Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.46 del 07/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4278-2019 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POGGIO MOIANO n. 34/C, presso lo studio dell’avvocato LEOPOLDO FRANCESCO BRINDISI, rappresentato e difeso dagli avvocati MARIO CIANCIO e STANISLAO GIAMMARINO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SANT’AGATA DE’ GOTI;

– intimato –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di BENEVENTO depositata il 21/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/11/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. C.M. evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Benevento il Comune di Sant’Agata dè Goti, invocandone la condanna al pagamento del compenso relativo all’assistenza prestata dal ricorrente in favore dell’ente locale nell’ambito di una controversia civile. Il ricorso veniva iscritto mediante apposita “busta telematica” inviata in data 8.5.2018. Successivamente, una volta ottenuto il numero di ruolo generale del procedimento, il ricorrente depositava con quattro ulteriori invii di “buste telematiche” eseguiti in data 17.5.2018, la documentazione a supporto della propria domanda. Il Comune rimaneva contumace.

Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Benevento rigettava la domanda, sul presupposto che la documentazione avrebbe dovuto essere depositata contestualmente al ricorso introduttivo e che il ricorrente non avesse dimostrato di averne tentato l’inoltro nella stessa data dell’8.5.2018.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione C.M. affidandosi ad un solo motivo.

Il Comune di Sant’Agata dè Goti, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 702 bis c.p.c., della L. n. 794 del 1942, art. 28, del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 e del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, comma 8, convertito in L. n. 221 del 2012, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente configurato precluso il deposito della documentazione sulla cui base era stata formulata la richiesta di pagamento in un momento processuale successivo a quello dell’iscrizione al ruolo generale del ricorso contenente la richiesta medesima.

La censura è fondata.

L’art. 702 bis c.p.c., comma 1, stabilisce che il ricorso debba rispettare, tra l’altro, quanto previsto dall’art. 163 c.p.c., comma 3, n. 5, ovverosia “l’indicazione specifica di mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione”. Analogamente, il comma 4 della medesima disposizione dispone che anche il convenuto debba, con la comparsa di risposta, “indicare i mezzi di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione”.

Nel caso di specie, il ricorrente aveva indicato, nel proprio ricorso introduttivo, i mezzi di prova e i documenti sui quali la richiesta di pagamento era fondata, onde la norma processuale era stata pienamente rispettata. Essa, infatti, non introduce alcuna preclusione istruttoria e non contempla alcuna sanzione processuale, ed in particolare alcuna decadenza, in caso di omessa o incompleta allegazione dei documenti al ricorso.

Il procedimento sommario, infatti, si caratterizza per la peculiare esigenza di celerità, tanto che l’art. 702-ter c.p.c., comma 5, prevede che il giudice ha facoltà di “procedere nel modo più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto”, e quindi di assumere le prove in forma libera, senza, quindi rispettare necessariamente la scansione temporale rigida prevista nel processo civile ordinario Questa Corte ha affermato che “… le forme, proprie del procedimento sommario, ed in particolare dell’art. 702 bis c.p.c., i commi 1 e 4 … non valgono a segnare alcuna preclusione istruttoria, e quindi non comportano, in caso di omissione, alcuna decadenza. Al pari che nel rito ordinario, ove non è prevista nessuna immediata decadenza per la mancata indicazione dei mezzi di prova negli atti introduttivi del giudizio, stante le ulteriori facoltà di deduzioni istruttorie consentite nella fase della trattazione (Cass. 15 luglio 2011, n. 15691; Cass. 10 gennaio 2012, n. 81), nemmeno l’art. 702 bis c.p.c. sancisce, infatti, alcuna preclusione istruttoria, dovendosi al più argomentare sul piano logico che una compiuta articolazione probatoria, operata già in sede di ricorso e di comparsa di risposta, occorra perchè il giudice possa consapevolmente adoperare in udienza l’eventuale potere di conversione del rito e di fissazione dell’udienza ex art. 183 c.p.c.. Questa scansione, collegata alla ponderazione dell’eventuale non sommarietà dell’istruzione, ai fini dell’art. 702 ter c.p.c., comma 3, porta ad individuare (in maniera da non accedere alla tesi estrema, secondo cui attore e convenuto sono liberi di svolgere nuove attività, istanze e produzioni per l’intero corso del procedimento e sino a che la causa non passi in decisione) proprio nella pronuncia della relativa ordinanza la barriera processuale che impedisce alle parti la formulazione di nuove richieste istruttorie. Ancor meno agevolmente appare allora ravvisabile un momento preclusivo per le deduzioni probatorie con riguardo alle controversie trattate con il rito sommario elencate nel Capo III del D.Lgs. n. 150 del 2011, in quanto ad esse neppure si applica dell’art. 702-ter c.p.c., il comma 3” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25547 del 18/12/2015, non massimata, pagg. 10 e 11).

Nel caso di specie, dunque, il ricorrente aveva pienamente rispettato la norma processuale, avendo avuto cura, da un lato, di indicare in modo specifico, in calce al proprio ricorso, i documenti sui quali la pretesa di pagamento era fondata, e, dall’altro lato, di provvedere al loro tempestivo deposito in atti del procedimento, con apposite “buste telematiche” inviate non appena avuto contezza del numero di ruolo generale, e comunque prima dell’udienza fissata per la comparizione delle parti. Nè risulta alcuna contestazione del resistente, rimasto contumace nel giudizio di merito, alla produzione documentale di cui si discute.

In definitiva, il ricorso va accolto, la decisione cassata e la causa rinviata al Tribunale di Benevento, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Il giudice di merito dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “Poichè l’art. 702 bis c.p.c., commi 1 e 4, non prevede alcuna specifica sanzione processuale, nè in relazione al mancato rispetto del requisito di specifica indicazione dei mezzi di prova e dei documenti di cui il ricorrente e il resistente intendano, rispettivamente, avvalersi, nè in relazione alla mancata allegazione di detti documenti al ricorso o alla comparsa di risposta, è ammissibile la produzione documentale eseguita, nell’ambito del procedimento sommario disciplinato dagli artt. 702 bis e ss. c.p.c., successivamente al deposito del primo atto difensivo e fino alla pronuncia dell’ordinanza di cui all’art. 702 ter c.p.c.”.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Benevento, in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 20 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2021

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