LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3283-2018 proposto da:
B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, V. NAZARIO SAURO 16, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA REHO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO PISTILLI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ DELLA RICERCA, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3034/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 12/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/11/2020 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA DORONZO.
RILEVATO
che:
il Tribunale di Viterbo ha accolto parzialmente la domanda proposta da B.F., assunto alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca con una serie di contratti a tempo determinato, e per effetto ha condannato il Ministero al risarcimento del danno subito dal ricorrente, liquidato in tre mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto;
la Corte d’appello di Roma, decidendo sugli appelli principale e incidentale proposti, rispettivamente, dal B. e dal Ministero, ha accolto l’appello incidentale e, per l’effetto, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta dal lavoratore, così respingendo totalmente le sue domande;
la Corte territoriale, dopo aver esaminato la normativa primaria e secondaria di settore, ha osservato che l’intervenuta stabilizzazione della parte ricorrente, pacificamente immessa in ruolo, costituiva una misura satisfattiva della pretesa azionata ancor più di quella per equivalente, avendo la stessa ottenuto il bene della vita per il riconoscimento del quale ha agito in giudizio; l’abuso perpetrato e l’illecito commesso erano stati, rispettivamente, oggettivamente represso e tendenzialmente riparato;
per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il lavoratore; il Miur ha resistito con controricorso;
la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
in data 23/11/2020 il ricorrente ha fatto pervenire atto di rinuncia al ricorso, sottoscritta anche dal suo avvocato;
non risulta che la rinuncia sia stata notificata alla controparte, nè che questa vi abbia posto il visto o sia stata formalmente accettata;
la rinuncia al ricorso, che non risulti accettata, notificata alle controparti costituite e neppure comunicata per l’apposizione del visto ai rispettivi difensori non può dar luogo alla pronuncia di estinzione del processo di cassazione, ai sensi dell’art. 391 c.p.c.;
essa tuttavia vale a far ritenere cessato l’interesse alla decisione sul ricorso (cfr., tra le altre, Cass. 14/7/2006, n. 15980; Cass. SU 18/2/2010, n. 3876; Cass. 7/12/2018, n. 31732; Cass.18/11/2020, n. 26199) e determina pertanto l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse;
le spese del giudizio possono essere compensate: a tal fine, il collegio reputa sussistenti le condizioni per la compensazione, in considerazione della complessità delle questioni giuridiche affrontate, solo di recente definitivamente composte da questa Corte;
infine, il tenore della pronunzia, che è di inammissibilità sopravvenuta e non di rigetto o inammissibilità o improponibilità del ricorso (cfr. Cass. 30/9/2015, n. 19560; Cass. 12/11/2015, n. 23175; Cass. 7/12/2018, n. 31732; Cass. 9/1/2019, n. 266), esclude l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, prevedente l’obbligo, per il ricorrente non vittorioso, di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e compensa le spese del presente giudizio.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021