LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4395/2019 R.G. proposto da:
P.P.S., rappresentato e difeso dall’Avv. Prof.
Ernesto Stajano, con domicilio eletto in Roma, via Sardegna, n. 14;
– ricorrente –
contro
PE.CL., rappresentata e difesa dagli Avv. Alfio Bella e Isabella Maria Cesarina De Angelis, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via dei Gracchi, n. 128;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 82/18 depositata il 30 luglio 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 ottobre 2020 dal Consigliere Guido Mercolino.
RILEVATO
che P.P.S. ha proposto ricorso per cassazione, per un solo motivo, avverso la sentenza del 30 luglio 2018, con cui la Corte d’appello di Genova ha rigettato il gravame da lui interposto avverso la sentenza emessa il 20 ottobre 2017 dal Tribunale di Genova, che, nel pronunciare la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dal ricorrente con Pe.Cl., aveva posto a carico dell’uomo l’obbligo di corrispondere alla donna un assegno mensile di Euro 9.000,00;
che la Pe. ha resistito con controricorso, illustrato anche con memoria.
CONSIDERATO
che con l’unico motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, comma 6, sostenendo che, ai fini della liquidazione dell’assegno divorzile, la sentenza impugnata ha conferito rilievo allo squilibrio esistente tra le situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi, omettendo di procedere all’accertamento del contributo fornito dalla Pe. alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune e di quello personale di esso ricorrente;
che, ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale non ha considerato che il predetto squilibrio preesisteva all’instaurazione del vincolo coniugale, vivendo esso ricorrente esclusivamente con i redditi del suo patrimonio immobiliare, proveniente integralmente dalla sua famiglia, e non avendo la Pe. contribuito, nemmeno in parte, alla formazione dello stesso, nè a quella del patrimonio familiare;
che la sentenza impugnata ha inoltre omesso di tener conto dell’avvenuta riduzione del predetto squilibrio, a seguito dello scioglimento del vincolo coniugale, per effetto delle donazioni da lui effettuate in favore della Pe. e dell’unica figlia nata dall’unione;
che la Corte territoriale non ha infine valutato la situazione economica della Pe., la quale, oltre ad essere titolare di diversi immobili, risulta priva di occupazione per libera scelta, non avendo mai svolto un’attività lavorativa, neppure prima del matrimonio, e non avendo quindi dovuto rinunciare ad incarichi lavorativi o a prospettive di carriera per dedicarsi alla famiglia;
che il motivo è fondato;
che a fondamento della decisione la Corte territoriale ha correttamente richiamato il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sull’attribuzione che sulla quantificazione dell’assegno (cfr. Cass., Sez. Un., 11/07/2018, n. 18287; Cass., Sez. I, 23/01/2019, n. 1882);
che, nonostante il predetto richiamo, la sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei criteri indicati, avendo conferito una portata determinante alla rilevante sperequazione esistente tra le posizioni economiche delle parti, ed in particolare tra le rispettive disponibilità patrimoniali, in virtù della quale ha qualificato la Pe. come “coniuge debole”, riconoscendole il diritto all’assegno, senza porre il predetto squilibrio in relazione con gli altri parametri di legge, ed il particolare con il contributo fornito dalla donna alla formazione del patrimonio familiare e di quello personale del coniuge;
che la Corte territoriale si è infatti limitata a dare atto dell’indisponibilità di redditi da parte della donna e del suo stato d’inoccupazione, nonchè della mancanza di precedenti esperienze lavorative, senza neppure precisare se il mancato svolgimento di attività lavorativa nel corso della vita coniugale abbia costituito il risultato di una scelta consapevole concordata con il coniuge, e se allo stesso abbia fatto riscontro un impegno di portata non inferiore nell’ambito della conduzione della famiglia, del quale abbia beneficiato anche il coniuge, sotto il profilo sia personale che economico;
che, come precisato da questa Corte, il fondamento costituzionale dei criteri indicati dalla L. n. 898 del 1971, art. 5, comma 6, rappresentato dall’art. 29 Cost., impone una valutazione concreta ed attuale della adeguatezza dei mezzi a disposizione dell’ex coniuge e dell’incapacità dello stesso di procurarseli per ragioni obiettive, fondata in primo luogo sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti, ma non disgiunta, bensì collegata causalmente con quella degli altri indicatori contenuti nella norma, al fine di accertare se l’eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all’atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell’assunzione di un ruolo trainante endofamiliare;
che la predetta valutazione risulta altresì coerente con la funzione assistenziale e, a determinate condizioni, compensativo-perequativa attribuita all’assegno, la quale esclude la possibilità di conferire rilievo al solo squilibrio economico tra le parti o all’elevato livello reddituale del coniuge obbligato, tenuto conto anche del superamento del precedente orientamento giurisprudenziale, che, individuando il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio quale parametro di riferimento ai fini della valutazione dell’adeguatezza dei mezzi economici a disposizione dell’ex coniuge istante, considerava coessenziale alla sua ricostruzione la differenza patrimoniale e reddituale esistente tra le parti (cfr. Cass., Sez. I, 9/08/2019, n. 21234);
che la sentenza impugnata va pertanto cassata, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’Appello di Genova, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021