LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23913-2019 proposto da:
I.N.P.S., – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE *****, in persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.
(S.C.C.I.) S.p.A. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARLA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA VITA SCIPLINO;
– ricorrente –
contro
CPN SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RAGLIANO SABINA 24, presso lo studio dell’avvocato CRISTINA IPPOLITI, rappresentata e difesa dagli avvocati ALBERTO LUCCHETTI, ALESSANDRO LUCCHETTI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 478/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 01/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA PONTERIO.
RILEVATO
che:
1. Con decreto ingiuntivo n. 1046/15 emesso su ricorso dell’INPS, il Tribunale di Ancona ha ingiunto alla CPN srl di pagare la somma di Euro 8.932,00 quale committente obbligata solidale, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, per i contributi previdenziali non corrisposti dalla appaltatrice R.H. Navale srl;
2. a seguito di opposizione proposta dalla CPN srl, il Tribunale di Ancona ha revocato il decreto ingiuntivo e dichiarato che nulla era dovuto dalla opponente all’INPS poichè era maturata la decadenza biennale di cui all’art. 29 cit.;
3. la Corte d’Appello di Ancona, con sentenza n. 478 pubblicata l’1.2.19, ha respinto l’appello dell’INPS, anche quale procuratore speciale di SCCI spa, confermando la decisione di primo grado;
4. ha ritenuto dimostrata la cessazione dell’appalto tra CPN srl e E.H. Navale srl in data 30.4.2012 ed ha rilevato come il ricorso per decreto ingiuntivo fosse stato depositato dall’Istituto il 7.10.15, dopo il decorso del termine biennale di decadenza di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, nel testo ratione temporis applicabile (“In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonchè con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonchè i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento”);
5. ha ritenuto che l’art. 29 cit., benchè non adoperasse mai il termine decadenza, contenesse tuttavia la previsione di una fattispecie di decadenza prevista dalla legge e che, ai sensi dell’art. 2966 c.c., può essere impedita solo dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto, con conseguente inidoneità al fine suddetto della notifica del verbale ispettivo;
6. avverso tale sentenza l’INPS, anche quale procuratore speciale di SCCI spa, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi; la CPN srl ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria;
7. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
8. col primo motivo del ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, come modificato dal D.Lgs. n. 251 del 2004, art. 6, commi 1 e 2; dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 911; dal D.L. n. 5 del 2012, art. 21, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. n. 35 del 2012 e dalla L. n. 92 del 2012, art. 4, comma 31;
9. si sostiene che l’art. 29 cit. debba essere interpretato nel senso di limitare la decadenza dal diritto di agire nei confronti del committente quale responsabile solidale, ai soli lavoratori; ciò in base al tenore della norma che non contiene alcun riferimento agli enti previdenziali; costoro quando agiscono per ottenere il versamento dei contributi esercitano un potere da cui non possono decadere, a meno che la funzione a cui quel potere è connesso non venga sottratta ai medesimi;
10. si osserva come, decorso il termine di decadenza di cui all’art. 29 cit., i lavoratori possono ancora agire nei confronti del committente per il pagamento delle retribuzioni ai sensi dell’art. 1676 c.c., ma non hanno alcuna azione nei confronti del committente per il pagamento dei contributi. Se si esclude, come preteso, l’applicabilità agli enti previdenziali della decadenza introdotta dall’art. 29 cit., questi ultimi possono agire per il recupero dei contributi nei confronti del committente, nel termine di prescrizione, in tal modo realizzandosi una tutela pressochè analoga delle retribuzioni e della contribuzione;
11. col secondo motivo di ricorso, formulato per l’ipotesi di mancato accoglimento del primo motivo, l’INPS ha censurato la sentenza d’appello, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, come modificato dal D.Lgs. n. 251 del 2004, art. 6, commi 1 e 2; dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 911; dal D.L. n. 5 del 2012, art. 21, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. n. 35 del 2012 e dalla L. n. 92 del 2012, art. 4, comma 31; nonchè degli artt. 2964,2966 e 2967 c.c.;
12. ha sostenuto come la sentenza impugnata avesse erroneamente dichiarato la decadenza nonostante il compimento da parte dell’Istituto di un atto impeditivo della decadenza medesima, rappresentato dalla notifica al committente del verbale ispettivo; ha rilevato come l’art. 29 cit. non specifichi in alcun modo gli atti da compiere per esercitare il diritto nei confronti del committente ed impedire il verificarsi della decadenza e che da tale silenzio possa inferirsi l’idoneità, a fini impeditivi della decadenza, degli atti sia giudiziali e sia stragiudiziali; nel caso di specie, il verbale ispettivo era stato notificato al committente prima del decorso di due anni dalla conclusione dell’appalto;
13. il primo motivo di ricorso è fondato, alla luce dei precedenti di questa Corte, a cui si intende dare continuità (Cass. n. 18004 del 2019; n. 22110 del 2019; n. 26459 del 2019), e che hanno affermato, in analogia all’orientamento formatosi nel vigore della L. n. 1369 del 1960, il principio secondo cui “il termine di due anni previsto dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, non è applicabile all’azione promossa dagli enti previdenziali, soggetti alla sola prescrizione”;
14. nei citati precedenti si è considerato che l’obbligazione contributiva non si confonde con l’obbligo retributivo, posto che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha da tempo consolidato il principio secondo il quale il rapporto di lavoro e quello previdenziale, per quanto tra loro connessi, rimangono del tutto diversi (vd., ex multis, Cass. n. 5353 del 2004; Cass. nn. 15979, 6673 del 2003);
15. l’obbligazione contributiva, derivante dalla legge e che fa capo all’INPS, è distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva (Cass. 8662 del 2019), essa (Cass. n. 13650 del 2019) ha natura indisponibile e va commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente (cd. “minimale contributivo”);
16. dunque, può affermarsi che la finalità di finanziamento della gestione assicurativa previdenziale pone una relazione immanente e necessaria tra la “retribuzione” dovuta secondo i parametri della legge previdenziale e la pretesa impositiva dell’ente preposto alla realizzazione della tutela previdenziale;
17. proprio dalla peculiarità dell’oggetto dell’obbligazione contributiva, che coincide con il concetto di “minimale contributivo” strutturato dalla legge in modo imperativo, discende la considerazione di rilevo sistematico che fa ritenere non coerente con tale assetto l’interpretazione che comporterebbe la possibilità, addirittura prevista implicitamente dalla legge come effetto fisiologico, che alla corresponsione di una retribuzione – a seguito dell’azione tempestivamente proposta dal lavoratore – non possa seguire il soddisfacimento anche dall’obbligo contributivo solo perchè l’ente previdenziale non ha azionato la propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell’appalto;
18. si spezzerebbe, in altri termini e senza alcuna plausibile ragione logica e giuridica apprezzabile, il nesso stretto tra retribuzione dovuta (in ipotesi addirittura effettivamente erogata) ed adempimento dell’obbligo contributivo, con ciò procurandosi un vulnus nella protezione assicurativa del lavoratore che, invece, l’art. 29 cit. ha voluto potenziare;
19. il secondo motivo, alla luce delle considerazioni esposte, resta assorbito.
20. in definitiva, accolto il primo motivo e dichiarato assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata, quanto al motivo accolto, e rinviata alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021
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Codice Civile > Articolo 2967 - Effetto dell'impedimento della decadenza | Codice Civile
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