Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.427 del 13/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23864-2019 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in Roma, viale Angelico, 38 presso lo studio dell’avv. Roberto Maiorana, che lo rappresenta e lo difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del ministro p.t.

istituzionalmente rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliato ex lege presso la sede di questa, in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 9059/2018 del Tribunale di Salerno depositato l’8 luglio 2019;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/07/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:

– il presente giudizio trae origine dal ricorso che il sig. S.M., cittadino *****, ha presentato avverso il provvedimento di diniego reso dalla Commissione territorialmente competente di Salerno per il riconoscimento della protezione internazionale;

– il ricorrente ha impugnato il predetto rigetto chiedendo al Tribunale di Salerno di riconoscere la protezione internazionale, quella sussidiaria e la protezione umanitaria;

– per ottenere la protezione richiesta il ricorrente ha dichiarato di avere lasciato il ***** in seguito a un incidente di auto nel quale aveva colposamente provocato la morte di un esponente politico, nel timore di subire una ritorsione da parte dei simpatizzanti;

– il tribunale ha negato al ricorrente il riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria;

– la cassazione del provvedimento è chiesta dal richiedente asilo con ricorso affidato a due motivi cui resiste il Ministero con controricorso;

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14 con riferimento alla mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto ex lege in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del Paese d’origine;

– secondo il ricorrente, il tribunale salernitano avrebbe compiuto una verifica solo parziale della condizione del *****, paese d’origine del richiedente la protezione e, pertanto, il decreto impugnato andrebbe cassato per motivazione apparente;

– il motivo è infondato;

– è orientamento consolidato di questa Corte (cfr. Cass. n. 19716/2018; id. n. 2954/2020) che in tema di protezione sussidiaria, il pericolo di “danno grave”, cui rischia di essere esposto il richiedente asilo in caso di rimpatrio e rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, deve essere considerato in chiave oggettiva e sempre con riferimento all’attualità, prescindendo dalle ragioni che hanno indotto il richiedente asilo ad emigrare;

– il giudice del merito ha applicato il principio di diritto sopra richiamato allorquando ha motivato il rigetto della richiesta argomentando che, secondo le fonti più recenti (specificamente richiamate alle pagg. da 9 a 13 del decreto), non vi sarebbe per il richiedente il rischio di subire, in caso di rimpatrio, un grave danno perchè è in atto nel ***** un processo di costante miglioramento della situazione di sicurezza e che nel periodo più recente la violenza terroristica è diminuita notevolmente, così da non raggiungere un’intensità tale da giustificare il riconoscimento della protezione;

– con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il difetto di motivazione e travisamento dei fatti in merito alla condizione di vulnerabilità del ricorrente, con conseguente falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese d’origine o che ivi possa correre gravi rischi;

– secondo il ricorrente, il giudice di prime cure si sarebbe limitato a rilevare la mancata credibilità del racconto del richiedente la protezione, senza ottemperare al dovere di comparare la condizione dello stesso in Italia rispetto alla eventuale violazione dei diritti umani cui andrebbe incontro in caso di ritorno al paese d’origine;

– il motivo è infondato;

– questa Corte ha anche di recente ribadito (cfr. Cass.8020/2020; id. n. 10922/2019) che il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente, relativo alla specifica situazione dedotta a sostegno di una domanda di protezione internazionale, non preclude al giudice di valutare altre circostanze che integrino una situazione di “vulnerabilità” ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, poichè la statuizione su questa domanda è frutto di una valutazione autonoma e non può conseguire automaticamente al rigetto di quella concernente la protezione internazionale;

– nel caso di specie, nessuna censura può essere mossa al giudice del merito, il quale ha rigettato la richiesta di protezione umanitaria non solo sulla base del giudizio di non credibilità del racconto del richiedente ma anche in ragione della mancata allegazione di gravi ed oggettivi motivi di carattere umanitario sicchè non è stata ravvisata in capo al ricorrente alcuna situazione di vulnerabilità e che il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari; nè il permesso richiesto può, come legittimamente considerato dal tribunale salernitano, essere connesso al mero radicamento sul territorio nazionale desunto dal solo contratto di lavoro perchè ciò contrasterebbe con le finalità dell’istituto, volto alla tutela dei diritti umani della persona;

– atteso l’esito sfavorevole di entrambi i motivi, il ricorso va respinto;

-in applicazione del principio della soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente e liquidate in Euro 2100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

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