativo della direttiva 2013/33/UE) con lo scopo di garantire a tali minori un’accoglienza qualificata ed adeguata alla loro condizione di minori; di conseguenza doveva escludersi che potesse rientrare nell’ambito dei “minori stranieri non accompagnati” un minore affidato ad un parente diretto, appositamente designato come affidatario dai genitori con atto notarile, dovendosi al contrario tale soggetto ritenere l'”adulto legalmente responsabile” per il minore ai sensi della L. n. 47 del 2017, art. 2, soprattutto in considerazione delle sue capacità economiche ed affettive di prendersi cura del minore e di rappresentarlo nel senso del suo migliore interesse.
Il Tribunale per i minorenni di Venezia ha pertanto sollevato regolamento di competenza.
La Procura generale ha concluso chiedendo la dichiarazione di competenza del Tribunale per i minorenni di Venezia.
2. Con ordinanza n. 9271 del 2021 questa Corte ha osservato quanto segue, tracciando una preliminare disamina del quadro normativo applicabile:
“La L n. 47 del 2017, art. 2 stabilisce che: “Ai fini di cui alla presente legge, per minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello Stato si intende il minorenne non avente cittadinanza italiana o dell’Unione Europea che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato o che è altrimenti sottoposto alla giurisdizione italiana, privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano.
Il D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 19, comma 5, così come modificato dalla L. n. 220 del 2017, art. 2 ha disciplinato le modalità di tutela dei minori non accompagnati come segue: “L’autorità di pubblica sicurezza dà immediata comunicazione della presenza di un minore non accompagnato al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni e al Tribunale per i minorenni per l’apertura della tutela e la nomina del tutore ai sensi degli artt. 343 e s.s. c.c. e delle relative disposizioni di attuazione del medesimo codice, in quanto compatibili, e per la ratifica delle misure di accoglienza predisposte, nonché al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con mezzi idonei a garantirne la riservatezza, al fine di assicurare il censimento e il monitoraggio della presenza dei minori non accompagnati. Il provvedimento di nomina del tutore e gli altri provvedimenti relativi alla tutela sono adottati dal presidente del tribunale per i minorenni o da un giudice da lui delegato”. Il legislatore ha apprestato un sistema di protezione di natura pubblicistica, all’interno del quale la funzione di spicco è quella del tutore, designato sulla base di specifiche competenze.
Risulta di palmare evidenza la radicale differenza tra i due sistemi legislativi di riferimento e di centrale rilievo la corretta qualificazione giuridica della posizione del minore oggetto del presente giudizio all’interno del nostro ordinamento.
Al riguardo deve rilevarsi che, come già evidenziato dal Tribunale per i minorenni di Venezia, la Corte di Cassazione (ord. 9199 del 2019) in fattispecie del tutto omologa (minore albanese, affidamento da parte dei genitori al fratello soggiornante in Italia) ne ha ritenuto la riconduzione all’interno della categoria del minore straniero non accompagnato. In particolare è stato a affermato che “Ai sensi della L. n. 47 del 2017, art. 2 si qualifica come “minore straniero non accompagnato”, ai fini dell’applicazione degli istituti di tutela apprestati dall’ordinamento, il minore che, non solo sia privo di assistenza materiale, ma che sia anche privo di soggetti che ne abbiano la rappresentanza legale in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano, allo scopo di garantirne l’interesse superiore e di esercitare la capacità di agire per suo conto, ove necessario. Ne consegue che è competente il tribunale per i minorenni e non il tribunale ordinario in funzione di giudice tutelare all’apertura di una tutela per un minore straniero, privo di genitori sul territorio nazionale, ma da questi affidato, con atto notarile, alle cure ed alla rappresentanza legale del fratello dimorante in Italia, non potendosi considerare tale forma di delega della responsabilità genitoriale valida nel nostro ordinamento”. Secondo quanto indicato nel precedente sopra illustrato è sufficiente che uno dei due requisiti legati dalla congiunzione “e” contenuti nella L. n. 47 del 2017, art. 2 sia mancante perché il minore straniero sia da ritenere “non accompagnato” e deve escludersi che la delega della responsabilità genitoriale rilasciata con atto notarile possa avere efficacia legale nel ns. ordinamento in quanto solo ai genitori è conferita la responsabilità genitoriale non essendone consentita la trasmissione in forma privatistica.
Deve tuttavia rilevarsi che, come suggerito dal provvedimento che ha sollevato il conflitto negativo, è necessario verificare quale sia il paradigma legislativo alla luce del quale verificare la conformità legale della delega della rappresentanza legale del minore. Il richiamo alle “norme vigenti nell’ordinamento italiano” non conduce ineluttabilmente a ritenere applicabili in via esclusiva le norme codicistiche interne in tema di titolarità ed esercizio della responsabilità genitoriale, dovendosi misurare l’indagine da svolgere con l’elemento di estraneità costituito dalla nazionalità e cittadinanza straniera del minore. Occorre, pertanto, porsi il problema dell’individuazione della norma di diritto internazionale privato, interna o convenzionale idonea a stabilire quale sia effettivamente il regime giuridico della responsabilità genitoriale applicabile alla specie, fermo il limite costituito dall’ordine pubblico ove sia applicabile una norma straniera. Al riguardo la L. n. 218 del 1995, art. 42 stabilisce che la legge applicabile in tema di protezione dei minori (all’interno della quale si collocano le questioni attinenti alla titolarità e all’esercizio della responsabilità genitoriale) è regolata dalla Convenzione dell’Aja del 1961, attualmente sostituita da quella del 19 ottobre 1996 ratificata con L. 18 giugno 2015, n. 101 non essendo il minore cittadino UE.
L’art. 16 della Convenzione recita: 1. L’attribuzione o l’estinzione di pieno diritto di una responsabilità genitoriale, senza l’intervento di un’autorità giudiziaria o amministrativa, è regolata dalla legge dello Stato di residenza abituale del minore. 2. L’attribuzione o l’estinzione di una responsabilità genitoriale tramite accordo o atto unilaterale, senza l’intervento di un’autorità giudiziaria o amministrativa, è regolata dalla legge dello Stato di residenza abituale del minore nel momento in cui l’accordo o l’atto unilaterale entra in vigore.3. La responsabilità genitoriale esistente secondo la legge dello Stato di residenza abituale del minore sussiste dopo il trasferimento di tale residenza abituale in un altro Stato.4. In caso di trasferimento della residenza abituale del minore, l’attribuzione di pieno diritto della responsabilità genitoriale ad una persona cui tale responsabilità non fosse già stata attribuita è regolata dalla legge dello Stato di nuova residenza abituale”.
Ove, peraltro, si ritenesse che la domanda di affido sia da ricondurre latu sensu all’ambito dell’adozione, la L. n. 218 del 1995, art. 41 potrebbe condurre ad impostare la questione controversa come una richiesta di riconoscimento di un atto straniero di affido. Più in generale, la normazione di diritto internazionale privato in tema di rapporti familiari e diritti delle persone non conduce all’applicazione necessaria della legge interna italiana.
Ritiene, in conclusione, il Collegio, che la complessità delle questioni poste dalla proposizione del conflitto negativo di competenza di cui è causa determinino la necessità di richiedere una relazione all’ufficio del Massimario in relazione alla esatta individuazione della legge applicabile al fine di valutare la validità ed efficacia dell’atto notarile di delega della rappresentanza legale del minore con illustrazione, in caso di rinvio alla legge albanese, degli istituti che regolano la fattispecie, ed alla conseguente domanda di affido, formulata dai familiari del minore, tenuto conto anche della giurisprudenza sovranazionale eventualmente rilevante nella fattispecie.”
3. Per questo motivo è stata richiesta all’Ufficio del Massimario una relazione di approfondimento sulle questioni sopra illustrate, che è stata predisposta e acquisita agli atti del procedimento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. E’ opportuno in via preliminare procedere all’esame dell’atto notarile sottoscritto dai genitori del minore.
Dalla lettura dell’atto, tradotto in un italiano approssimativo, è comunque possibile comprendere agevolmente che si tratta di una dichiarazione unilaterale proveniente dai genitori del minore, resa avanti ad un Notaio che ne ha autenticato le firme.
I genitori hanno in quella sede affermato che:
– a causa delle loro precarie condizioni economiche (“difficili motivi economici”) erano impossibilitati ad accudire il figlio in Albania;
– acconsentivano che egli andasse a vivere “permanentemente” in Italia con la sorella, munendosi della documentazione di soggiorno e frequentando la scuola (“siamo d’accordo che egli stia permanentemente in Italia, munirsi con la rispettiva documentazione per stare allo stato italiano e andare anche a scuola”);
– disponevano che, durante il soggiorno in Italia, il figlio fosse accudito dalla sorella che provvederà al vitto, all’alloggio ed a quant’altro gli sarà necessario (“…sarà sotto accudimento di sua sorella, residente in Cordignano….la quale l’accudirà sul vitto, l’alloggio e tutt’altro che nostro figlio avrà bisogno durante il soggiorno in Italia”).
Il Notaio si è limitato a trascrivere e a rileggere la dichiarazione resa dalle parti, autenticandone le firme.
Gli unici due richiami normativi alla legge albanese contenuti nell’atto notarile sono, in premessa, l’art. 39, lett. h) della legge “per il Notariato” e, nella parte finale, relativa alla sottoscrizione, la L. 20 dicembre 2018, n. 110, art. 102 “Sul Notariato”.
Come risulta dalla relazione dell’Ufficio del Massimario, che si è avvalso all’uopo della collaborazione dell’International component expert leader of the School of Magistrates and legai professione in Albania, il primo riferimento normativo riguarda la norma contenuta nella vecchia legge sul notariato, corrispondente all’attuale della nuova L. n. 110 del 2018, art. 102, norma che reca esclusivamente prescrizioni sulle modalità formali di redazione degli atti da parte del notaio e sulle modalità di sottoscrizione delle parti.
2. L’Ufficio del Massimario, con la collaborazione del Ministero della Giustizia, ha espletato l’indagine richiesta volta a verificare se l’ordinamento albanese riconosca alla dichiarazione unilaterale rilasciata avanti al notaio dai genitori del minore un significato giuridico, legalmente riconosciuto e, in caso positivo, quale esso fosse.
Dall’esame delle norme del Codice albanese della famiglia, approvato con la L. 8 maggio 2003, n. 9062, che disciplinano la responsabilità genitoriale (articoli da 215 a 239) nonché di quelle che disciplinano la nomina di un tutore in favore del minore rimasto privo di entrambi gli esercenti la responsabilità genitoriale (articoli da 263 a 306), emerge un quadro normativo praticamente sovrapponibile a quello italiano, nell’ambito del quale non vi è alcuno spazio per iniziative private da parte dei genitori in ordine alla delega della responsabilità genitoriale a terzi, poiché, come nel nostro sistema, ogni provvedimento che incida sulla responsabilità genitoriale deve essere assunto dal tribunale, ivi compreso il collocamento del minore presso altra famiglia affidataria (art. 266).
Così come nel nostro codice civile (art. 348 c.c.), l’unico spazio lasciato al genitore esercente la responsabilità genitoriale di esprimere la propria volontà è rappresentato dalla possibilità attribuita dall’art. 265 all’ultimo dei genitori che ha esercitato la responsabilità genitoriale, di designare un tutore per il minore, con testamento o con scrittura privata autenticata. Tale designazione, destinata a divenire operativa comunque sempre nei casi previsti dall’art. 263, in cui si debba far luogo alla nomina di un tutore, per la morte o l’incapacità dei titolari della responsabilità genitoriale, può sempre essere disattesa dal Tribunale nel caso di rifiuto del designato o nel caso in cui egli non abbia i requisiti di idoneità richiesti dallo stesso codice.
3. Come già evidenziato nell’ordinanza interlocutori è necessario procedere alla determinazione della competenza e della legge applicabili secondo l’ordinamento internazional-privatistico.
Ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 42, la giurisdizione e la legge applicabile in materia di protezione dei minori sono regolate dalla Convenzione dell’Aja del 19.10.1996, resa esecutiva in Italia con L. 18 giugno 2015, n. 1012 e sottoscritta anche dall’Albania che vi ha aderito il 18.5.2006, ratificandola con legge entrata in vigore il 1.4.2007.
La competenza dell’Italia sussiste, sia ai sensi degli artt. 1, 2 e 5 che prevedono quale principio generale la competenza in materia di protezione dei minori dell’autorità dello Stato contraente nel quale il minore ha la “residenza abituale”, in considerazione del tenore della dichiarazione notarile dei genitori, confermata dalle risultanze della relazione dei servizi sociali, che riferisce di un trasferimento in Italia del ragazzo “non temporaneo”, sia ai sensi dell’art. 11, in virtù del quale “In tutti i casi di urgenza, sono competenti ad adottare le misure di protezione necessarie le autorità di ogni Stato contraente sul cui territorio si trovano il minore o dei beni ad esso appartenenti”, visto che la condizione del minore, presente in Italia senza gli esercenti la responsabilità genitoriale, rende necessario un intervento urgente.
Ai sensi dell’art. 15, par. 1 della Convenzione, che dispone “Nell’esercizio della competenza loro attribuita dalle disposizioni del capitolo II, le autorità degli Stati contraenti applicano la propria legge”, in entrambi i casi la legge applicabile è la lex fori, pur essendo consentito, in virtù del paragrafo 2, l’applicazione in via eccezionale, della legge di un altro Stato col quale la situazione presenti uno stretto legame “nella misura in cui la protezione della persona o dei beni del minore lo richieda”.
4. Il quadro normativo di riferimento può essere così ricostruito.
L’art. 343 c.c., rubricato “Apertura della tutela” non fa distinzione tra minori italiani e minori stranieri e stabilisce che “Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la responsabilità genitoriale.., si apra la tutela presso il tribunale del circondario, dove è la sede principale degli affari e degli interessi del minore”.
La L. n. 184 del 1983, art. 2, comma 1, afferma che “il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo…. è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno”.
Ai sensi del successivo art. 4 “l’affidamento familiare, è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la responsabilità genitoriale, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto”. Il comma 2 dispone, inoltre, che, “ove manchi l’assenso dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni” e che “si applicano gli artt. 330 e s.s. c.c.”.
L’art. 4 aggiunge anche che “nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell’esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatati, e le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l’affidamento con l’obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l’affidamento, deve riferire senza indugio al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento di particolare rilevanza ed è tenuto a presentare una relazione semestrale sull’andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile ulteriore durata e sull’evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza. 4. Nel provvedimento di cui al comma 3, deve inoltre essere indicato il periodo di presumibile durata dell’affidamento che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d’origine. Tale periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore. 5. L’affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l’interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d’origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore. 6. Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto, ovvero intervenute le circostanze di cui al comma 5, sentiti il servizio sociale locale interessato ed il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, richiede, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l’adozione di ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore.”
Con riferimento a tale istituto il Servizio sociale del comune di Cordigliano ha chiesto la dichiarazione di esecutività al giudice tutelare, sul presupposto che l’atto di affidamento da parte dei genitori del minore con atto notarile, potesse valere come manifestazione di consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale ai sensi della predetta norma.
La stessa L. n. 183 del 1984, art. 9, comma 4 stabilisce che “chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l’accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. L’omissione della segnalazione può comportare l’inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l’incapacità all’ufficio tutelare”.
Il comma 5 della stessa norma prosegue poi affermando che “nello stesso termine di cui al comma 4, uguale segnalazione deve essere e ettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia parente entro il quarto grado il figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi. L’omissione della segnalazione può comportare la decadenza dalla responsabilità genitoriale sul figlio a norma dell’art. 330 c.c. e l’apertura della procedura di adottabilità.”.
Da tali disposizioni, a contrario, si deduce l’esistenza della categoria dei minori “affidati di fatto”, cioè di quei minori che sono stati affidati a parenti entro il quarto grado dai genitori, esonerati da qualunque obbligo di segnalazione che è previsto solo per gli affidamenti a parenti oltre il quarto grado. La prima definizione dei “minori stranieri non accompagnati” si rinviene nel D.P.C.M. n. 535 del 1999, recante il “Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri a norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 33 commi 2 e 2 bis”, che all’art. 1, comma 2, definisce “minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello Stato… il minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell’Unione Europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano”.
Il D.Lgs. n. 142 del 2015 (c.d. decreto accoglienza), che ha dato attuazione alla Direttiva 2013/33/UE, ha ricalcato in parte la definizione contenuta nel predetto D.P.C.M. n. 535 del 1999, qualificando all’art. 2, comma 1, lett. e), il minore straniero non accompagnato come “lo straniero di età inferiore ai diciotto anni, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale”.
La disposizione si inserisce all’interno di un tessuto normativo che ha tentato di organizzare la disciplina del regime giuridico dei minori stranieri non accompagnati, disegnando un sistema unico di accoglienza in grado di superare tendenzialmente la distinzione tra minori stranieri non accompagnati e minori richiedenti protezione, con il divieto assoluto dell’accoglienza dei minori presso strutture non specializzate, l’introduzione dell’ascolto obbligatorio dei minori in questione da parte delle autorità con le quali essi vengono in contatto, e la previsione della necessaria presenza di uno psicologo dell’età evolutiva e delle indagini familiari.
In tema di apertura della tutela per tali minori, l’art. 19, comma 5, dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 220 del 2017, art. 2, comma 1, lett. b) (c.d. decreto correttivo), stabilisce che la relativa competenza, prima attribuita al giudice tutelare, sia ora di competenza del tribunale per i minorenni, al quale “l’autorità di pubblica sicurezza dà immediata comunicazione della presenza di un minore non accompagnato.. per l’apertura della tutela e la nomina del tutore ai sensi degli artt. 343 e s.s. c.c. e delle relative disposizioni di attuazione del medesimo codice, in quanto compatibili, e per la ratifica delle misure di accoglienza predisposte, nonché al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con mezzi idonei a garantirne la riservatezza, al fine di assicurare il censimento e il monitoraggio della presenza dei minori non accompagnati”.
La relazione illustrativa del d. lgs. n. 220 del 2017 indica così le ragioni che hanno indotto il legislatore ad attribuire tale competenza al Tribunale per i minorenni: “”il doppio binario” giurisdizionale, ossia giudice minorile e giudice tutelare, costituisce un’inutile e dannosa complicazione procedimentale, in quanto comporta l’invio doppio di ogni comunicazione da parte delle forze di polizia e degli enti locali, nonché l’avvio di un doppio procedimento presso due distinti uffici giudiziari, con tutte le conseguenze che ne derivano in materia di incombenze di cancelleria, iscrizione nei registi generali, avvisi, ascolto del minore da parte di due diversi giudici, rischio di sovrapposizione dei due procedimenti, con un dispendio di energie e di costi ingiustificato (soprattutto in un contesto di grave sofferenza degli uffici giudiziari). Il rischio concreto, però, è che i due procedimenti, quello minorile e quello aperto presso il giudice tutelare, possano di fatto sovrapporsi, creando interferenze l’un l’altro, e soprattutto non apportando alcun beneficio concreto alla tutela del minore straniero non accompagnato. Peraltro, l’elenco dei tutori è istituito presso i tribunali per i minorenni, in forza della recente L. 7 aprile 2017, n. 47 (Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati)”.
La L. n. 47 del 2017, in parte ricalcando la previgente disciplina di cui al D.P.C.M. 13 aprile 1999, n. 535, art. 1, comma 2, definisce il “minore straniero non accompagnato” come il “minorenne non avente cittadinanza italiana o dell’Unione Europea, che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato o che è altrimenti sottoposto alla giurisdizione italiana, privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano”.
La legge prevede procedure certe per l’identificazione dei minori (art. 5 che introduce nel nuovo D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 19-bis), attribuendone, dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 220 del 2017, la competenza al Tribunale per i minorenni; l’individuazione di specifiche procedure per il compimento delle indagini familiari (art. 6, che aggiunge al D.Lgs. n. 142 del 2015 art. 19, commi 7 bis, 7 ter, 7 quater); l’effettuazione di campagne di sensibilizzazione, a cura degli enti locali, per promuovere l’istituto dell’affido dei minori in questione, “in via prioritaria rispetto al ricovero presso una struttura di accoglienza” (art. 7 che inserisce alla L. n. 184 del 1983, art. 2, commi 1 bis e 1 ter); l’istituzione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali del “Sistema informativo nazionale dei minori stranieri non accompagnati”; la creazione della c.d. “Cartella sociale”, redatta dopo il primo colloquio del minore con l’autorità, in cui devono essere evidenziati “gli elementi utili alla determinazione della soluzione di lungo periodo migliore per il minore”; l’obbligo di trasmettere la cartella ai servizi sociali ed alla procura per i minori; il diritto all’assistenza legale gratuita per il minore secondo le regole per l’ammissione al gratuito patrocinio ed al di là della stretta necessità di un procedimento giurisdizionale, anche al solo fine di consentire al minore di avvalersi di prestazioni di consulenza (art. 16 che aggiunge all’art. 76 T.U. sulle spese di giustizia il comma 4 quater); la predisposizione di “misure di accompagnamento verso la maggiore età e misure di integrazione di lungo periodo” (art. 13, comma 2), al fine di escludere il pericolo che con il raggiungimento della maggiore età, siano improvvisamente recise le misure di sostegno apprestate per il minore, vanificando tutto il percorso antecedente, sicché quando un minore straniero non accompagnato “al compimento della maggiore età, pur avendo intrapreso un percorso di inserimento sociale, necessita di un supporto prolungato volto al buon esito di tale percorso finalizzato all’autonomia, il tribunale per i minorenni può disporre, anche su richieste dei servizi sociali, con decreto motivato, l’affidamento ai servizi sociali, comunque non oltre il compimento del ventunesimo anno di età”.
Sono contemplate altresì norme relative al “diritto all’istruzione ed alla salute del minore” (art. 14), mentre il “diritto all’ascolto”, già previsto dal D.Lgs. n. 142 del 2015, è stato arricchito con la previsione dell’assistenza affettiva e psicologica, garantita in “ogni stato e grado del procedimento, con la presenza di persone idonee indicate dal minore, nonché di gruppi, fondazioni, associazioni ed organizzazioni non governative di comprovata e.Oerienza nel settore dell’assistenza ai minori stranieri non accompagnati” (art. 15 che inserisce nel D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 18, comma 2 bis).
L’art. 11 istituisce, inoltre, presso il Tribunale per i minorenni un “elenco di tutori volontari”, a cui “possono essere iscritti privati cittadini, selezionati ed adeguatamente formati, da parte dei garanti regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano per l’infanzia e l’adolescenza, disponibili ad assumere la tutela di un minore straniero non accompagnato”.
L’art. 10 della legge, applicabile a tutti i minori stranieri non accompagnati e non soltanto a quelli richiedenti protezione internazionale, rubricato “Permessi di soggiorno per minori stranieri per i quali sono vietati il respingimento o l’espulsione”, stabilisce che “Quando la legge dispone il divieto di respingimento o di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno: a) per minore età. In caso di minore straniero non accompagnato, rintracciato nel territorio nazionale e segnalato alle autorità competenti, il permesso di soggiorno per minore età è rilasciato su richiesta dello stesso minore, direttamente o attraverso l’esercente la responsabilità genitoriale, anche prima della nomina del tutore ai sensi dell’art. 346 c.c., ed valido fino al compimento della maggiore età; b) per motivi familiari, per il minore di quattordici anni affidato, anche ai sensi della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 9, comma 4, e successive modificazioni, o sottoposto alla tutela di un cittadino italiano con lo stesso convivente, ovvero per il minore ultraquattordicenne affidato, anche ai sensi della medesima L. n. 184 del 1983, art. 9, comma 4, e successive modificazioni o sottoposto alla tutela di uno straniero regolarmente soggiornante nel territorio nazionale o di un cittadino italiano con lo stesso convivente”.
Tale norma consente al minore stesso di richiedere il permesso di soggiorno per minore età, con l’evidente scopo di evitare vuoti di tutela che possano nascere dall’eventuale ritardo nella nomina del tutore.
5. Questa Corte si è già espressa in materia con un unico precedente specifico (Sez.6-1, n. 9199 del 2019, Rv.653698 – 01) relativo ad un caso analogo a quello in esame, visto che anche in quel caso si trattava di un minore albanese affidato con atto notarile dai genitori al fratello dimorante in Italia ed anch’esso verificatosi nella vigenza del quadro normativo attuale, successivo alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 220 del 2017 al D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 19, comma 5.
In quell’occasione è stato ritenuto che la dizione della L. n. 47 del 2017, art. 2 richiede, perché possa escludersi la riconducibilità alla categoria dei minori stranieri non accompagnati, non solo che il minore si trovi sul territorio nazionale debitamente assistito da persone che se ne prendano cura sotto tutti i profili, ma anche che sul territorio nazionale siano presenti persone che possano legittimamente esercitare la responsabilità genitoriale su di loro. Diversamente, mancando anche uno solo dei predetti requisiti (in particolare l’attitudine all’esercizio della rappresentanza legale), il minore deve considerarsi come “non accompagnato”, come conferma l’uso da parte del legislatore nella formulazione dell’art. 2 della congiunzione “e” tra le parole “assistenza” e “rappresentanza”. E’ stato anche ritenuto che l’atto notarile con il quale il minore era stato affidato al fratello non possedeva valore nel nostro ordinamento.
6. A tale specifico e puntuale precedente va conferita continuità, dovendosi ritenere superabili i dubbi espressi nell’ordinanza interlocutoria alla luce delle indagini e degli approfondimenti esperiti.
L’analisi dell’atto notarile di affidamento sottoscritto dai genitori del minore e l’esame delle norme in esso richiamate e della legislazione albanese relativa alla responsabilità genitoriale consentono di affermare, preliminarmente, che in questo caso non siamo di fronte ad un’ipotesi di delega della responsabilità genitoriale valida secondo l’ordinamento albanese, ma semplicemente ad una situazione di fatto in virtù della quale il minore ha fatto ingresso in Italia, con il consenso dei genitori residenti in Albania.
Costoro, per le ragioni economiche esposte nella dichiarazione, lo hanno affidato alle cure della sorella, regolarmente residente in Italia con il marito ed i figli, affinché lo facesse studiare e lo mantenesse; in tal senso il Notaio ha attestato semplicemente che, effettivamente, i genitori del minore hanno dichiarato, in sua presenza, quanto riportato nell’atto, sottoscrivendolo.
E’ quindi chiaro che il minore, pur assistito e convivente con la sorella, si trova sul territorio italiano senza soggetti che possano legittimamente rappresentarlo ed esercitare su di lui la responsabilità genitoriale.
La situazione del minore così descritta ne determina l’inclusione nella categoria dei minori stranieri non accompagnati.
Anche a prescindere dall’interpretazione del dato strettamente letterale della definizione contenuta nell’art. 2, opportunamente valorizzata a tal fine nel precedente della O. n. 9199 del 2019, l’intero impianto degli ultimi interventi normativi in materia ha inequivocabilmente compiuto un passo decisivo ed irreversibile verso l’inclusione in tale categoria anche dei minori non richiedenti asilo e ha costruito un arsenale ampio e variegato di strumenti di tutela per coprire astrattamente tutte le diverse declinazioni di tale condizione.
Più in particolare, nella categoria dei minori stranieri non accompagnati rientra anche quella dei minori affidati di fatto dai loro genitori residenti all’estero ad un parente che sia in grado di prendersene cura in Italia.
Lo conferma il disposto della L. n. 47 del 2017, art. 10, comma 1, lett. b), che reca “Disposizioni in materia di protezione dei minori stranieri non accompagnati” che, nel disciplinare il tema del rilascio di permessi di soggiorno per minori stranieri per i quali sono vietati il respingimento o l’espulsione, annovera tra quelli a cui può essere rilasciato il permesso di soggiorno per “motivi di famiglia” “il minore di quattordici anni affidato, anche ai sensi della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 9, comma 4… ovvero il minore ultraquattordicenne affidato, anche ai sensi della medesima L. n. 184 del 1983, art. 9, comma 4….”.
La norma infatti, chiaramente ricomprende tutte le categorie di minori affidati, sia a parenti entro il quarto grado, per i quali, come si desume a contrario dalla L. n. 184 del 1983, art. 9, non è necessaria alcuna segnalazione all’autorità, sia i minori affidati a parenti oltre il quarto grado per i quali entrano in gioco i limiti indicati nel comma 4.
7. La valutazione del preminente interesse del minore deve sempre guidare le scelte dell’interprete, sia pure nel bilanciamento dei diversi interessi in gioco; è chiaro tuttavia che l’appartenenza alla categoria dei minori stranieri non accompagnati nel nostro ordinamento, non sottrae, ma aggiunge tutele a tali persone, considerate ancora più vulnerabili della categoria generale dei minori.
Il nostro ordinamento, infatti, delinea un sistema di tutela che copre tutti gli spazi della vita del minore, dal suo ingresso in Italia fino alla maggiore età e anche oltre, in alcuni casi, giustificati proprio dal livello di maggiore sovraesposizione della condizione giuridica e psicologica di tali soggetti, e appresta in loro favore garanzie non previste per gli altri minori (ad es. l’ammissione al gratuito patrocinio, anche per la richiesta di mera consulenza legale, o la possibilità dell'”assistenza affettiva e psicologica” nel corso del procedimento).
Infine la L. n. 47 del 2017, integrata, quanto alle norme di competenza, con le modifiche di cui al D.Lgs. n. 220 del 2017, con l’obiettivo, dichiarato nella relazione illustrativa del cosiddetto “decreto correttivo”, di evitare “il doppio binario” giurisdizionale, ossia giudice minorile e giudice tutelare” considerato “un’inutile e dannosa complicazione procedimentale”, ha chiaramente voluto affidare la tutela dei minori stranieri non accompagnati interamente al Tribunale specializzato, titolare della competenza per l’apertura della tutela e per la ratifica delle misure di accoglienza predisposte, mentre ai presidenti di tali Tribunali è attribuita la responsabilità della creazione e della tenuta dell’albo dei tutori volontari, nonché quella di “stipulare protocolli d’intesa con i garanti regionali per l’infanzia e l’adolescenza” per “promuovere e facilitare” tale nomina (art. 11).
Alla Procura per i minorenni, inoltre, viene inviata la “cartella sociale”, dopo il primo colloquio del minore con le Autorità, ed al Tribunale per i minorenni è rimessa l’attuazione delle misure di accompagnamento del minore verso la maggiore età di cui all’art. 13. L’intento di concentrare presso il giudice specializzato le competenze in tema di minori stranieri non accompagnati, è reso evidente, d’altra parte, anche dall’attribuzione al Tribunale per i minorenni della competenza ad emettere il provvedimento attributivo dell’età ai minori stranieri non accompagnati privi di documenti, di cui al D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 19 bis, comma 9, scelta che nella relazione illustrativa citata viene considerata “maggiormente garantirla per il superiore interesse del minore, in ragione della specializzazione dell’autorità giudiziaria individuata.”.
Per concludere, il Tribunale per i minorenni è in grado di offrire al minore tutti gli strumenti di tutela previsti in loro favore dal nostro ordinamento, poiché anche lo strumento dell’affidamento familiare è ratificato da tale Tribunale e non dal giudice tutelare in assenza degli esercenti la responsabilità genitoriale con la conseguenza che non vi sarebbe incompatibilità tra l’utilizzazione di tale strumento di tutela e la competenza del Tribunale per i minori. (L. n. 184 del 1983, art. 4, comma 2).
8. Il ricorso deve quindi essere rigettato e deve essere dichiarata la competenza del Tribunale per i minorenni di Venezia, senza provvedimenti sulle spese, trattandosi di regolamento officioso.
La Corte ritiene necessario disporre che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e dichiara la competenza del Tribunale per i minorenni di Venezia.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2021