LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13908-2019 proposto da:
P.A.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO SIMONE;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO ***** SRL, INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;
– intimati –
avverso il decreto del TRIBUNALE di COMO, depositato il 01/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA PONTERIO.
RILEVATO
che:
1. P.C.A., premesso di aver lavorato come promoter e procacciatrice di affari per la ***** srl, ha chiesto l’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro con riconoscimento dei corrispondenti crediti retributivi da insinuare al passivo del fallimento, in via privilegiata ex art. 2751 bis c.p.c., n. 1, nonchè la costituzione presso l’INPS del rapporto previdenziale;
2. avverso il rigetto della domanda da parte del giudice delegato, la ricorrente ha proposto opposizione che il Tribunale di Como ha respinto con decreto depositato l’1.4.2019;
3. il Tribunale ha ritenuto che la opponente, onerata, non avesse fornito prova degli indici rivelatori di un rapporto di lavoro subordinato e che la stessa avesse anche omesso di allegare in che modo si fosse realizzato l’esercizio del potere datoriale di direzione, vigilanza e disciplinare; ha giudicato irrilevanti le prove orali richieste e dirette a descrivere il tipo di attività svolta, peraltro non contestata dalla controparte;
4. il Tribunale ha condannato la opponente al pagamento delle spese di lite, liquidate secondo il D.M. n. 55 del 2014 in Euro 4.015,00 “riducendo i valori medi per lo scaglione di riferimento (da 5.201,00 Euro a 26.000,00 Euro), ad esclusione di quelli relativi alla fase istruttoria, attesa la non complessità della… causa e la sua natura prettamente documentale”, nonchè al raddoppio del contributo unificato;
5. avverso tale decreto P.A.C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da successiva memoria; il Fallimento ***** srl e l’INPS non hanno svolto difese;
6. la proposta del relatore è stata comunicata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
7. con il primo motivo di ricorso è dedotta nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la stessa pronunciato nel merito della causa senza che fossero precisate le conclusioni e assegnati termini per il deposito delle comparse conclusionali e di replica, con violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio;
8. il motivo è infondato atteso che, ai sensi dell’art. 99 L.Fall. (nella formulazione derivante dalle modifiche di cui al D.Lgs. n. 169 del 2007), la trattazione dei procedimenti di impugnazione di cui all’art. 98, ivi compreso quello di opposizione allo stato passivo, che può avvenire davanti al collegio o ad uno dei suoi componenti, delegato dal presidente ai sensi del comma 3, non è disciplinata dalle norme del codice di procedura civile, che riguardano il rito ordinario e non sono applicabili, neppure per ragioni logico-sistematiche, allo speciale rito delle impugnazioni dello stato passivo fallimentare (cfr. Cass. n. 11216 del 2016);
9. col secondo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sulla richiesta di ammissione dei mezzi di prova:
10. si sostiene che il decreto impugnato ha erroneamente giudicato il capitolato istruttorio inidoneo a provare gli indici di subordinazione, richiamando giurisprudenza non pertinente ed omettendo di considerare che nel tipo di attività svolta era insito il potere direttivo datoriale, anche esercitato da impiegati di qualifica superiore alla ricorrente;
11. il motivo è inammissibile atteso che il ricorso omette di indicare i capitoli di prova non ammessi, i testimoni indicati e le ragioni per le quali essi sarebbero stati qualificati a testimoniare, elementi necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto (cfr. Cass. n. 19138 del 2004; n. 9748 del 2010), vale a dire la idoneità della prova non ammessa a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento” (Cass. n. 27415 del 2018; n. 5654 del 2017; n. 11457 del 2007);
12. col terzo motivo di ricorso è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per avere il Tribunale erroneamente condannato la opponente al raddoppio del contributo unificato;
13. il terzo motivo è fondato alla luce dei principi enunciati da questa Corte (Cass. n. 1895 del 2018) secondo cui “le controversie in materia di opposizione allo stato passivo non rientrano tra i giudizi di impugnazione in senso proprio, trattandosi piuttosto di un gravame che apre la fase a cognizione piena, sicchè al rigetto del ricorso ex art. 98 L.Fall. non consegue l’obbligo per l’opponente di versare, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato”;
14. col quarto motivo si critica il decreto impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere liquidato le spese di lite nell’importo di Euro 4.015,00 secondo criteri incomprensibili e con motivazione contraddittoria;
15. il quarto motivo è infondato atteso che, con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nelle altre ipotesi consentite dall’art. 92 c.p.c., e sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti minimi e massimi fissati dalle tabelle vigenti (cfr. Cass. n. 19613 del 2017; n. 8421 del 2017; Sez. 6 n. 24502 del 2017);
16. nel caso di specie, non è neanche prospettata la violazione dei limiti massimi tariffari ma è unicamente censurata la non corrispondenza dell’importo complessivo liquidato ai valori medi di riferimento; ciò non integra il vizio di violazione di legge dedotto;
17. per le ragioni esposte si accoglie il terzo motivo di ricorso, risultando infondati il primo ed il quarto motivo ed inammissibile il secondo motivo;
18. il decreto impugnato deve essere cassato in relazione al motivo accolto e deve dichiararsi che, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, non ricorrevano i presupposti per il raddoppio del contributo unificato;
19. la parziale soccombenza della ricorrente giustifica la compensazione, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo motivo, infondati il primo e il quarto, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e dichiara la parte ricorrente non tenuta al versamento di una somma pari a quella versata a titolo di contributo unificato nel giudizio di opposizione allo stato passivo.
Compensa le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021