LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25287-2019 proposto da:
W.X., elettivamente domiciliato in Torino, via Collegno n. 44, presso lo studio dell’avv.to SIMONA ALESSIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
PUBBLICO MINISTERO PROCURATORE GENERALE CORTE CASSAZIONE;
– intimati –
avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 10/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/10/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.
RILEVATO
CHE:
1. Il Tribunale di Milano, con decreto pubblicato il 10 luglio 2019, respingeva il ricorso proposto da W.X., cittadina della *****, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).
2. Il Tribunale evidenziava che la richiedente, aveva raccontato di essere scappata dalla ***** perchè si era avvicinata alla fede *****, in particolare al movimento della *****, e a causa di tale conversione era stata minacciata dal capo villaggio che, dopo averla scoperta, aveva minacciato di denunciarla alla polizia. La ricorrente si era trasferita in un altro villaggio ospite di una consorella, per continuare a professare la propria religione, ma sentendo la mancanza dei propri familiari aveva fatto ritorno a casa. Qui il marito l’aveva informata che la polizia si era presentata per chiedere sue notizie e le aveva ingiunto di presentarsi al comando e così la ricorrente era scappata. Dopo altre vicissitudini, stanca di doversi trasferire continuamente e temendo di essere arrestata, aveva deciso di abbandonare definitivamente la *****.
Il Tribunale preliminarmente rilevava che non era necessario procedere a rinnovare il colloquio personale con il ricorrente, essendo stati raccolti tutti gli elementi necessari ai fini della decisione e non erano stati introdotti dalla difesa ulteriori temi di indagine o fatti nuovi.
Il collegio giudicante rigettava la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato atteso che il racconto della richiedente non era credibile. La narrazione circa i motivi che l’avevano costretta all’espatrio era, infatti, del tutto implausibile e priva di qualsivoglia dettaglio o circostanza che potesse dare un minimo di valore al racconto. Il giudizio di non credibilità e non attendibilità esonerava il tribunale dall’onere di cooperazione nell’acquisizione di ulteriori informazioni con riferimento alla domanda di riconoscimento dello status di rifugiato. Per gli stessi motivi doveva rigettarsi anche la domanda di protezione sussidiaria non essendo dimostrato il pericolo concreto ed attuale di un danno grave alla persona D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).
Del pari, doveva essere rigettata la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c). Il richiedente non aveva allegato che in caso di rimpatrio poteva rischiare la vita o l’incolumità personale a causa di una situazione di generale e indiscriminata violenza derivante da un conflitto armato e, sulla base delle fonti internazionali la ***** non poteva ritenersi un paese soggetto ad una violenza generalizzata.
Infine, quanto alla richiesta concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari il tribunale evidenziava che non vi erano i presupposti per il suo accoglimento non essendo stata nè allegata nè dimostrata alcuna di quelle situazioni di vulnerabilità anche temporanea tale da legittimare la richiesta della protezione umanitaria.
3. W.X. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di un motivo di ricorso.
4. Il Ministero dell’interno si è costituito con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
1. L’unico motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c. nullità del provvedimento per omessa pronuncia sui motivi di ricorso in relazione alla credibilità della ricorrente.
La censura attiene alla erroneità del giudizio di non credibilità della ricorrente effettuato in violazione dei parametri di legge e in modo generico e approssimativo. L’operato del giudice violerebbe l’art. 112 c.p.p., comma 1 e dunque il provvedimento sarebbe nullo.
1.1 L’unico motivo di ricorso è inammissibile.
La censura è del tutto generica, il ricorso si limita a riportare integralmente il provvedimento impugnato salvo poi affermare apoditticamente la mancanza di motivazione. Il Tribunale, invece, ha ampiamente motivato sulle ragioni di non credibilità del racconto e dunque la censura è manifestamente inammissibile.
2. In conclusione il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2100 più spese prenotate a debito;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 14 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021