LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 21769 – 2019 R.G. proposto da:
S.A., – c.f. ***** – elettivamente domiciliato, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Civitanova Marche, alla via Fermi, n. 3, presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Lufrano, che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO dell’INTERNO, – c.f. ***** – in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia per legge;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 7639/2019 del Tribunale di Ancona;
udita la relazione nella camera di consiglio del 3 luglio 2020 del consigliere Dott. Luigi Abete.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. S.A., cittadino del *****, formulava istanza di protezione internazionale.
Esponeva che aveva lavorato nel suo paese d’origine come minatore; che nel 2014, a seguito del verificarsi di disordini e tumulti, i gestori della miniera avevano abbandonato il *****; che a causa del clima di violenza diffusa si era determinato a lasciare il suo paese d’origine.
2. La Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona rigettava l’istanza.
3. Con decreto n. 7639/2019 il Tribunale di Ancona respingeva il ricorso proposto da S.A. avverso il provvedimento della commissione territoriale.
Evidenziava il tribunale che le dichiarazioni del ricorrente, pur reputate attendibili, davano conto di una vicenda privata e dunque dell’insussistenza di violazioni dei diritti umani.
Evidenziava altresì che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).
Evidenziava infine che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.
4. Avverso tale decreto ha proposto ricorso S.A.; ne ha chiesto sulla base di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente, ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza pubblica.
5. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e 7 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis.
Deduce che, a fronte delle sue dichiarazioni, il tribunale avrebbe dovuto avvalersi dei poteri istruttori officiosi, onde acquisire informazioni in ordine alla capacità delle autorità costituite del suo paese d’origine di assolvere le funzioni a tutela dei cittadini.
6. Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento.
7. E’ senza dubbio vero che anche i c.d. soggetti non statuali possono considerarsi responsabili della persecuzione o del danno grave, ove lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi (cfr. Cass. (ord.) 1.4.2019, n. 9043).
E nondimeno è di certo congrua la valutazione del tribunale alla cui stregua si era, al più, al cospetto di “una vicenda di vita privata e di miglioramento socio – economico” (così decreto impugnato, pag. 2).
8. In tal guisa non vi era necessità alcuna chè il tribunale, mercè i suoi poteri istruttori officiosi, acquisisse informazioni circa l’efficienza degli apparati di polizia e giudiziari del *****.
Ciò tanto più che questa Corte spiega, per giunta, che, ritenuti non credibili i fatti allegati a sostegno della domanda, non è necessario far luogo ad un ulteriore approfondimento istruttorio, attivando il dovere di cooperazione istruttoria officiosa incombente sul giudice, dal momento che tale dovere non scatta laddove sia stato proprio il richiedente a declinare, con una versione dei fatti inaffidabile o inattendibile, la volontà di cooperare, quantomeno in relazione all’allegazione affidabile degli stessi (cfr. Cass. (ord.) 20.12.2018, n. 33096; Cass. 12.6.2019, n. 15794).
9. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8; il vizio di motivazione apparente.
Deduce che ha errato il tribunale a negargli la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c), cit., tanto più in considerazione dei poteri istruttori officiosi di cui il giudice del merito è investito.
Deduce invero che alla stregua del rapporto pubblicato nel sito del Ministero degli Esteri ed aggiornato al 3.6.2019 si ha riscontro, tra l’altro, di un attacco terroristico, il 2.3.2018, contro l’ambasciata francese ed il quartier generale delle forze armate locali nonchè della decretazione, il 31.12.2018, dello stato di emergenza in alcune province di talune regioni del paese.
10. Il secondo motivo di ricorso del pari è destituito di fondamento.
11. Ovviamente, in tema di protezione sussidiaria, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento “di fatto” rimesso al giudice del merito; il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. 21.11.2018, n. 30105; Cass. (ord.) 12.12.2018, n. 32064).
12. Su tale scorta, nel segno della previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e nel solco dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, si osserva quanto segue.
Per un verso, nessuna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla luce della citata pronuncia delle sezioni unite, si scorge nelle motivazioni alla stregua delle quali il Tribunale di Ancona ha disconosciuto la protezione sussidiaria art. 14 cit., ex lett. c).
Difatti il tribunale ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.
In particolare il tribunale ha evidenziato, alla stregua delle risultanze del report “USDOS” sui diritti umani in ***** del 13.3.2019, che il territorio del *****, nonostante taluni recenti attacchi terroristici, deve reputarsi sotto il controllo dell’autorità statuale, sicchè è esente ed immune da situazioni di conflitto armato generalizzato, costituenti, per i civili presenti nell’area, fattore di pericolo per la vita e l’incolumità personale Per altro verso, il tribunale ha indiscutibilmente disaminato il fatto decisivo caratterizzante, in parte qua, la res litigiosa, ossia la concreta sussistenza dell’ipotesi in astratto prefigurata all’art. 14 cit., lett. C.
Per altro verso ancora, il ricorrente fa, sì, riferimento al rapporto del Ministero degli Esteri aggiornato a data più recente.
E tuttavia siffatto rapporto riferisce, quale episodio terroristico più ravvicinato, di un attacco contro l’ambasciata francese ed il quartier generale delle forze armate locali comunque risalente al 2.3.2018. Ulteriormente dallo stesso rapporto non risulta se le province delle regioni interessate dalla decretazione, datata 31.12.2018, dello stato di emergenza ricomprendano anche il territorio della città di *****, ove il ricorrente è nato e vissuto.
13. In questo quadro, analogamente, per nulla si prefigurava la necessità che, ai fini della protezione sussidiaria art. 14 cit., ex lett. c) il tribunale si avvalesse dei suoi poteri istruttori officiosi.
14. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.
Deduce che ha errato il tribunale a disconoscere la protezione umanitaria.
Deduce che il tribunale, pur sulla scorta dei suoi poteri istruttori officiosi, avrebbe dovuto attendere al riscontro della condizione di elevata vulnerabilità, in cui si ritroverebbe qualora rimpatriato, con una valutazione differenziata rispetto a quella operata con riferimento alle protezioni cosiddette “maggiori”.
15. Il terzo motivo di ricorso parimenti è destituito di fondamento.
16. Senza dubbio la natura residuale ed atipica della protezione umanitaria implica che il suo riconoscimento debba essere frutto di valutazione autonoma, caso per caso, e che il suo rigetto non possa conseguire automaticamente al rigetto delle altre forme tipiche di protezione (cfr. Cass. (ord.) 7.8.2019, n. 21123).
17. Su tale scorta si rimarca che il tribunale, in tema di protezione umanitaria, nel quadro della debita valutazione comparativa, ha assunto, sì, che il ricorrente, qualora rimpatriato, non si sarebbe ritrovato in condizioni di elevata vulnerabilità sia in considerazione della natura privata della vicenda che lo aveva indotto ad espatriare (cfr. decreto impugnato, pag. 2) sia in considerazione delle condizioni di sufficiente pacificazione del territorio del *****.
E però a disconoscimento della condizione di elevata vulnerabilità il tribunale ha soggiunto che S.A. risultava ancora in contatto con i propri familiari residenti nel paese d’origine (cfr. decreto impugnato, pag. 8).
Ebbene, allorchè adduce che in sede di disconoscimento della protezione umanitaria è mancata la necessaria autonoma valutazione, il ricorrente neppure censura il testè riferito passaggio della motivazione dell’impugnato dictum, che evidentemente denota che S.A. non è sradicato dal suo contesto d’origine.
18. Si tenga conto, da ultimo, che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che “ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati”, deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni da parte delle commissioni territoriali e del giudice deve essere osservato in riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale, non potendo per contro addebitarsi la mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi, in ordine alla ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione, riferita a circostanze non dedotte (cfr. Cass. (ord.) 3.2.2020, n. 2355).
19. Il Ministero dell’Interno sostanzialmente non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio va pertanto assunta.
20. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. Seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 3 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021