Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.484 del 14/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4326-2018 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, *****, in persona del Ministro pro tempore, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, UFFICO SCOLASTICO REGIONALE PER LA PUGLIA, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

A.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1838/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 25/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/11/2020 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA DORONZO.

RILEVATO

che:

1. con sentenza pubblicata in data 25/7/2017, la Corte d’appello di Bari ha accolto parzialmente l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale di Trani tra l’appellante e A.A., ha rigettato la domanda proposta da quest’ultimo, avente ad oggetto la nullità del termine apposto ai contratti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra le parti, la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la riammissione in servizio e il risarcimento per l’abuso negoziale; ha invece dichiarato il diritto dell’ A. all’anzianità di servizio dal 20/12/2002 e ha condannato il MIUR a pagare, nei limiti della prescrizione quinquennale, le differenze stipendiali maturate dal 20/12/2007, oltre accessori di legge; ha poi compensato le spese del giudizio di appello, mantenendo ferma la condanna alle spese pronunciata dal tribunale in favore del lavoratore, considerato il sia pur parziale accoglimento della domanda; a fondamento del decisum la Corte territoriale ha ritenuto assorbente il rilievo che l’ A., assunto con una serie di contratti a tempo determinato alle dipendenze del Ministero appellante in qualità di docente, era stato stabilizzato; che, in forza dei principi espressi da questa Corte nella sentenza n. 27563/2016 (punti 121 e 122), e nelle numerose altre pure citate, l’intervenuta stabilizzazione era idonea a sanzionare debitamente l’abuso e a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione, e, quindi, a riparare tutti i danni riferibili all’illegittima reiterazione dei contratti a tempo determinato, in difetto di specifiche allegazioni circa l’esistenza di danni ulteriori, diversi rispetto a quelli riparati con l’immissione in ruolo.

2. Ha invece accolto la domanda del docente volta ad ottenere il riconoscimento dell’anzianità di servizio, nei limiti della prescrizione decennale, ossia dal 20/12/2002, e le differenze stipendiali conseguenti all’applicazione del principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, quest’ultima nei limiti della prescrizione quinquennale, ossia dal 20/12/2007.

3. Contro la sentenza il MIUR ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo; l’ A. non ha svolto attività difensiva, nonostante la ritualità della notificazione del ricorso per cassazione.

4. La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo il Ministero denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e osserva che la domanda del ricorrente aveva ad oggetto l’accertamento della illegittimità dell’apposizione del termine di contratti di lavoro e 1a conseguente conversione del rapporto da lavoro a tempo determinato in lavoro a tempo indeterminato; in via subordinata, per il caso di mancata conversione del rapporto il ricorrente aveva chiesto il risarcimento del danno causato dall’abusiva reiterazione dei contratti a termine, da quantificarsi secondo il criterio del lucro cessante (retribuzioni non corrisposte per i periodi non lavorati), ovvero secondo i criteri di cui alla L. n. 183 del 2010; in ogni caso, aveva chiesto l’accertamento della responsabilità civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la mancata e non corretta o integrale attuazione della Direttiva 1999/70 CEE; conseguentemente a tale accertamento, aveva chiesto la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al risarcimento dei danni patrimoniali e non, sofferti a causa della mancata o non corretta attuazione della Direttiva, utilizzando quale parametro le differenze retributive maturate dal lavoratore come indicate nel punto 2 (dichiarazione della nullità parziale di tutti i termini apposti ai contratti di lavoro e conversione del rapporto di lavoro), ovvero in via equitativa.

1.1. Il Tribunale di Trani aveva accolto la domanda principale e aveva pertanto dichiarato la conversione del rapporto di lavoro fin dalla data del primo contratto a tempo determinato, con ogni effetto giuridico ed economico.

1.2. L’appello era stato proposto solo da essa Amministrazione, mentre l’ A. si era limitato a chiederne il rigetto.

2. A fronte di questa ricostruzione dell’iter processuale, come fatta palese dalla lettura degli atti di causa, emergeva che nessuna domanda volta ad ottenere il riconoscimento dell’anzianità di servizio e della progressione retributiva, in applicazione della clausola 4 dell’accordo quadro Europeo allegato alla Direttiva 1999/70, era stata proposta dall’originario ricorrente. L’accoglimento della domanda, sulla base di questa causa petencli, si poneva in contrasto con il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato 3.- Il motivo è manifestamente fondato.

Questa Corte (Cass. 27/12/2019, n. 34546) ha avuto modo di precisare che, nel quadro dei diritti spettanti ai lavoratori precari della scuola, occorre in primo luogo distinguere (v. Cass. n. 23535 del 18 novembre 2016) la ricostruzione di carriera che si pretende costituire effetto riflesso della domanda di conversione dei contratti a termine in rapporto a tempo indeterminato, la quale – per tutte le ragioni sopra svolte con riguardo al ricorrente – resta assorbita nel rigetto di tale ordine di domanda, e la diversa domanda avente ad oggetto la ricostruzione di carriera spettante al dipendente reiteratamente assunto a tempo determinato che assuma a proprio fondamento la violazione del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell’Accordo quadro.

3.1. Una domanda incentrata sull’abuso nell’utilizzo dei contratti a termine non include la domanda relativa alla violazione del principio di non discriminazione, fondata su una diversa e autonoma causa petendi.

3.2. La pretesa di considerare i contratti a termine in connessione tra loro e di sommare l’anzianità così maturata nei contratti precedenti, per ottenere, in quelli successivi, il riconoscimento di aumenti retributivi collegati all’anzianità, da un lato, non postula l’impugnativa dell’illegittimità dei contratti a termine stipulati, ma dall’altro non può neppure ritenersi in questa ricompresa implicitamente (così Cass. n. 34546/2019).

4. Nel caso di specie, dalla lettura del ricorso introduttivo del giudizio, – consentita a questa Corte essendo stato denunciato un error in procedendo rispetto al quale la Corte è anche “il giudice del fatto”, ed avendo il Ministero rispettato il principio di autosufficienza del ricorso sia attraverso la trascrizione delle conclusioni rassegnate dal ricorrente nel ricorso introduttivo del giudizio sia attraverso il deposito dell’atto unitamente al ricorso per cassazione, e dunque nel rispetto degli oneri previsti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4-, emerge che la domanda avente ad oggetto il riconoscimento dell’anzianità pregressa e delle differenze stipendiali in virtù del principio di non discriminazione tra lavoratori non è mai stata proposta dall’ A..

5. Il principio di non discriminazione e la sua violazione sono richiamati nei punti 5 e 6 delle conclusioni quale fonte di responsabilità della Presidenza del consiglio per la mancata o non corretta attuazione della direttiva CE, e le differenze stipendiali sono indicate quale parametro ai fini di determinare il danno subito per la detta violazione, non già quale conseguenza dello svolgimento di un rapporto di lavoro in tutto analogo a quello dei lavoratori a tempo indeterminato e dell’assenza di ragioni oggettive idonee a giustificare un diverso trattamento retributivo (clausola 4 dell’Accordo quadro).

6. In altri termini manca la formulazione di una domanda avente ad oggetto il riconoscimento dell’anzianità di servizio e della progressione economica collegata alla stessa e maturata durante lo svolgimento dei rapporti di lavoro a termine.

7. La sentenza impugnata, nel riconoscere entrambi tali diritti; ha violato il principio di corrispondenza tra il chiesto il pronunciato sancito nell’art. 112 c.p.c., con la conseguente nullità del relativo capo, che va pertanto cassato senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 2.

8. In definitiva, la domanda proposta dall’ A. deve essere interamente rigettata, con la conseguenza che vanno regolamentate per intero tutte le spese del giudizio, non potendo più giustificarsi ai sensi dell’art. 91 c.p.c. la condanna del MIUR al pagamento delle spese del giudizio di primo grado.

9. Tuttavia la complessità del quadro normativo, solo di recente composto attraverso i ripetuti interventi di questa Corte nonchè della Corte costituzionale e della Corte di giustizia, induce a ritenere sussistenti le ragioni per una compensazione integrale delle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie ricorso; cassa la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato il diritto dell’ A. all’anzianità di servizio dal 20/12/2002 e ha condannato il MIUR a pagare le differenze dal 20/12/2007 e, per l’effetto, rigetta la domanda proposta da A.A. con l’originario ricorso; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021

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