Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.430 del 13/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23044-2019 proposto da:

J.A., elettivamente domiciliato in Milano, via Lamarmora n. 42, presso lo studio dell’avv.to DANIELA GASPARIN, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 18/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/10/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Milano, con decreto pubblicato il 18 giugno 2019, respingeva il ricorso proposto da J.A., cittadino del *****, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva dichiarato inammissibile la nuova domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. Il Tribunale evidenziava che il richiedente aveva già presentato una prima domanda di protezione rigettata dalla commissione territoriale con provvedimento confermato dal Tribunale. La suddetta domanda era fondata su problemi familiari. Lo zio paterno, dopo la morte del padre del ricorrente, lo aveva costretto a lavorare per lui. Lo zio si occupava della circoncisione di ragazzi i quali, dopo l’intervento, per circa tre mesi, venivano tenuti in una capanna nella foresta. Il ricorrente si occupava di questi ragazzi, dandogli da mangiare ma una notte era scoppiato un incendio e alcuni ragazzi erano morti. Il ricorrente aveva deciso di fuggire perchè temeva di essere arrestato e di essere accusato della morte di questi ragazzi.

Il ricorrente presentava una nuova domanda di protezione indicando quali nuovi elementi rispetto alla prima domanda, rilevanti ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, comma 1, lett. b), l’esecuzione di un corso di formazione professionale quale operatore della panificazione presso una società umanitaria e l’evoluzione della situazione registratasi nel paese di provenienza.

Il Tribunale rilevava che il ricorrente nella sua domanda non aveva fatto alcun riferimento a quella precedente e al nucleo di fatti in essa rappresenta e, oltre all’allegazione dell’essere cittadino del *****, non aveva dedotto fatti ulteriori qualificabili quali nuovi motivi di protezione.

Ciò premesso quanto al mutamento delle condizioni del ***** il Tribunale sulla base delle fonti qualificate escludeva il sopravvenire di situazioni che legittimino legittimarsi alla valutazione di violenza intensa generalizzata su tutto il territorio del *****.

Quanto ai presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria il Tribunale evidenziava che non vi erano nuovi elementi rispetto alla prima domanda salvo le attività formative svolte. Tale elemento non configurava un solido inserimento lavorativo e non poteva considerarsi come fatto nuovo che legittimasse la riproposizione della domanda e, dunque, dichiarava inammissibile il ricorso.

3. J.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno è rimasto intimato.

5. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali chiede che il ricorso venga trasmesso al primo Presidente perchè valuti se assegnarlo dalle sezioni unite in ragione della rilevanza nomofilattica dell’obbligo di procedere all’audizione personale del richiedente mancanza della videoregistrazione del colloquio dinanzi la commissione territoriale. In subordine, chiede che la questione venga trattato in pubblica udienza o, in ulteriore subordine, che il ricorso venga accolto.

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29.

Il Tribunale di Milano, pur avendo individuato e analizzato nel merito gli elementi di fatto nuovi posti a base della richiesta di riesame della domanda di protezione internazionale avanzata dal ricorrente, ne ha dichiarato l’inammissibilità, omettendo di procedere con l’audizione, nonostante la stessa non si era tenuta neanche in sede amministrativa con l’oggettivo impedimento per il ricorrente di spiegare in modo approfondito i suoi timori nell’ipotesi di rientro in *****.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 9, 10 e 11, violazione e falsa applicazione degli artt. 12,14,31,46 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione Europea, in quanto il giudice di primo grado, nonostante la specifica richiesta formulata dal ricorrente e la mancata audizione in sede amministrativa, ha ritenuto di non procedere all’audizione senza fornire alcuna motivazione.

Secondo il ricorrente l’audizione, in mancanza della videoregistrazione dovrebbe tenersi in ogni caso, configurandosi altrimenti la nullità del decreto.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dei parametri normativi relativi all’analisi delle domande di protezione internazionale come disciplinati nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

Il Tribunale di Milano nel valutare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria non avrebbe compiuto alcun esame della situazione oggettiva del paese di provenienza non avrebbe indicato le fonti in base alle quali ha accertato la possibilità in caso di rimpatrio del rispetto dei diritti umani inviolabili.

A parere del ricorrente il Tribunale di Milano non avrebbe correttamente valutato la situazione del *****, non avrebbe esercitato il suo potere ufficioso, mentre risulterebbe che la situazione politica del paese sia fortemente instabile.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19.

Il Tribunale di Milano, nell’escludere la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, avrebbe erroneamente omesso di effettuare una valutazione complessiva delle condizioni personali del ricorrente limitandosi a prendere in considerazione esclusivamente la sua posizione lavorativa.

5. I quattro motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.

L’audizione non è necessaria quando si tratta di domanda reiterata ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29 e, peraltro, il Tribunale ha evidenziato che con la suddetta domanda non erano stati allegati nuovi fatti o elementi che consentissero di procedere ad una nuova valutazione delle domande di protezione. Nella specie il ricorrente aveva allegato solo la criticità della situazione del ***** e la partecipazione a delle attività di formazione e tirocinio sotto il profilo dell’integrazione.

La valutazione del Tribunale secondo cui tali elementi non possono costituire “fatti nuovi” tali da consentire un nuovo esame della domanda del richiedente si fonda su un’adeguata motivazione.

Peraltro, il Tribunale ha anche nuovamente esercitato i suoi poteri officiosi, verificando la situazione del ***** al momento della nuova domanda e confermando la non riconducibilità della stessa alla nozione di conflitto armato o di violenza generalizzata come richiamata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Allo stesso modo il Tribunale ha ribadito che la partecipazione a corsi di formazione non può costituire un elemento di integrazione rilevante ai fini dell’accoglimento della domanda di protezione c.d. umanitaria.

Il rigetto delle censure aventi ad oggetto la pronuncia di inammissibilità della domanda proposta D.Lgs. n. 25 n. 2008, ex art. 29 determina l’assorbimento delle restanti attinenti il merito della domanda medesima.

6. Non è luogo a pronuncia sulle spese, non essendosi costituito in giudizio il Ministero dell’Interno.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

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